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Giovanni Faccenda su Salvicchi

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Giovanni Faccenda su Salvicchi

Da lungo tempo ascolto e leggo le discutibili e spesso contraddittorie esternazioni del Presidente di Arci Arezzo, Carlo Umberto Salvicchi, circa le mostre d?arte proposte, in particolar modo, dalla Galleria comunale d?arte moderna e contemporanea, che mi onoro di aver diretto, dal punto di vista artistico, negli ultimi cinque anni. Alle affermazioni di Salvicchi, originate, se non altro, da una profonda ignoranza in materia, non ho mai replicato per rispetto a un ordine deontologico che mi sono imposto e che ha contraddistinto tutta la mia professione. Lo faccio ora, in un momento in cui nessun contratto mi lega all?Amministrazione Comunale di Arezzo, per tentare di arginare una disinformazione continua e sospetta e per ripristinare la verità delle cose.
Comincio volentieri dalle ultime dichiarazioni di Salvicchi (contenute in un?intervista apparsa sui quotidiani locali sabato 18/2 u.s.). Quando egli indica Brescia, Ferrara e Mantova come riferimenti esemplari di un?auspicabile proposta espositiva omette naturalmente di dire, magari perché non lo conosce, il budget milionario che quelle Amministrazioni destinano a eventi, talvolta, che Salvicchi stesso, per primo, avrebbe discusso (basti ricordare le grandi polemiche sulla rassegna degli Impressionisti a Treviso).
E, comunque, sottoscrivo con piacere i 22.000 biglietti (dati SIAE) di Ligabue o «Da Picasso a Botero», ottenuti con un budget di circa duecentomila euro, contro i 150.000 visitatori attirati da investimenti economici (specificatamente nel settore della promozione) cinquanta volte superiori. Se la matematica non m?inganna, il rapporto costo dell?evento/numero dei visitatori dà ragione alle proposte di Arezzo.
Altro ancora si potrebbe dire, a iniziare dal fatto che Salvicchi non perde occasione per screditare mostre (de Chirico, Rosai, Utrillo, Ligabue, Toscana del Novecento?) che hanno ottenuto sei volte l?Alto Patronato del Presidente della Repubblica e hanno fatto dire al Professor Salvatore Italia, Capo Dipartimento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (inaugurazione Toscana del ?900) che«nessuna città come Arezzo ha fatto tanto e bene negli ultimi cinque anni per quanto riguarda l?arte moderna e contemporanea».
Non si accorge, Salvicchi, che criticando pregiudizialmente manifestazioni che hanno avuto questi riconoscimenti e che hanno portato in giro per il mondo il nome di Arezzo (le cospicue rassegne stampa sono a sua disposizione), egli mette allo stesso tempo in discussione anche l?autorevolezza e la sensibilità di chi ha dato gli Alti Patronati (leggi il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi) o i patrocini (nel caso del Ministero e della Regione Toscana, l?ex ministro Urbani e il Governatore Martini)? Perché si ostina a condurre una battaglia politica, quando io, invece, mi sono sempre mosso in una direzione diversa, quella artistica e culturale, avendo come imprescindibile, irrinunciabile obiettivo quello di indagare, valorizzandoli, i riflessi che l?arte di Piero della Francesca ha avuto sui pittori del Novecento?
E, premesso che non sono i numeri ad affrancare la qualità di un evento d?arte, i settantacinquemila biglietti (dati borderau SIAE) e i circa centomila visitatori complessivi che queste esposizioni hanno richiamato in un lustro sono un dato senza nessun significato?
Per fortuna, la gente d?Arezzo, quella gente straordinaria che non mi ha mai fatto mancare il suo affetto e il suo calore, ha smentito con i fatti, in questi anni, tante affermazioni pretestuose di Salvicchi. Un esempio? La scorsa estate, 17 agosto. Salvicchi: «Neppure un quadro esposto alla Galleria comunale per Ferragosto». I media (Da Repubblica al Corriere della Sera ) di quello stesso giorno: «Musei deserti a Ferragosto a Firenze come a Roma. La gente sceglie il mare di Ostia e della Versilia».
Al fondo di tutto questo mi restano comunque svariate domande senza risposta. Ad esempio, quando fu inaugurata la sede espositiva dell?ex Chiavi d?Oro, io invitai Salvicchi, quale presidente di Arci Arezzo, e tutte le altre associazioni culturali della città, convinto che quella fosse e dovesse essere la casa dell?arte di tutti gli aretini. Risposero in massa, il solo Salvicchi preferì farsi rappresentare da un collaboratore al quale porto ancora gratitudine per la cordiale, disponibile presenza.
Tentativi di dialogo a cui, sempre, hanno fatto seguito critiche strumentali, un irriguardoso, implicito, giudizio negativo per chi quelle mostre non solo le guardava (scuole, turisti, appassionati), ma anche vi collaborava con il sottoscritto (in primo luogo gli eccellenti dipendenti comunali) o ne trattava l?argomento (stampa e televisioni non solo locali ma anche nazionali e, talvolta, internazionali).
E ancora, come non chiedere conto a Salvicchi del suo incomprensibile silenzio circa la «Vetrina del Premio Arezzo», un appuntamento di successo rivolto ai tanti bravi artisti aretini che ho cercato di valorizzare, attraverso la mia attività, anche negli altri luoghi in cui, di volta in volta, andavo operando (ricordo la visita del mio amico Vittorio Sgarbi, di passaggio ad Arezzo, alla mostra presso Palazzo Chianini Vincenzi: per tutti fu fonte di soddisfazione imprevista).
Quando, poi, Salvicchi si riferisce alla mostra a cui io tengo di più fra quelle che ho curato, ovvero «Toscana del Novecento. La Toscana dell?Arte» (Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, patrocinio Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ambasciata Svizzera in Italia, Fondazione Spadolini-Nuova Antologia, Fondazione Primo Conti), eccolo tacere ? al contrario dei media italiani ed europei che ne hanno opportunamente dato conto ? il fatto che il catalogo di quella rassegna fu richiesto e poi acquistato nientemeno che da uno dei musei più prestigiosi al mondo, il Louvre. C?è qualche altra pubblicazione di mostre svoltesi ad Arezzo, negli ultimi cento anni, che ha percorso la stessa strada e trovato analoga, rilevante collocazione?
Io ho pensato esclusivamente alla gente, alle scuole, alla cultura, a Piero della Francesca, l?artista più grande e geniale che sia mai esistito. Salvicchi, al contrario, ha continuato a fare politica. In questi cinque anni al servizio di un?Amministrazione Comunale a cui va il mio convinto apprezzamento e la mia devota riconoscenza (Sindaco Lucherini e Assessore Chianucci in testa), per aver cambiato il volto e le prospettive della mia carriera, oggi ricca di opportunità professionali e incarichi in vari luoghi d?Italia e non, mi resta, fra gli altri, quale toccante soddisfazione, la gratitudine e il consenso di tanti giovani ? alcuni dei quali anche di quella importante realtà che è l?Arci ? che hanno scoperto la passione per l?arte del Novecento visitando le «mie» mostre.
Per tante affermazioni ingiuste e sbagliate che ha fatto e che continua a fare, è ragionevole credere che Salvicchi, purtroppo, quelle mostre, o non ne ha capito il significato, oppure se le è soltanto fatte raccontare.

Articlolo scritto da: Giovanni Faccenda