Home Attualità Economia Profumo, l”arrogante’ che ha reso grande Unicredit

Profumo, l”arrogante’ che ha reso grande Unicredit

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Milano – (Adnkronos) – Ha trasformato una ex Banca di interesse nazionale in un colosso internazionale del credito. Oggi ne esce, dando le dimissioni, sfibrato dallo scontro con gli azionisti italiani, contrariati da risultati non brillanti e da un'autonomia mai gradita.
Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, lascia l'istituto che guidava dal 1997, dopo aver creato dal Credito Italiano, ex bin, un gruppo internazionale, con le acquisizioni della tedesca Hvb e di Capitalia. Un tempo il manager 53enne era soprannominato 'Arrogance'. Quel nomignolo, un calembour ispirato dal cognome e da un profumo allora molto pubblicizzato, gli era stato affibbiato a causa del carattere un po' spigoloso. Ma la stella di Profumo inizia a offuscarsi con l'inizio della crisi finanziaria, scoppiata alla fine del 2007. Margini in calo, quotazioni del titolo in caduta libera, due aumenti di capitale mal digeriti dai soci, un dividendo sull'esercizio 2008 solo in azioni, l'indipendenza ritenuta eccessiva e lo scontro sulla banca unica hanno contribuito, negli ultimi due anni, a logorare il rapporto fra i soci forti di Unicredit, le Fondazioni, e Profumo. Ma è stata la salita dei libici nel capitale della banca a scatenare le ire degli azionisti di peso. La presunta scalata della Libia, con la Central Bank of Lybia al 4,98% e la Lybian Authority Investment al 2,6%, ha fatto infuriare le Fondazioni socie e la nomenklatura leghista, forza politica determinante in Veneto e nel Nord Italia. Soprattutto perché gli acquisiti sono avvenuti all'insaputa di tutti, anche del presidente di Unicredit, Dieter Rampl. Profumo ha ribadito più volte di non aver chiamato i libici nel capitale dell'istituto, ma l'equilibrio all'interno della banca è saltato.
Profumo, 53 anni, nato a Genova ma cresciuto a Palermo, ultimo di una famiglia di cinque figli, nel panorama italiano è sempre stato un banchiere atipico. Le sue esternazioni, rare, ma mai tenere con i costumi nazionali, non erano fatte per attirargli simpatie. Si racconta che a un incontro con il personale si sia presentato avvolto in un abito medievale, per irridere alle pratiche bancarie italiane, un po' arcaiche. Ma anche gli avversari più ostinati si sono dovuti ricredere quando, nel 2005, il banchiere lanciò l'Unicredit, già in testa per redditività nel panorama bancario nazionale, alla conquista della terza banca tedesca, il gruppo Hvb, forte di una vasta presenza nell'Europa Orientale, dando vita ad un gruppo transnazionale con la testa in Italia. Da allora, a fianco del soprannome Arrogance, nacque 'Alessandro il Grande', coniato dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung. Ma l'interessato non gradì. "Sono grande solo perché peso 100 chili e alto un metro e novantuno -commentò- mi dà fastidio essere chiamato Alessandro il Grande, ma non è colpa mia se nella storia c'è stato un personaggio chiamato così".
Giocatore di pallanuoto in gioventù e interista nel cuore, Profumo è sposato con Sabina Ratti, che lavora alla Fondazione Enrico Mattei, con cui talora è stato avvistato ai convegni di Libertà e Giustizia, l'associazione presieduta da Sandra Bonsanti. La coppia ha un figlio. Profumo ha votato per le primarie del centrosinistra nell'autunno 2005, ma ha sempre escluso di voler entrare in politica.
Il suo curriculum tratteggia il percorso di un top banker 53enne. Dal 1977 al 1987 lavora al Banco Lariano. Ne esce per approdare alla McKinsey Company, l'e'lite della consulenza aziendale, dove i curriculum dei candidati laureati con meno del massimo dei voti finiscono direttamente nel cestino. Alla McKinsey Profumo resta due anni, come responsabile Progetti strategici e organizzativi per aziende finanziarie. Due anni dopo cambia e passa ad un'altra blasonata societa' di consulenza, la Bain, Cuneo Associati, dove diventa responsabile delle relazioni con le istituzioni finanziarie e di progetti di organizzazione e sviluppo integrati. Nel 1991 lascia la consulenza e approda nel mondo bancario-assicurativo, diventando direttore centrale responsabile dei settori bancario e parabancario della Ras, Riunione Adriatica di Sicurtà. Nel 1994 approda al Credito Italiano, con la carica di condirettore centrale: è responsabile della Direzione pianificazione e controllo del gruppo. Un anno dopo diventa direttore generale. Nell'aprile del 1997 diventa amministratore delegato, sotto la presidenza di Lucio Rondelli: l'anno dopo nasce Unicredit, dall'aggregazione tra Credito Italiano, Rolo Banca, Cariverona, Banca Crt, Cassamarca, Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Cassa di Risparmio di Trieste. Profumo, nominato nel 2004 Cavaliere del lavoro, è anche consigliere dell'Università Luigi Bocconi, che nel 1998 lo nominò Bocconiano dell'anno, e della Fondazione Arnaldo Pomodoro. Inoltre è presidente della European Banking Federation, è membro dell'International Monetary Conference di Washington e dell'Institut International d'Etudes Bancaires di Bruxelles.
Redditivita, profitti e costi sono sempre state le linee guida di Profumo nell'amministrazione delle banche. Ma non solo, come spiegò nel 2005, intervenendo a un ciclo di conferenze organizzato dall'Associazione per lo sviluppo degli studi di Banca e Borsa di Giuseppe Vigorelli. "E' necessario generare valore per gli azionisti", disse, anche perché la generazione di valore per i soci garantisce autonomia al management. "Ricordo sempre ai colleghi e al nostro consiglio di amministrazione -spiegava- che avere azionisti soddisfatti, e generare valore per essi, è garanzia di autonomia imprenditoriale. Autonomia che non significa autoreferenzialità, ma capacità di fare errori senza rispondere a qualcuno che sia al di fuori del cda". Cosa che, sottolineava, "vale soprattutto per il settore bancario e in particolar modo per l'Italia, dove abbiamo assetti proprietari articolati e non pienamente di mercato. In Italia le aziende di mercato sono relativamente poche". Una visione critica del nostro capitalismo che Profumo non ha mai nascosto, dalla volontà di non essere coinvolto in "giochi di potere" sulle Generali fino sottolineatura dell'estraneità di Unicredit rispetto alla soluzione 'di sistema' trovata per Telecom Italia. "Non mi nascondo dietro un dito -spiegava il manager a ridosso dell'operazione sulla compagnia di tlc- faccio il banchiere e certamente gestisco del potere. Quello che so è che in Telecom non sono coinvolto". Un'attenzione alla redditività e soprattutto alla sostenibilità dei risultati nel tempo che l'ha portato lontano, alla conquista della Hvb-Bank Austria, e poi di Capitalia. In pochi anni l'ex McKinsey è diventato uno dei banchieri più celebrati d'Europa: dallo sportello del Banco Lariano alla guida di un gruppo internazionale, in poco più di trent'anni ha fatto molta strada. Aveva ragione Lucio Rondelli, presidente dell'Unicredit fino al 2001, scomparso lo scorso anno, che guardandolo all'epoca diceva: "Il ragazzo è bravo".

Articlolo scritto da: Adnkronos