Home Nazionale Tumori: 20 anni di Ieo, dal sogno di Veronesi a futuro prevenzione su misura

Tumori: 20 anni di Ieo, dal sogno di Veronesi a futuro prevenzione su misura

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Milano, 29 mag. – Tutto comincia più di 20 anni fa, con un sogno. Quello di costruire a Milano “un grande istituto europeo, che sia il faro, il punto di riferimento per l’Europa, dove si faccia ricerca più avanzata, dove i giovani vengono a imparare e dove soprattutto si pensi al futuro”. Il sogno dell’oncologo Umberto Veronesi. Da questa visione, e dall’incontro di uno scienziato con un banchiere, nel 1994 nasce l’Ieo.
Il futuro è tutto da scrivere, e porta alla sfida di “arrivare il più vicini possibile all’obiettivo ‘mortalità zero’” e di affilare le armi della prevenzione, con il miraggio di “mappe personalizzate del rischio e delle scelte” per difendersi dal cancro prevenendolo, ricordano oggi i condirettori scientifici dell’Irccs, Pier Giuseppe Pelicci e Roberto Orecchia, tra i collaboratori più stretti dell’ex ministro della Sanità padre fondatore dell’Ieo, che nel giorno della celebrazione del ventennale del suo Istituto europeo di oncologia è stato costretto a dare forfait per via degli strascichi di una caduta in casa. I medici gli hanno prescritto assoluto riposo, ma l’oncologo ha voluto preparare un video per l’occasione, in cui ripercorre le origini del centro.
La sua visione? “Qualcosa di più di un programma di collaborazione per una città”. Un centro europeo. Ai tempi “pura fantasia – ricorda Veronesi – perché non c’era modo di realizzarlo, questo istituto. Fino a quando successe una cosa bizzarra: il presidente di Mediobanca, Enrico Cuccia, un giorno mi fece chiamare, mi presentò il suo programma molto ambizioso. Mi disse: ‘Ormai è arrivato il momento che si metta ordine nella sanità. Noi con la nostra forza vogliamo creare una rete di istituti di cura di alta qualità’. Risposi che sì, erano cose molto belle, ma il Paese ha bisogno di qualcos’altro: dobbiamo progredire nella ricerca. Non possiamo solo essere medici che applicano quello che altri scoprono. Dobbiamo noi stessi essere in prima linea nella ricerca. E per questo occorre una cosa diversa”.
“Fino ad allora – racconta ancora Veronesi – gli architetti erano abituati a progettare gli ospedali pensando alla centralità del medico. Io ho detto no, cancellate tutto questo: è il paziente al centro di tutti i nostri interessi, tutto deve ruotare intorno a lui. Il paziente deve essere libero, andare dove vuole, ricevere chi vuole tutto il giorno, mangiare quello che desidera all’ora che vuole. Deve essere una persona privilegiata”. Nasce l’Ieo “che ha visto grandi banche e aziende unite nella creazione di una grande realtà”, sottolinea l’amministratore delegato Mauro Melis. “Oggi, nonostante il mutato scenario della sanità, facciamo più fatica ma i ricavi sono in crescita, i margini positivi in miglioramento. Investiamo in ricerca senza ricorrere agli azionisti. Non chiediamo aiuto alle istituzioni, ma il riconoscimento di un’eccellenza”.
Alle porte dell’Irccs, nel periodo 1994-2013, hanno bussato 1,7 milioni di persone, di cui oltre 617 mila sono diventate pazienti per il 50% da altre Regioni e circa 5 mila da Paesi stranieri. I numeri che raccontano l’Ieo sono tanti: 280 mila ricoveri e quasi 200 mila interventi chirurgici, di cui 53 mila per tumore al seno (e 24 mila per chirurgia plastica ricostruttiva), 37 mila i pazienti di radioterapia (trattati per il 70% con procedure a tempi ridotti). Il futuro, riassume Pier Giuseppe Pelicci, condirettore scientifico dell’Irccs milanese, sarà continuare la corsa in avanti nella lotta al cancro. “Da un lato – spiega – aumentare la specificità delle cure per una maggiore efficacia e minore tossicità”.
Ma il futuro è anche arrivare prima, “puntare sull’anticipazione diagnostica, perché più un tumore è piccolo più è fragile. L’idea è di lavorare a test semplici, su sangue, urina, a caccia delle molecole ‘sputate’ fuori dal tumore. Trovarlo attraverso i prodotti strani dei suoi geni alterati. Vorremmo cercare nel sangue lo specchio del tumore. Penso alle potenzialità del microRna”.
E poi c’è la prevenzione, continua lo scienziato. “Bisogna lavorare anche sulla predisposizione genetica. Sappiamo che ci sono circa un centinaio di geni, ne sappiamo usare bene una decina. Servono strumenti che consentano di fornire mappe individuali del rischio e delle scelte per poter cambiare la propria condanna del Dna, il proprio destino rispetto al tumore. Potremmo riuscirci nei prossimi 10 anni. Anche se la nostra società finora ha fatto di tutto per aumentare il rischio”. Ad oggi, nella lotta al cancro, “manca però un alleato”, secondo Pelicci: “La politica. Oggi la ricerca scientifica e la battaglia concro il cancro non è al centro delle agende politiche. La mobilitazione che ha portato a sconfiggere l’Aids non c’è stata per il cancro. Dobbiamo fare in modo che la società decida di non volerlo più”.
Ora si apre un “ventennio assai più complesso di quello passato – riflette Veronesi, in un messaggio scritto per l’occasione – Presto riusciremo a curare anche i tumori che oggi sfuggono ancora al controllo. Sarà necessario concentrarci sulla ricerca sperimentale e clinica”. Ma anche “sulla prevenzione della popolazione generale, con i medici che dovranno modificare il loro linguaggio” per questo.
Veronesi parla di alleanza con i mezzi di comunicazione di massa e di “un programma di prevenzione oncologica” per il quale “bisognerà studiare i cancerognei ambientali, dai raggi cosmici alle radiazioni che provengono dal sottosuolo, ai coloranti artificiali, i pesticidi, le polveri sottili, le sostanze chimiche che ci circondano (amine aromatiche, amianto, benzolo, aflatossine). E i virus oncogeni che provocano il 20% dei tumori umani. Dovremo occuparci degli stili di vita della popolazione, lanciando una grande azione contro il fumo e prestando attenzione all’alimentazione”. I punti di forza? Fra gli altri “contiamo sull’arrivo di una nuova generazione di ricercatori, preparata, motivata, entusiasta che crede nel futuro”.