Home Nazionale Nel Mediterraneo una biodiversità in cambiamento, navi e pesca tra le cause

Nel Mediterraneo una biodiversità in cambiamento, navi e pesca tra le cause

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Roma, 26 mar. – (Adnkronos) – Dal riscaldamento globale al traffico navale fino ad arrivare allo sfruttamento delle risorse ittiche. Sono queste le cause che rendono la biodiversità del Mediterraneo in rapida evoluzione con un bilancio delle specie, tra ‘vecchie’ e ‘nuove’, ”più o meno in pari”. Anche se, spiega all’Adnkronos, Ferdinando Boero dell’università del Salento, ”è più facile registrare la presenza piuttosto che l’assenza, soprattutto se le specie sono di piccole dimensioni”
Boero, intervenuto ad un convegno organizzato dall’Accademia dei Lincei, spiega le difficoltà nel monitorare il fenomeno: ”In Italia ma non solo, stanno scomparendo i tassonomi ossia coloro in grado di riconoscere le specie e di dar loro un nome. Per cui ci sono sempre meno persone in grado di riconoscere la biodiversità”. Si tratta di ”una grave carenza culturale che dovrà essere colmata in futuro”.
Certo è che ”il riscaldamento globale sta cambiando in modo radicale la vita nel nostro mare”. Infatti, ”centinaia di specie ad affinità tropicale stanno entrando nel bacino e vi stabiliscono popolazioni più o meno stabili che, in alcuni casi, stanno cambiando il funzionamento degli ecosistemi. Parallelamente, ma in modo meno evidente, le specie ad affinità fredda sembrano in crisi”.
Oltre alle specie tropicali che si sostituiscono a quelle autoctone, c’è anche la moria passiva. E’ il caso delle gorgonie: ”si tratta di foreste lungo le coste rocciose del nord del Mediterraneo, che sono morte in una sola notte. La temperatura del mare si era alzata moltissimo perché lo strato riscaldato era sceso fino a 50 metri quando di solito dovrebbe stare a circa 12 metri a quelle latitudini. C’è quindi una sensibilità molto forte a questi cambiamenti di temperatura che porta alla mortalità di intere popolazioni lungo centinaia di km di costa”.
Ad introdurre specie marine invasive ci pensa anche l’acqua di zavorra. Tutte le navi, infatti, utilizzano acqua di zavorra come stabilizzatore dello scafo, che viene poi scaricata nel mare d’arrivo. Le navi trasferiscono circa 10-12 miliardi di tonnellate di acqua di zavorra in tutto il mondo ogni anno e insieme all’acqua vengono trasferite migliaia di specie marine.
Sono inclusi batteri e altri microbi, piccoli invertebrati e uova, cisti e larve di varie specie. Si stima che in qualsiasi momento, da 3.000 a oltre 4.500 specie diverse sono presenti nelle acque di zavorra delle navi di tutto il mondo. La stragrande maggioranza delle specie marine trasportate non sopravvive al viaggio. Tuttavia, quando tutti i fattori sono favorevoli, una specie nuova per l’ambiente ospitante, può riprodursi e diventare invasiva, prevaricando le specie autoctone. Il risultato è la modifica di interi ecosistemi.
Un caso è quello della mnemiopsis; si tratta di uno ctenoforo, ossia di un organismo superficialmente simile alle meduse. Questo organismo, spiega Boero, ”arrivato nel mar Nero circa 30 anni fa attraverso le acque di zavorra, si è trovato bene e ha sviluppato una popolazione enorme visto anche l’assenza di predatori”. Purtroppo però questo ctenoforo ”si è mangiato tutte le uova e le larve dei pesci del Mar Nero, facendo crollare la pesca”.
Infine, a tediare l’ecosistema del Mediterraneo ci si mette anche la pesca invasiva. ”Oggi la maggior parte dei pesci sono di acquacoltura, perché non ci sono più pesci in mare. Abbiamo tolto i pesci e la natura ha colmato questo vuoto con le meduse”.
I pesci di acquacoltura ”sono allevati con farine che provengono da pesci più piccoli pescati da popolazioni naturali”. Insomma, ”abbiamo eliminato i pesci grossi che ora stiamo allevando e stiamo pescando quelli piccoli per darli da mangiare a quelli grossi. Questa si chiama follia e stiamo raschiando il fondo del barile”. Le meduse, conclude Boero, “sono un campanello di allarme che ci dice che stiamo trattando male l’ambiente”.