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Randstad: per il 45% delle aziende difficile attrarre talenti

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Milano, 7 nov. (Labitalia) – Le aziende italiane hanno difficoltà ad attrarre i migliori talenti, soprattutto se operano in un settore di scarso interesse o l’attrattività del marchio è debole, in assenza di politiche di employer branding. E così il 45% dei manager italiani prevede di dover gestire una carenza di figure professionali competenti nel prossimo anno. Ma, in una situazione economica incerta, insieme a realtà che tagliano i costi e licenziano personale, ci sono segnali di ottimismo: il 45% delle aziende ha assunto nuovi dipendenti e la metà ha visto aumentare il livello delle retribuzioni. Quanto ai benefits offerti ai dipendenti, sono in maggioranza opportunità di formazione, bonus e carriera, ma solo in un caso su quattro si punta su uno stipendio interessante e in uno su dieci sulla partecipazione agli utili.
E’ quanto risulta dalla ricerca ‘Salary, Benefits and Workplace Trends’, realizzata da Randstad, secondo operatore mondiale nei servizi delle risorse umane, attraverso interviste condotte nei mesi di febbraio e marzo 2014 a 102 importanti decision makers di aziende italiane di diversi settori su argomenti relativi all’economia, ai processi di selezione del personale, alla sostenibilità, alle tendenze e all’innovazione del posto di lavoro, degli stipendi e dei benefits, presentata presso la sede Randstad di Milano.
Lo strumento più comune per far fronte a questa carenza è quello di offrire programmi di istruzione e formazione, ma c’è anche chi fa ricorso a fornitori esterni e chi proverà ad assumere personale all’estero. Ad ogni modo, sei aziende su dieci non utilizzano ancora metodi di selezione del personale innovativi e quelle che già lo fanno si affidano soprattutto a reti professionali e social network, mentre pochissime utilizzano colloqui informali, speed date for job, video curriculum o fiere virtuali.
“Il mercato del lavoro è in continua evoluzione – afferma Mariapia Sgualdino, responsabile della divisione Randstad Professionals di Milano e Torino – soprattutto a causa della volatilità dello scenario economico. Le aziende, oltre a concentrarsi nel mettere in evidenza le loro competenze fondamentali, si stanno focalizzando sui piani futuri per rafforzare la loro posizione rispetto ai concorrenti, consolidare i successi raggiunti e cogliere le eventuali opportunità di crescita. Non è un compito facile: è necessario ricorrere a metodi di selezione personale anche innovativi per reperire i migliori talenti disponibili; poi, trattenerli e farli crescere con un uso oculato di vari strumenti come formazione, percorsi di crescita e benefits adeguati, utilizzando correttamente anche la leva salariale. Bisogna pianificare la forza lavoro tenendo conto della coesistenza ormai di tre generazioni di lavoratori, con esigenze molto diverse. Ma è necessario comprendere – avverte – che il momento attuale è anche l’occasione per ripensare strategie di organizzazione e risorse mane”.
Le sfide più importanti nel campo delle risorse umane per il 2014 sono, dunque, quelle di aumentare la performance e la produttività, attirare talenti per la prossima fase di crescita e creare o mantenere un buon ambiente di lavoro. La gestione delle aspettative salariali, invece, non sembra costituire una sfida di rilievo secondo le aziende italiane. Le tre competenze più importanti che i manager delle aziende italiane devono avere in termini di leadership sono: capacità di adattarsi alle nuove esigenze dell’attività, capacità di motivare e stimolare gli altri e saper costruire rapporti di fiducia.
Il 45% delle aziende prevede, quindi, di dover gestire una carenza di figure professionali competenti nel prossimo anno. Lo strumento più comune per far fronte a tali carenze è offrire programmi di istruzione e formazione (scelti dal 70%), seguita dall’aumento del ricorso a fornitori esterni (35%) e dall’assunzione di personale estero (26%).
Pochissime aziende intendono assumere più lavoratori part-time. In media, gli intervistati danno un giudizio scarso (pari a 6,8 su una scala da 1 a su 10) sulla capacità della propria azienda di attirare i migliori talenti. I principali motivi di questa difficoltà sono lo scarso interesse suscitato dal settore in cui opera l’azienda (31%) o la scarsa reputazione dell’azienda e deboli politiche di employer branding (30%). Ma si segnala anche la mancanza di opportunità di carriera interna (22) e stipendi e benefit poco interessanti (18%).
Per selezionare i candidati ideali, il 79% delle aziende si affida a società di selezione del personale, il 62% a società di selezione quadri e dirigenti, il 51% alle referenze/segnalazioni dei dipendenti o alla selezione presso le università. Nel 2013, circa tre aziende su quattro hanno assunto nuovi dipendenti, sia personale in somministrazione (76%) che di middle/senior management (73%). Il personale in somministrazione è impiegato principalmente nelle divisioni produzione, contabilità/ finanza, vendite e ingegneria. Durante le procedure di assunzione vengono solitamente verificate e valutate la formazione e le qualifiche, oppure le referenze e i diplomi, ma un quarto delle aziende controlla anche la fedina penale dei candidati. Solo un ristretta minoranza (4%) sottopone i candidati a test del QI.
I dipendenti delle aziende italiane restano nello stesso posto di lavoro per un periodo relativamente lungo. Nell’80% dei casi, il turnover riguarda dipendenti con un’anzianità di oltre 5 anni. Secondo le aziende intervistate, anzi, tra le persone con un’anzianità non superiore ai 2 anni, non c’è addirittura ricambio. La maggior parte delle società propone come benefits corsi di formazione (80%), bonus (75%) o possibilità di carriera (71%). Seguono l’assicurazione medica, posizioni di lavoro flessibili e pensione integrativa. Solo il 27% offre uno stipendio interessante, il 26% un’assicurazione sulla vita. E appena una minoranza del 9% prevede la partecipazione agli utili aziendali.
Nonostante la difficoltà manifestata nel reperire i migliori talenti, il 57% aziende italiane non utilizza metodi innovativi di selezione del personale. Quelli usati più di frequente sono le reti professionali (26%) e i social network (25%). Mentre una ristretta minoranza ricorre ad altre modalità, dall’invito a pranzo dei candidati (8%), allo speed dating for job (7%), alle fiere professionali virtuali (5%), al video cv (3%) o indire gare e concorsi (2%). Chi utilizza social network per la selezione del personale, in particolare lo fa per ricercare di manager e impiegati. La maggior parte degli intervistati li valuta “tutto sommato utili” nel processo di selezione del personale e almeno uno su quattro li considera “molto utili” per ricercare potenziali candidati. Ma i siti di networking sono meno utili quando si ricercano dirigenti e assistenti. Nella maggior parte dei casi, le aziende hanno introdotto nuovi modi di lavorare riconfigurando competenze e procedure esistenti. Meno della metà degli ha iniziato ad adottare un tipo di collaborazione più estesa e aggregata, oltre un terzo ha creato un ambiente in cui i dipendenti imparano e allo stesso tempo insegnano (learning organization).
Una delle sfide più impegnative per le risorse umane è tenere conto della coesistenza di tre generazioni di lavoratori nella pianificazione della forza lavoro: generazione Y (nati tra il 1981 e il 1999), generazione X (nati tra il 1965 e il 1980), generazione Baby Boomers (nati tra il 1946 e il 1964). Ma solo il 33% dei manager si dice preparato a gestire una forza lavoro così composta. Le aziende devono, quindi, provare metodi di selezione innovativi e attuare politiche del lavoro specifiche per ciascuna generazione.
Le politiche del lavoro per i giovani della cosiddetta generazione Y (15-33 anni) prevedono soprattutto maggiori opportunità di carriera a livello internazionale, programmi di formazione personalizzati e coinvolgimento in progetti di ricerca e sviluppo (mentre la concessione di maggior tempo libero sembra avere un’importanza minore). Per la generazione X (nati tra il 1965 e il 1981), ai primi posti ci sono un orario lavorativo flessibile, piani di crescita professionale e possibilità di lavorare part-time. Per la generazione del ‘Baby Boom’ (nati tra il 1946 e il 1964), infine, le politiche del lavoro in grande maggioranza prevedono l’affiancamento dei nuovi assunti ai colleghi più esperti (76%), affinché trasmettano la loro esperienza, poi un orario di lavoro più flessibile e la possibilità di partecipare a programmi di formazione continua.
E la crisi ha avuto conseguenze negative per molti, ma non per tutti. Per il 33% delle aziende l’attività è peggiorata per effetto dell’andamento dell’economia rispetto allo scorso anno e la stessa quota indica che è migliorata, mentre per il 30% l’economia ha influito poco o per nulla sull’andamento dell’attività aziendale. Tra gli effetti più comuni della condizione economica attuale, ci sono così aspetti negativi come la riduzione dei costi (nel 45% dei casi) e i licenziamenti dei dipendenti (nel 32%) e dei collaboratori (32%). Ma il 45% è anche stato in grado di assumere nuovi dipendenti e il 32% di aumentare le collaborazioni con consulenti/dipendenti a tempo determinato.
Le previsioni sull’andamento dell’economia italiana sono ottimistiche: la maggior parte degli intervistati ritiene che si registrerà un cambiamento della situazione economica dopo il 2014 e l’87% pensa che tale cambiamento sarà positivo. Di conseguenza, oltre la metà dei partecipanti prevede che la propria azienda cresca nel 2014.
In circa metà delle aziende (49%), gli stipendi sono aumentati negli ultimi 12 mesi, mentre per il 43% sono rimasti praticamente invariati e solo il 6% ammette che gli stipendi sono diminuiti. In maggioranza, nel 56% dei casi, gli stipendi si livellano tra aziende concorrenti, solo in un caso su quattro l’intervistato ritiene che il livello degli stipendi della propria azienda sia superiore a quello dei concorrenti e nell’11% più basso.