Home Nazionale Fecondazione: l’8 aprile Consulta decide su divieto eterologa in Italia

Fecondazione: l’8 aprile Consulta decide su divieto eterologa in Italia

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Roma, 3 apr. (Adnkronos Salute) – Consulta di nuovo riunita, in udienza pubblica il prossimo 8 aprile, sulla legge 40/2004 che regola la procreazione medicalmente assistita in Italia. La questione di legittimità costituzionale riguarda questa volta la donazione di gameti, ossia la cosiddetta fecondazione eterologa: la possibilità, quando uno dei due partner è sterile, di ricorrere a spermatozoi o a ovociti ‘esterni’ alla coppia per concepire un bebè, pratica oggi vietata in Italia. Per quanto riguarda il divieto di ricerca scientifica sugli embrioni in surplus, la Consulta attende invece una decisione della Corte dei diritti dell’uomo. Il giudizio che si discuterà l’8 aprile è stato richiesto da 3 coppie, rispettivamente di Firenze, Milano e Catania, che si erano rivolte ai Tribunali di queste città nel 2010. Ma davanti alla Corte costituzionale saranno discusse solo le ordinanze di Catania e Milano.
Posta ‘sotto processo’ per una trentina di volte di fronte a tribunali da Nord a Sud e anche alla stessa Consulta, che ha già analizzato una volta anche la tematica dell’eterologa, “la legge 40/2004 – ricorda all’Adnkronos Salute l’avvocato Maria Paola Costantini, anche referente nazionale di Cittadinanzattiva per le politiche della Pma, che insieme a Marilisa D’Amico, Massimo Clara e Sebastiano Papandrea difende le due coppie, sostenute dalle Associazioni Hera, Sos Infertilità e Cittadinanzattiva – è già stata giudicata incostituzionale dalla Consulta con la sentenza 151/2009, che ha dichiarato illegittime le norme sul divieto di creazione di più di 3 embrioni, sull’obbligo di trasferimento di tutti gli embrioni prodotti in un unico e contemporaneo impianto e sul divieto di crioconservazione in caso di pregiudizio alla salute della donna. La Consulta ha riconosciuto che vanno tutelate ‘le giuste esigenze di procreazione’, che è prioritaria la salvaguardia della salute della donna e che a lei insieme al medico spetta la decisione in merito all’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita”.
“Le coppie che questa volta hanno sollevato la questione – ricorda il legale – sono affette dalla sterilità di uno dei partner e, in particolare, a Catania la donna è affetta da menopausa precoce, mentre a Milano l’uomo ha avuto problemi di azoospermia assoluta. La richiesta è stata quindi di accedere alla donazione di gamete intesa come unica procedura medica in grado di consentire di aver un figlio e quindi di poter perseguire un progetto genitoriale. La questione è quindi ancorata alla richiesta di tutela della salute riproduttiva”.
La Corte costituzionale si era già pronunciata nel maggio 2012 (ordinanza 150/2012) sulla fecondazione eterologa, senza giungere a una decisione, ma restituendo gli atti ai giudici rimettenti per valutare la questione alla luce della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 3 novembre 2011 sulla stessa tematica.
Questa volta,”il risultato importante dell’eventuale eliminazione del divieto di fecondazione eterologa oltre a dare una possibilità a persone con problemi di sterilità – riflette Costantini – è quello di eliminare in Italia il mercato dei gameti e ridurre drasticamente il turismo procreativo. Lo sviluppo e l’affermarsi di una migrazione riproduttiva è infatti legata a bypassare i divieti presenti nel proprio paese di appartenenza. Questo comporta che alle ‘ovodonatrici’ sono offerte somme di denaro in cambio degli ovociti da destinare a donne di Paesi che prevedono divieti. Su Internet ci sono innumerevoli pubblicità di centri europei e americani che offrono denaro a giovani donne fertili le quali per pagarsi gli studi o per necessità mercificano i propri gameti”.
“I dati pubblicati nel 2013, dall’Eshre, riferiti all’attività complessiva della riproduzione assistita in Spagna nel 2009 – ricorda ancora il legale – hanno mostrato che sono stati effettuati 52.000 cicli e tra i questi, 10.982 sono stati cicli con donazione ovocitaria, rappresentando il 20,2% di tutta l’attività spagnola e addirittura il 60% di tutte le donazioni ovocitarie in Europa (21.604). E sempre da questi dati risulta che in Spagna il 63% dei trattamenti eseguito su coppie di ‘migranti riproduttivi’ riguardano coppie italiane. Giova ricordare che in questo Paese è previsto un rimborso per le donatrici di diverse migliaia di euro e i costi per una ovodonazione alle coppie in migrazione riproduttiva sono ormai a prezzi proibitivi”.
Per quanto riguarda la fecondazione eterologa, “la questione di legittimità costituzionale – spiega il legale – è circoscritta alle coppie che rispondono ai requisiti dell’art. 5 della legge 40/2004, e quindi alle coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, con partners entrambi viventi. Non è quindi per single, coppie omossessuali o alle cosiddette ‘mamme nonne’. Fa riferimento inoltre alla corretta applicazione dell’art. 1 della legge 40/2004 che include nella protezione anche i soggetti sterili (scopo della legge è quello di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana). E’ a tali bisogni e giuste esigenze che risponde la richiesta di eliminazione del divieto”.
“Infine – ricorda Costantini – la questione riguarda i casi che rispondono a precise condizioni sanitarie e quindi, per l’uomo, ad azoospermie determinate da procedura di radio o chemioterapia, da parotite, gravi dispermie; per la donna a scarsa o nulla capacità ovarica, malattie ereditarie, sindrome di Turner, isoimmunizzazione Rh, pre-menopausa anch’essa spesso effetto di cure di tipo radio e chemioterapiche, tumori ovarici, problemi di endometriosi, patologie autoimmuni”. In conclusione, “è il tempo per decidere ed eliminare un vuoto normativo che determina l’abbandono delle coppie italiane – conclude il legale – e ci sarà comunque un grande lavoro da fare successivamente, per capire i limiti della fecondazione eterologa, o chi la potrà effettuare, ad esempio se anche i centri pubblici o solo i privati, come prima della legge 40/2004”.
Marilisa D’Amico, ordinario di Diritto costituzionale all’Università Statale di Milano e difensore delle coppie, evidenzia “che il divieto di eterologa alla luce della Costituzione e della stessa giurisprudenza della Corte costituzionale risulta caratterizzato da irragionevolezza e sproporzionalità, discriminando tra coppie con problemi sanitari, determinando una differenza di possibilità economiche, che diventa ancora più grave in questa fase di crisi. La Corte dovrebbe riconoscere anche in questo caso, come per quella del 2009 sui tre embrioni, la sussistenza di giuste esigenze di procreazione e indirizzare un monito al legislatore in merito a una maggiore attenzione nel legiferare in materie che colpiscono la vita concreta delle persone e delle loro famiglie”.