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L’arte salvi l’arte

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AREZZO – Uno scandalo enorme si sta consumando nel nostro paese, l'archivio di Giorgio Vasari è al centro di una vicenda dalle tinte fosche. Nelle scorse settimane è uscita nei giornali una notizia che sembra inverosimile; i legittimi proprietari dell'Archivio, la famiglia Festari, hanno venduto le preziose carte, custodite ad Arezzo nella casa museo di Giorgio Vasari e protette da un vincolo di inamovibilità, ad una società russa per 150 milioni di euro. Mobilitazione nazionale e critiche da ogni dove, Ministero della Cultura, Comune di Arezzo, Enti Locali, Associazioni Culturali, ed una serie di articoli e dichiarazioni che rendono la situazione sempre più degna di un ottimo romanzo giallo.

All'inizio non si conosce neppure il nome della società russa, poi appena uscita allo scoperto le dichiarazioni dell'amministratore delegato, Vasily Stepanov, lasciano intendere che tutta l'operazione è stata creata ad assoluto beneficio di un ricco oligarca russo interessato all'archivio del Vasari, quindi il compratore non è la società in questione, la Ross Group, ma essa sta fungendo solo da tramite con i Festari. Nulla da eccepire nella forma ma molto nella sostanza; possibile che un imprenditore russo, seppur ricco, sia così interessato ad un bene che non potrà mai lasciare il territorio nazionale italiano, anzi neppure Arezzo e neppure il palazzo dove è custodito? La vicenda si tinge di giallo con la notizia della morte sia del venditore, il Conte Giovanni Festari avvenuta il 17 ottobre, che del compratore, l'oligarca russo avvenuta il 9 settembre.

Raggiunto al telefono da un giornalista Stepanov dichiara "Si era rivolto a me un vecchio amico, conosciuto all`università. Un oligarca cresciuto con la famiglia in Armenia ma poi tornato a vivere in Siberia. Era pieno di soldi, fatti con la lavorazione del legname. Case a Francoforte, in Olanda e Spagna, e naturalmente in Italia, dove forse pensava di trasferirsi. Mi disse di aiutarlo a cercare qualche cosa di grosso da comprare in Italia e io ho messo in moto le mie conoscenze. Tramite vari intermediari, otto per la precisione, sono arrivato all`archivio del Vasari. Tutto era a posto, tanto che io avevo già preso il compenso per il lavoro effettuato, poi c`è stato un incidente stradale il 9 settembre, il mio amico è morto.

Così tutto è andato per aria, tutto si è fermato". La vicenda però non sembra assolutamente risolta, l'avvocato della famiglia Festari è volato in Russia per ri-definire la vendita e oltre alle tante parole spese ciò che serve per esercitare il diritto di prelazione dello Stato sono i soldi, tanti. La cifra astronomica in questione e tutta la vicenda a parere di molti sono una montatuta; dichiara Vittorio Sgarbi "si tratta di una bufala ridicola e al limite della farsa, alla quale non si capisce come possano avere creduto grandi giornali, il sindaco di Arezzo e il ministro dei Beni Culturali, tanto da far scomodare perfino il premier Putin in colloquio con il presidente del Consiglio italiano".

Documenti alla mano non sembra essere così, certamente potrebbe trattarsi di una macchinazione creata per costringere lo Stato al passo che non ha mai fatto, comperare le carte dell'Archivio. Dopo tanto parlare mi sembra doveroso cercare di lanciare un appello, che non sia solo fatto di firme o di proclami ma di cose tangibili. l'Arte salvi l'Arte. Come critico d'arte follemente innamorato della mia città e dei tesori che custodisce, da sempre impegnato nella promozione di Arezzo e nel creare eventi con importanti artisti in città, mi auspico che non si voglia lasciar concludere questa assurda e volgare transazione. Impegnamoci tutti per far in modo che ciò non avvenga, io in prima persona contatterò tutti gli artisti che conosco e con cui ho lavorato affinchè donino una loro opera che verrà venduta per salvare l'archivio di Giorgio Vasari.

Non è utopia, solo una grande mobilitazione potrà ottenere risultati tangibili, smuovere gli animi e gli organi istituzionali, la stampa e gli imprenditori per trovare un accordo con la famiglia Festari e finalmente concludere una vicenda che seppur avvolta nella nebbia e che pone tanti interrogativi può essere risolta soltanto in un modo; lo stato italiano, deve entrare in possesso dell'Archivio e successivamente, se possibile, dovrà esporlo al pubblico perchè un bene della collettività è tale solo se è fruibile dalla collettività e non se resta in un armadio, cosa che da troppi anni avviene.

Articlolo scritto da: Danilo Sensi