Home Attualità Vaticano: ‘La crisi? Colpa della cupidigia dei manager’

Vaticano: ‘La crisi? Colpa della cupidigia dei manager’

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CITTA' DEL VATICANO – L'ingordigia e la cupidigia di alcuni manager è una delle cause fondamentali che sta all'origine dell'attuale grave crisi economica, in questo modo si è creata una sorta di economia digitale slegata dalla produttività reale e dai servizi sociali, priva di riferimenti etici. E' quanto rileva l'Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu di Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi.

Mons. Tomasi ha parlato alla Radio Vaticana ripercorrendo i contenuti del suo intervento di ieri alla Conferenza annuale dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), che vede riuniti nella città elvetica, dal 3 al 19 giugno, circa 4 mila delegati di governi e rappresentanti del mondo dell'imprenditoria e dei lavoratori, interpellati dall'impatto della crisi sull'occupazione. ''Mi e' parso utile ricordare, prima di tutto – ha detto il rappresentante del Vaticano – che la crisi non è semplicemente il risultato di qualche ingranaggio del meccanismo economico che non ha funzionato bene, ma che c'è stata una mancanza di valori etici alla radice della crisi''.

''L'ingordigia e la cupidigia di alcuni manager – ha proseguito – che hanno costruito un'economia non basata su una produttività reale, ma su una specie di economia digitale che accumulava denaro ma non dava un servizio sociale o materiale, secondo le esigenze delle persone e del bene comune''. ''Poi, bisogna ricordare la solidarietà in questo momento difficile – ha detto ancora l'arcivescovo – perché attraverso la solidarietàsi aggiunge un elemento importante per uscire dalla crisi. Ma, soprattutto, una soluzione al problema con cui ci confrontiamo è quella di mantenere l'impiego delle persone, di mantenere i posti di lavoro, e questo lo si può fare aiutando non solo le grandi banche o le grandi compagnie, ma le piccole e medie imprese che danno lavoro sia nei Paesi sviluppati che in quelli poveri alla grande maggioranza di persone''.

Per ottenere tale risultato è necessario, ha detto ancora Tomasi ritornare ''a un preciso concetto di lavoro, il quale ha valore perché è il prodotto di una persona che ha capacità creativa e il cui talento piccolo o grande è messo a servizio del bene comune. Quindi, anche per quelli che perdono il lavoro rimane questa dignità. Non è il prodotto che fanno che è importante – anche se necessario, è chiaro – ma è la loro dignità di persone sia quando lavorano che quando non lavorano. Questo è bene ricordarlo di fronte al rischio che ci possano essere circa 50 milioni di persone che hanno già perso o che perderanno il lavoro prima che questa crisi si sblocchi''.

Articlolo scritto da: Adnkronos