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Disagio insediativo nel 95% dei casi nei territori con meno di 10 mila abitanti

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Roma, 3 apr. - (Adnkronos) – Nel nostro paese l’85% dei comuni (ben 6.875) ha meno di 10.000 abitanti e il disagio insediativo si registra prevalentemente (nel 95% dei casi) proprio in questi territori (2.666 municipi, il 32,9% del totale dei comuni italiani), poco densamente abitati, costituiti da case sparse, con alto numero di case vuote (36% contro il 21% nazionale). Sono comuni in cui si manifesta più chiaramente una grave crisi demografica, con grave calo della popolazione attiva (15-64 anni, -8,8%) e giovanile. A tracciare il quadro è la ricerca di Legambiente e Unioncamere basata su 168 indicatori comunali e l’applicazione di diversi approcci, tra cui l’analisi neurale che ha individuato 9 cluster di appartenenza a disagio, medietà o migliori performance insediative.
Le variabili sono state raccolte in 8 famiglie: agricoltura, istruzione e formazione, risorse umane e occupazione, potenzialità dei territori, impresa e lavoro, demografia, ricchezza, turismo. In particolare l’indagine sottoline che popoliamo un territorio che conta oltre 22.000 centri abitati, quasi 33.000 nuclei insediativi, senza considerare le caratteristiche di tanta parte del nostro sistema agricolo composto di “case sparse”.
L’analisi, evidenzia il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, “ci dimostra che l’amore di ciascuno di noi per i propri luoghi non basta più. Oggi 2.666 realtà comunali si trovano in una situazione di disagio demografico ed economico, con il pericolo che resti tagliato fuori dallo sviluppo più di un quarto della superficie del nostro straordinario Paese”. Per questo, secondo Dardanello, “occorrono nuove politiche più mirate, che puntino alla creazione di occasioni di lavoro e di sviluppo del sistema produttivo in un’ottica di rete. In questa direzione si muove la nuova strategia nazionale per le Aree interne, nell’ambito della programmazione comunitaria 2014-2020”.
L’indagine fotografa le aree del Nord più competitive e quelle del Sud invece in evidente difficoltà, con le regioni del Centro che si spostano progressivamente verso situazioni più vicine a quelle delle aree migliori, eccezione fatta per le aree più interne, in particolare quelle montane dell’Appennino. In particolare, la ricerca evidenzia come i comuni del disagio insediativo siano prevalentemente territori con meno di 10 mila abitanti. Qui continua invece a crescere la popolazione adulta e anziana (+15% in 20 anni), mentre la componente straniera aumenta ma con medie molto inferiori a quella nazionale. Scarsi gli scambi e i movimenti giornalieri per motivi di studio o lavoro.
Con l’invecchiamento e la scarsa dinamicità della popolazione aumenta la dipendenza dalle pensioni di vecchiaia che salgono del 32%, 20% la media nazionale, in 10 anni. Altro effetto della dimensione contenuta e la scarsa concentrazione di residenti al di sotto dei 15 anni, la polverizzazione dell’offerta di istruzione con classi elementari e medie con pochi studenti. Con ripercussioni inevitabili sul tasso di istruzione, che vede per il 22% la presenza di persone che non hanno raggiunto alcuni titolo di studio, (12% medio nazionale), più grave la situazione tra le donne.
Anche le 5 imprese per kmq registrate dall’analisi contro la media nazionale di 20, sono esposte ad una significativa erosione. Nelle imprese lavorano 6 addetti per kmq contro i 58 lavoratori della media nazionale. Pronunciato il calo nelle costruzioni (5% rispetto al 14% medio nazionale). Abbastanza evidente la carenza di comparti produttivi che esprimono l’effervescenza di un territorio quali la Ricerca e Sviluppo, intermediazione bancaria, telecomunicazioni, le agenzie di viaggio, istruzione ma anche arte e cultura, sport, trasporti e assistenza sociale e sanitaria (dal 70% al 20% in meno della media nazionale), addirittura il commercio.
La spesa per consumi per abitante è contratta del 33% rispetto a quella media nazionale e un quarto di essa è finalizzata all’acquisto di prodotti per l’alimentazione. Il tasso di occupazione, molto contenuto, 38%, particolarmente grave tra i giovani tra 20 e 30 anni incide anche su altri parametri quali un contenuto parco macchine purtroppo ancora concentrato per il 29% nelle classi Euro 0 e 1, a fronte di una quota nazionale del 18,5%.
Si tratta di paesi sorretti dalla bontà di una serie di indicatori che costituisco l’offerta integrata e identitaria del territorio, sono i ”Borghi” delle risorse culturali, mostre, sagre, fiere e feste paesane, radicate ben oltre 4 volte la media nazionale. Pessimo invece il livello di infrastrutture tecnologiche di cui sono dotati e i circuiti turistici non riescono ad intercettare la domanda in quote significative.
Altissima la propensione all’uso delle risorse rinnovabili, soprattutto del fotovoltaico (anche eolico) che ha avuto un’esplosione fino ad una dotazione del 66% superiore alla media nazionale; non appare compromessa la sostenibilità del territorio perché la potenza per unità di superficie è ancora del 60% inferiore alla media delle istallazioni nazionali. Anche a livello di istituzioni il disagio è riflesso sui bilanci, il 22% in più della media nazionale sorretti dai trasferimenti dallo Stato.
Naturalmente non tutti i territori con meno di 10 mila abitanti rientrano nelle aree del disagio: 1.347 di questi comuni infatti (il 16,6% dei comuni italiani) rappresentano circa i due terzi dei comuni del benessere (65,5%). In questi comuni risiedono il 10,5% del totale nazionale degli italiani. Sono dunque aree densamente popolate che vedono la popolazione in aumento, soprattutto in età attiva.
Crescono anche le abitazioni e si registra un’alta concentrazione di lavoratori, con un saldo di imprese positivo nell’ultimo periodo; bene anche la componente straniera (3 volte quella del 2000), soprattutto quella giovanile, che nella scuola è oltre il 60% della media nazionale. La struttura produttiva è insediata con 26 imprese per kmq, un dato del 30% oltre la media nazionale ma ben al di sotto dell’insediamento dell’intera area del benessere che raggiunge le 60 imprese.
Sono i comuni dove maggiore appare il radicamento della scuola non pubblica (20%) e dove la forza lavoro aumenta di qualità con la crescita del tasso di laureati, comunque ancora limitato al 5,3% della popolazione con le aree del benessere italiano al 9%. Cresce anche il numero di diplomati mentre è contenuta al 9% la quota di analfabetizzazione. Altissima concentrazione di qualità riconosciute di tipo turistico-culturale con iniziative, mostre, sagre, fiere, feste paesane, per il 20% oltre la media nazionale, pur ben al di sotto del radicamento nei comuni del disagio. Cala in maniera decisa la superficie agricola utilizzata e la vocazione agricola, contenuta al 9,5% rispetto al 12% della media nazionale..