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Gli italiani e le malattie cardiovascolari

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ITALIA – Si è ridotto il rischio per gli italiani di ammalarsi e di morire per le malattie del cuore. Infatti, nel periodo 1980-2007, la quota di "nuovi casi" è passata, ogni 100 mila abitanti, per gli uomini da 293 a 146, e per le donne da 94 a 49,6.
Il rischio di morire è sceso in poco più di un decennio da 60,1 a 42, per 100 mila abitanti, nel complesso della popolazione; per le donne, tuttavia, il tasso di mortalità effettivo per malattie ischemiche del cuore, che tiene conto anche dell'età, indica un aumento consistente delle morti, da 106,9 a 121,5 per 100 mila abitanti.
Aumentano le persone che sono sopravvissute all'insorgere di una patologia cardiaca, e sono, infatti, 2,6 milioni le persone che dichiarano di convivere con una patologia del cuore. Di questi, gli anziani sono oltre il 60%, i residenti al Nord più del 46% e il 53% sono maschi.
Al crescere dell'età aumenta il rischio di ammalarsi, poiché si passa dal 4,5% di affetti da patologie a danno del cuore tra i 55-60enni, al 7,4% tra i 60-64anni, a 10,7% tra i 65-74enni, sino al 17,2% tra i 75 anni e più; e pertanto in una società "anziana" come la nostra l'attenzione a questa tipologia di malattie deve restare vigile.
La ricerca realizzata dal Censis-Forum Ricerca Biomedica su un campione nazionale di 1.000 italiani indica che le malattie del cuore (il 24,4% dichiara di temere di esserne colpito) fanno meno paura dei tumori (78,9%) o delle patologie cerebrovascolari (28,4%). Sono gli uomini (il 30% ha paura delle malattie del cuore, rispetto al 19,2% delle donne), gli anziani (il 26,5% ne ha paura, rispetto al 22,1% dei più giovani), e i residenti al Nord (il 29,2% ne ha paura nel Nord-Ovest ed il 30,8% al Nord-Est contro il 13% al Centro e il 23% al Sud-Isole) ad avere maggiori timori di esserne colpiti. La ricerca ha inoltre sottolineato il persistere dell'idea che le patologie di cuore siano una "cosa da uomini", visione che contrasta con l'evoluzione epidemiologica che al contrario mostra una crescente vulnerabilità delle donne, in particolare delle più anziane alle forme più letali di queste malattie.

Quali sono le cause delle patologie del cuore secondo gli italiani? Per l'83,4% sono le abitudini e il modo di vita delle persone (oltre l'89% è di questo parere tra i laureati), per il 44,5% sono i fattori ereditari e per il 30,3% l'ambiente in cui vive.

Quanto è diffusa l'abitudine di tenere sotto controllo i valori segnalatori di rischio cardiocircolatorio? Il peso viene controllato dal 78,3% degli italiani, la pressione arteriosa dal 16,4%, il colesterolo dal 71,2% e la glicemia dal 62%; circa il 40% effettua almeno una volta l'anno l'elettrocardiogramma, il 24,6% l'ecocardiogramma, il 18,8% l'ecodoppler; è intorno ai 45 anni che cresce in modo netto la propensione a realizzare in modo sistematico gli screening cardiologici.

Quali sono gli aspetti più critici segnalati nel rapporto con la sanità? Innanzitutto l'assistenza domiciliare, per il 39,1%, (che sale al 53,6% al Sud-Isole), seguita dalla mancanza di un numero telefonico da contattare, per il 37,6% (che sale al 53,9% al Sud-Isole), dalla rapidità nell'accesso agli esami diagnostici di controllo, per il 24% (mentre è il 35,3% al Sud-Isole), e infine la presenza di un Pronto Soccorso per emergenze cardiologiche per il 20% (il 36,9% al Sud-Isole).

La spesa per ricoveri per insufficienza cardiaca è la prima spesa medica di consumo di risorse degli ospedali, oltre il 60% dei ricoverati è anziano (il tasso di ospedalizzazione dei ultra 65enni è pari a 1.469,89 per 100 mila abitanti). I ricoveri sono per l'88% di lieve e moderata entità (in sostanza, sono applicate terapie farmacologiche) e, superata la fase acuta, l'85% dei ricoverati rientra al proprio domicilio, in buona condizione di autosufficienza.