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Il ritorno degli studenti del liceo “Francesco Redi” da Lampedusa

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Il ritorno degli studenti del liceo “Francesco Redi” da Lampedusa

Conferenza stampa al liceo scientifico “Francesco Redi” con il preside Anselmo Grotti e gli studenti che giovedì 8 aprile sono andati a Lampedusa nell’ambito di un progetto della comunità di Sant’Egidio prendendo confidenza con quella che è la situazione della cosiddetta “porta dell’Europa”.

“Eravamo una delegazione toscana di 140 persone – ha sottolineato Anselmo Grotti – di cui 23 da Arezzo, 18 erano gli studenti del liceo, in rappresentanza di tutte le classi, dalla prima alla quinta. Abbiamo visitato i luoghi simbolo di Lampedusa, dal centro di accoglienza al cimitero delle barche, e i ragazzi una volta tornati hanno sollecitato questo incontro come modo per continuare la riflessione partita sull’isola. Mi preme anche ricordare, sempre a proposito di studenti, che i nostri ragazzi ottengono risultati importanti anche sul piano didattico e che obiettivo principale della scuola è quello di abbinare la passione civile alla passione per lo studio”.

Ed eccoli gli studenti: “la prima cosa che colpisce di Lampedusa è che è piccola, oltre che bellissima. Gli abitanti seppure nella difficoltà ci hanno parlato di esperienze di vita e di accoglienza. Il problema esiste, inutile negarlo, viverlo non è come vederlo in tv, l’aiuto deve venire dall’Europa ma tutti nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa”.

L’assessore all’integrazione del Comune di Arezzo ha affermato di avere vissuto una forte esperienza nel conoscere Lampedusa e di essere rimasta colpita dalle parole della sindaca Giusi Nicolini che ha a sua volta ricordato come le isole siano luogo di sosta per migratori, in natura, e per uomini. E questo è tanto più vero per un luogo a metà tra Africa e Italia.

“Da Arezzo quello che possiamo fare è dare il nostro contributo alla seconda accoglienza che, mentre giustamente chiediamo che sia distribuita tra paesi europei, dobbiamo distribuire tra regioni e città italiane. È nostro interesse che le persone accolte siano accompagnate in una prima fase per poter divenire autonome: per la richiesta di asilo, la lingua italiana, l’inserimento nella società. Abbandonarle a se stesse vuol dire poter creare pericolose sacche di emarginazione. Roma e Bruxelles lavorino su questo delicato tema con serietà, evitando imbarazzanti rimpalli di responsabilità e affrontandolo razionalmente”.

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