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ESA e UNESCO uniti per la salvaguardia del Patrimonio dell’Umanità

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ESA e UNESCO uniti per la salvaguardia del Patrimonio dell’Umanità

Dopo i ripetuti allarmi sull’aumento delle specie a rischio di estinzione, l’ESA ha lanciato ora un nuovo piano per la protezione della biodiversità.
Di che si tratta?
Recentemente sono stati pubblicati moli studi che sostengono che sia in corso una vera e propria estinzione di massa. Secondo le stime, ogni giorno si estinguono circa 100 specie diverse, soprattutto a causa di effetti antropici. È un andamento preoccupante. Biodiversità significa varietà della vita sulla terra: di specie, di popolazioni, di generi. Ma anche di ecosistemi e di risorse: cibo, energia, persino salute. Per le cure primarie, per esempio, l’80% della popolazione mondiale si affida a medicine ricavate direttamente da piante o da animali.
Per combattere questa tendenza l’ONU ha siglato una convenzione, supportata fra l’altro anche dall’iniziativa DIVERSITY dell’ESA.
Il contributo delle tecnologie satellitari sarà relativamente semplice: la commissione di esperti nominata dall’ONU ha messo a punto una serie di indicatori misurabili per capire se stiamo intervenendo in modo corretto o meno. Alcuni di questi indicatori sono identificabili attraverso misure dallo spazio. Il progetto dell’ESA, che in questa fase sarà applicato al Centro America, porterà alla generazione di vari prodotti variamente utilizzabili. Fra le varie attività osserveremo le strutture coralline delle coste cubane e giamaicane, che sono oggi le uniche isole con coralli vivi dell’Atlantico. Oppure la qualità delle acque oceaniche, i processi di migrazione dalle Galapagos alle isole Cocoa.

L’ESA è molto sensibile alle sollecitazioni dell’UNESCO e la collaborazione è intensa anche in settori che non sono legati allo spazio, come per esempio la tutela dei siti dichiarati patrimonio mondiale dell’umanità. In questo caso quale è il contributo satellitare?
La maggior parte degli oltre 750 siti dichiarati patrimonio dell’umanità si trovano in paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Lo stesso UNESCO giudica 33 siti in grave pericolo, e almeno un centinaio in condizioni allarmanti. Le ragioni sono varie, antropiche e non: guerre, saccheggi, inquinamento, una cattiva gestione dei flussi turistici, ma anche disastri naturali.
Per molti siti non esistono neppure mappe geografiche dettagliate. È il caso per esempio, dell’habitat dei gorilla di montagna, una popolazione ormai ridotta a meno di 700 unità. Si tratta di una zona di confine fra Uganda, Ruanda e Repubblica Democratica del Congo, in cui sono stati istituiti cinque parchi nazionali. Come è facile immaginare, anche solo ricordando le guerre etniche e civili degli anni passati non esistono mappe di queste regioni riconosciute dai vari paesi. Le mappe disponibili sono del tutto incoerenti fra loro.
Nel 2003 UNESCO ed ESA hanno dato il via a un progetto che due anni più tardi ha fornito mappe dettagliate di questa zona, fornendole poi ai governi interessati. Interessati non solo alla salvaguardia dei gorilla di montagna, ma anche alla gestione degli sterminati campi di rifugiati in fuga da una paese verso l’altro.

Ma come nasce l’idea di passare per lo spazio per tutelare un territorio che i governi locali o le organizzazioni intergovernative dovrebbero conoscere bene?
A volte i governi locali conoscono la situazione ma non hanno i mezzi per intervenire. In altri casi, fingono di non vedere. Quando non sono i governi locali a farlo, spesso il supporto dell’ESA è richiesto da organizzazioni come ONU o UNESCO. In generale, credo che si possa trattare di un contributo tecnologico alla buona politica.
Il progetto TIGER dell’ESA, per esempio, sta monitorando il lago Ciad, nell’Africa sub-sahariana. Anno dopo anno il lago si riduce, a causa di una siccità cronica e dell’intenso sfruttamento per l’agricoltura. È del tutto ovvio che le popolazioni indigene non hanno bisogno della mappatura satellitare per scoprire che il lago si sta essiccando e che la loro agricoltura è in difficoltà. I dati satellitari però mostrano questa realtà ai governi locali, alle organizzazioni intergovernative, ai potenti del mondo.
È esattamente l’opposto del vecchio adagio: se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna. Purtroppo i potenti di oggi non sono altrettanto illuminati di Maometto, o forse è il mondo stesso ad essere troppo complesso. Fatto è che attraverso le immagini satellitari noi portiamo la montagna, rimanendo alla metafora, ai politici, mettendoli di fronte alla oggettività dei rilievi scientifici.
I dati da satellite confermano che i ghiacciai groenlandesi si stanno sciogliendo a un ritmo doppio di quanto pensato finora

Ma quali sono le reazioni a livello politico?
Ti faccio un esempio relativo al riscaldamento globale. Negli ultimi studi sono state incluse diverse scoperte realizzate con tecnologie satellitari. Le osservazioni satellitari della Groenlandia hanno permesso di stabilire che i ghiacciai di quelle regioni si stanno sciogliendo a velocità doppia di quanto non si pensasse in precedenza. Un dato significativo per i modelli di previsione climatica.
Allo stesso modo, grazie a Envisat – il satellite ambientale dell’ESA – è stato confermato che l’aumento della concentrazione di metano in atmosfera è indotta principalmente dalle attività dell’uomo.
Queste scoperte sono state utilizzate nei 19 modelli diversi per la previsione di scenari dell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’ONU, il team di oltre 2500 scienziati di 130 paesi del mondo che si occupano di cambiamento climatico. Il Rapporto è chiaro e preoccupante: il pianeta si sta riscaldando, il ruolo umano non è trascurabile. Sottrarsi a queste conclusioni inizia a diventare difficile per qualsiasi politico.