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La paura del diabete colpisce oltre 5 milioni di italiani

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La paura del diabete colpisce oltre 5 milioni di italiani

Sesto Fiorentino – Se chiedi agli italiani di che cosa si ammaleranno nel prossimo futuro, in 5,3 milioni risponderanno diabete. L’epidemia diabetica lascia un segno che va ben oltre il numero impressionante e in crescita di pazienti che ne soffrono (solo in Italia siamo a circa 2.5 milioni) ma coinvolge i familiari e anche l’immaginario collettivo entrando in cima alle preoccupazioni di salute degli italiani. Questo e altri dati relativi alla salute in Italia sono stati presentati da AstraRicerche in occasione dell’apertura, a un anno dall’inizio della produzione, dello stabilimento Lilly dell’insulina Made in Italy.

Oltre 120 Milioni di cartucce di insulina e penne preriempite, 450 dipendenti, 180 milioni di euro l’anno l’importo previsto sulla bilancia dei pagamenti dell’Italia, considerando le esportazioni. Il 90% della produzione totale destinato all’export, oltre all’Italia lo stabilimento serve mercati europei ed extra-europei. E’ questa la carta di identità dello stabilimento dell’insulina Made in Italy di Lilly a Sesto Fiorentino, oggi un caso di eccellenza sul nostro territorio.

“La nostra storia nasce proprio con la prima produzione e commercializzazione di insulina al mondo datata 1928” ha dichiarato Patrik Jonsson, Presidente e Amministratore Delegato Lilly Italia. “Da allora milioni di vite sono state salvate e la qualità dei pazienti diabetici è in costante miglioramento grazie ai passi da gigante compiuti nella ricerca. Oggi abbiamo sul territorio italiano un Centro di produzione all’avanguardia”

Secondo l’indagine demoscopica dal titolo Health & Wellness Italian Index 2010 svolta da AstraRicerche dopo l’estate 2010 intervistando un campione di oltre mille persone rappresentativo degli Italiani ultra17enni, sono infatti ben 5.3 milioni i nostri connazionali che temono di ammalarsi di diabete nei prossimi 5 anni, con specifiche accentuazioni al di sopra della media: esse riguardano gli uomini (il 61% dei soggetti coinvolti in tale timore), gli ultra34enni (il 18% ha tra i 35 e i 44 anni, il 27% tra i 45 e i 54 anni, quasi il 33% dai 55 anni in su); i residenti nel Lazio e al Sud (i quali valgono oltre il 48% di questo totale); gli imprenditori/dirigenti/professionisti e i lavoratori autonomi (nell’insieme 24%), i pensionati (15%) e i salariati (11%), anche se il gruppo di maggioranza relativa, pur al di sotto della media, è costituito dal ceto medio impiegatizio.

“Per la classe medica l’insulina è considerata l’esempio di come l’impegno quotidiano dei ricercatori sia fondamentale per la salvezza dei pazienti” spiega Carlo Maria Rotella, Professore di Endocrinologia, Responsabile del Servizio di Diabetologia Università di Firenze. “Spesso mi capita di spiegare ai pazienti che lamentano disagi nella gestione quotidiana del diabete: sono stati fatti enormi passi avanti nella terapia insulinica e la qualità della vita è migliorata di pari passo. L’insulina commercializzata all’inizio del secolo scorso è lontana anni luce da quella più evoluta che si produce qui a Firenze. La sua qualità, il suo alto profilo di sicurezza e le innovative modalità di somministrazione la rendono insostituibile per i pazienti diabetici. Un fiore all’occhiello della storia della medicina”.

Sempre secondo dati in possesso di AstraRicerche la conoscenza dell’insulina tra i pazienti diabetici, i loro familiari e i loro conoscenti risulta essere in Italia lievemente inferiore alla media europea, anche se il trend è assai positivo dal momento che tale notorietà è progressivamente cresciuta negli ultimi 20 anni, pure grazie all’incremento del titolo di studio della popolazione, al contributo informativo dei mass media (con un peso particolare della stampa: quotidiani e periodici), all’attività educational da parte degli specialisti (diabetologi, ecc.) e – in una certa misura – dei medici di famiglia (più nella provincia italiana che nelle aree metropolitane: forse per il minor tempo qui dedicato a ogni singolo paziente dal sanitario ‘di base’).