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Nasce Mo.di.ca., struttura di passaggio da ospedale al territorio

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Nasce Mo.di.ca., struttura di passaggio da ospedale al territorio

La popolazione invecchia, le malattie si riescono a curare meglio di una volta, e questo aumenta il numero di pazienti anziani e fragili. Un motivo per cui necessitano sempre nuove forme di assistenza in fasi particolari all’assistenza sanitaria delle persone.
Così da qualche giorno al terzo piano, secondo settore dell’Ospedale San Donato, è “sorta” una vera e propria nuova struttura. Si chiama “Mo.di.ca, acronimo di “modulo di continuità assistenziale”.
E’ una struttura che ha sostituito il vecchio Ospedale di Comunità che fino al 31 marzo scorso era attivo in convenzione presso la casa di cura San Giuseppe Hospital. Nella struttura di Via Saffi c’erano 14 posti letto. 320 i pazienti ricoverati nel 2011 con una permanenza media di 14 giorni a testa.
L’ospedale di comunità, era utilizzato per un ricovero temporaneo di soggetti che usciti dalle cure intensive ospedaliere, prima di rientrare nel territorio (a casa o in una Rsa), avevano ancora necessità di una assistenza intensa sotto il profilo infermieristico, ed erano poi seguiti sotto il profilo medico dal proprio medico di famiglia. Ha svolto finora bene questo ruolo, ma le esigenze cambiano. Perchè cambia proprio il modo di curare le persone.
“Faccio un esempio – spiega Claudio Pedace direttore del Distretto sanitario sotto il quale ricade la gestione e la responsabilità del “Modica” – riferito ad una signora di 93 anni che ha avuto una frattura del femore. Oggi su una persona anche di questa età e che si trova in discrete condizioni psicofisiche di salute, si interviene chirurgicamente. Cosa che è avvenuta. Dopodichè è iniziata la fase di convalescenza, che ha comportato anche una attenzione non tanto nella riabilitazione (complessa a questa età) quanto nella riattivazione delle funzioni motorie. Il tutto seguito da specialistici sia dell’ortopedia (che l’avevano operata) che della geriatria. Ma non tali da giustificare la permanenza in un letto dei due reparti. Ecco allora che il “Mo.di.ca” va a svolgere bene la sua funzione. La signora, in carico e seguita dal suo medico di famiglia con il personale infermieristico della Asl, ha potuto usufruire all’occorrenza delle consulenze specialistiche di ortopedici e geriatri. Cosa praticamente impensabile se si fosse trovata alla clinica San Giuseppe. Una settimana dopo il ricovero nel “Mo.di.ca”, la signora è tornata alla sua abitazione, muovendosi con le sue gambe.”
La sostanziale differenza fra l’ospedale di comunità e il “Mo.di.ca” è proprio in questo aspetto: Il trovarsi logisticamente all’interno del San Donato consente di attivare in ogni momento delle consulenze specialistiche che rendono più rapida la dimissione dai reparti. Spesso accadeva che i pazienti, pur avendo terminato la fase acuta della cura, rimanevano impropriamente qualche giorno in più ricoverati in reparto perchè sarebbe stato problematico seguirli doverosamente a domicilio o all’ospedale di comunità. Un beneficio, quindi, per tutti, ad iniziare dai pazienti, ma anche per la generale organizzazione ospedaliera, spesso costretta a combattere con l’assenza di posti letto.
“Il Mo.di.ca – spiega ancora Pedace – ha oggi 14 posti letto, ma a fine estate arriverà a 20. L’obiettivo, proprio per la capacità di garantire una assistenza particolarmente qualificata, è quello di ridurre il tempo di ricovero medio fra i 7 e i 9 giorni, con una potenzialità da 500 a 700 ricoveri all’anno. Va detto – sottolinea il direttore del Distretto Sanitario – che il Mo.di.ca non è un centro di riabilitazione, è nemmeno un luogo di lungodegenza, ma è una opportunità offerta ai medici di medicina generale (cioè i medici di famiglia) di gestire l’assistenza ai loro pazienti più complessi in un ambiente protetto, in piena collaborazione con ospedale e territorio, rispetto alla abitazione”.
Sotto il profilo gestionale il percorso è governato dalla “agenzia per la continuità ospedale-territorio” che è un team composto da un medico di comunità (che risponde al Distretto Sanitario), da un infermiere, da un assistente sociale e dal medico curante: ovviamente tutto questo per i casi davvero complessi e difficili.