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Scoperto sistema per rilevare l’ormone della crescita nelle urine

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Scoperto sistema per rilevare l’ormone della crescita nelle urine

Pubblicato oggi sulla rivista “Nano Research” lo studio che descrive il primo metodo capace di rilevare una quantità significativa di ormone della crescita ricombinante nelle urine.
Il nuovo test, è stato condotto alla George Mason University da ricercatori italiani che hanno già brevettato il metodo.

“La ricerca è stata possibile proprio grazie alla collaborazione che ormai da anni abbiamo con gli Stati Uniti ed è stata sviluppata nell’ambito dei finanziamenti che promuovevano test predittivi e markers tumorali attraverso l’utilizzo di nanotecnologie – afferma il presidente Enrico Garaci –Questo test sembra essere così innovativo che potrebbe contribuire in modo determinante alla lotta al doping. Speriamo, infatti, che diventi un’arma per contrastare l’uso di queste sostanze non solo nel mondo professionale dello sport, ma anche nei giovani che frequentano le palestre – continua Garaci – L’uso di questo ormone, unitamente a quello di altre sostanze è sempre più diffuso nel mondo dello sport amatoriale come mostrano i dati delle positività che la CVD riscontra sempre più ogni anno. Proprio per questo – conclude il Presidente – stiamo lavorando a un progetto dell’ISS che prevede l’utilizzo di questo test sulle urine di atleti di diverse discipline sportive presenti nell’urinoteca del laboratorio antidoping di Barcellona per poter testare l’efficacia analitica di questo test e stabilirne la sua reale specificità. A Barcellona, infatti, con cui da anni abbiamo una collaborazione scientifica, esiste l’unico Laboratorio antidoping in Europa abilitato a studi clinici di somministrazione controllata di rhGH in individui sani ”.

L’ormone della crescita ricombinante rhGH si stima che sia utilizzato in gran parte dei casi di doping ma finora nessuno studio ha potuto dimostrarne l’effettiva diffusione.

“La difficoltà di dosare questo tipo di ormone nei liquidi biologici come il sangue o le urine è dovuta soprattutto al fatto che non esistono test così sensibili e specifici da distinguere l’ormone sintetico eventualmente assunto da quello prodotto naturalmente dal nostro organismo – afferma Roberta Pacifici, ricercatrice del dipartimento del Farmaco dell’ISS – Un altro problema rispetto a questo ormone è anche il suo veloce metabolismo che rende ancora più difficile la sua rilevazione anche solo dopo 24 ore dall’assunzione. Con questa metodica, qualora i risultati ne confermino ulteriormente l’utilità in questo campo di applicazione, potremmo dire di avere un’arma davvero formidabile nella lotta al doping”.