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Dieta mediterranea a rischio nel 2015: crollo produttivo per olio, miele e vino

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Dieta mediterranea a rischio nel 2015: crollo produttivo per olio, miele e vino

Dieta mediterranea a rischio: nel 2015 sugli scaffali dei supermercati – sottolinea la Coldiretti – ci sarà il 35 per cento in meno di olio di oliva italiano, ma anche un calo del 25 per cento per gli agrumi, del 15 per cento per il vino, fino al 50 per cento per il miele. Particolarmente difficile la situazione dell’olio di oliva con le scorte di extravergine che  saranno probabilmente esaurite entro i primi sei mesi del 2015, per effetto del crollo dei raccolti che ha coinvolto in realtà tutti i prodotti base della dieta mediterranea.

Per le eccellenze alimentari tipiche aretine la situazione è molto difficile: “La produzione di miele di acacia, castagno, agrumi e millefiori – spiega il direttore di Coldiretti Arezzo, Mario Rossi – è quasi dimezzata per effetto del clima, la vendemmia si è classificata come una delle più scarse dal 1950 mentre quella di olio di oliva è, come sappiamo, crollata”.

“Questo non significa certo un abbassamento della qualità della produzione dei nostri agricoltori – spiega ancora Rossi – che saranno comunque in grado di presentare sui mercati le eccellenti produzioni dei nostri territori, ma il problema è quello della quantità del prodotto in settori quali appunto l’olio extravergine d’oliva”.

La difficile annata “pesa soprattutto sui coltivatori, – spiega il presidente di Coldiretti Arezzo, Tulio Marcelli – visto che nel 2014 il reddito agricolo reale per attivo in agricoltura è diminuito dell’11 per cento”. Non solo: “Rischiano di mancare dalle tavole – insiste Marcelli – quei prodotti di qualità alla base della dieta mediterranea, che sono considerati essenziali per garantire una buona salute, soprattutto per la crescita nelle giovani generazioni: prodotti che ci hanno consentito di conquistare il record della longevità con una vita media di 79,4 anni per gli uomini e di 84,5 per le donne, tra le più elevate al mondo”.

E’ allarme infatti – secondo Coldiretti – anche per la produzione di pasta a causa dell’eccessiva dipendenza dell’industria nazionale per l’acquisto di grano duro dall’estero da dove arriva circa il 40 per cento del fabbisogno, perché non si è avuta la lungimiranza di investire sull’agricoltura nazionale.

Gli effetti del crollo produttivo si faranno sentire a tavola dove, come italiani, siamo i principali consumatori di pasta a livello mondiale con una media per persona di 26 chili all’anno, una quantità tre volte superiore a quella di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiore a quella di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiore a quella di un giapponese.