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Nuova vita per il ‘Trionfo della morte’

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Nuova vita per il ‘Trionfo della morte’

ITALIA – Una storia conservativa lunga e travagliata quella degli affreschi del Camposanto di Pisa, luogo capitale dell’arte italiana e meta irrinunciabile già nel Settecento di viaggiatori, letterati e artisti.
Dopo interventi di restauro condotti subito dopo la guerra con metodologie poco sperimentate, i preziosi affreschi possono oggi contare su un concentrato di tecnologie e sistemi innovativi messi a disposizione da università ed enti di ricerca. I nuovi ‘ritrovati’ per curare questi capolavori saranno presentati nella città toscana, oggi pomeriggio, alle ore 15.00, nell’ambito del convegno: “Il Camposanto di Pisa. Un progetto di restauro integrato” che si terrà fino all’8 marzo, presso l’Auditorium “G. Toniolo” e nei Nuovi laboratori di restauro Campaldo.
Un team scientifico multidisciplinare composto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per i processi chimico fisici (Ipcf) di Pisa, Istituto per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali (Icvbc) di Firenze, Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) di Bologna – dal Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa, in accordo con l’Opera Primaziale Pisana, ha avviato un’articolata indagine diagnostica sul ciclo pittorico pisano. Tra i principali obiettivi: eliminare definitivamente i fattori di deterioramento e ricollocare sulle pareti di origine alcuni affreschi, come il Trionfo della Morte (1336 – 41 c.a), in passato asportati dai muri per motivi conservativi.
“Il team scientifico ha aggiornato i dati acquisiti più di venti anni fa sulle condizioni ambientali dell’edificio”, spiega Mauro Matteini, coordinatore scientifico del progetto insieme con Perla Colombini, “ ha definito un preciso e dettagliato protocollo di monitoraggio che assicuri la stabilità dei materiali impiegati nel corso del restauro in rapporto alle condizioni ambientali attuali e future, e ha valutato le nuove tecniche di pulitura e di estrazione di sali”.
Le pitture in questione, giunte fino a noi ‘miracolosamente’, conobbero fin dall’Ottocento uno stato di vistoso degrado che aumentò nel secolo successivo quando, durante la Seconda Guerra mondiale, uno spezzone incendiario mandò in fiamme la copertura del Camposanto monumentale e le decorazioni furono lasciate in balia delle intemperie. “Fu deciso di ‘strappare’ gli affreschi dai muri, trasferendoli, con un collante a base di caseato di calcio, su tela fissata su pannelli di eternit”, aggiunge Matteni, già direttore dell’Istituto per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali (Icvbc) del Cnr. Una prima fase diagnostica apertasi nel 1980 ha portato a individuare la permanenza sulla superficie pittorica di sali e gesso e il degrado della caseina, materiale organico. Sotto la direzione di Umberto Baldini, Clara Baracchini e Antonio Caleca, gli affreschi furono liberati dalle sostanze estranee e ricollocati con un nuovo adesivo su un supporto più adeguato. Nello stesso tempo alcuni dipinti furono ricollocati sulle loro pareti originarie.
“In questi ultimi anni ci siamo resi conto che essi purtroppo presentavano ancora vistosi sintomi di degrado che interessavano anche le scene del ciclo del Trionfo della Morte. Prima di porvi mano si è ritenuto opportuno avviare questa nuova campagna diagnostica. Sulla base dei dati scientifici, per l’ultima parte degli affreschi ancora da restaurare”, conclude Matteini, “si procederà con un intervento di pulitura efficace e rispettoso, utilizzando resine a scambio anionico, capaci di agire selettivamente in superficie; con uno speciale laser a erbio si effettuerà un nuovo strappo degli affreschi, attualmente su eternit, per ricollocarli sulle pareti del loggiato, loro collocazione originale, evitando la formazione di condense attraverso l’interposizione di intercapedini ventilate”.