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Omelia dell’Arcivescovo per la Madonna del Conforto

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Omelia dell’Arcivescovo per la Madonna del Conforto
Madonna Conforto - Riccardo Fontana

Madonna del Conforto 2015

Conferimento del mandato ai Ministri straordinari della Comunione, ai Lettori e agli Accoliti

Omelia dell’Arcivescovo nella Chiesa cattedrale +++ 15 febbraio 2015

Fratelli e sorelle nel Signore,

la Madonna del Conforto ravvivi la nostra speranza e ci dia coraggio!

  1. Siamo affidati alla Madonna

 

Lo abbiamo appena ascoltato: Gesù in croce affida Giovanni a Maria, e Maria a Giovanni. Maria è il modello della Chiesa; Giovanni, conclude il Nuovo Testamento: ci racconta tutto quello che è necessario di sapere su Gesù. La Chiesa e la Scrittura danno testimonianza dell’Amore crocifisso e alla gioia della Resurrezione, completandosi a vicenda.

L’ultima parola che Gesù in croce rivolge a tutti noi è un atto di fiducia: affida a noi il tesoro del Vangelo nel giovane Giovanni, e la comunità intera nelle mani di Maria.

 

  1. Il tema della maternità della Chiesa: superare l’indifferenza con l’impegno.

La festa del Conforto è l’occasione giusta per chiederci in quale modo la maternità della Chiesa di manifesta. Ai cristiani in ogni generazione tocca mediare tra la Parola di Dio e i segni che la confermano. A cominciare dalla prima comunità degli Apostoli, fino a nostri giorni, ogni generazione di cristiani ha dovuto trovare i modi per mediare tra la Parola di Dio e i segni che la confermano, come Gesù che, nella vita pubblica, sempre affiancò il segno dei miracoli “all’insegnamento nuovo dato con autorità”. Come scriveva il Vescovo Niccolò Marcacci, il giorno dopo il prodigio della Madonna del Conforto, il vero miracolo è che gli aretini siano tornati alla fede. Ecco il segno che il Vangelo è stato credibile.

La Chiesa diventa credibile se riesce a imitare la Madre di Gesù: a dare conforto a chi è nella difficoltà. L’efficacia non è soltanto nella concretezza dei gesti e neppure solo nelle rette intenzioni di chi li compie. E’ Gesù che si affida a noi, continuando ad agire per nostro tramite. E‘ Lui che salva, Lui che conforta, Lui che ci aiuta. La Madonna è la perfetta discepola del Cristo, ma è anche il progetto al quale i cristiani si riferiscono per praticarlo. Occorre fare come Lei, la santa Vergine di Nazareth, che appena ricevuto l’annunzio dell’angelo, si mette in cammino per aiutare chi è nel bisogno. Appena diventata Madre di Dio, non cerca privilegi, né comodità, ma si mette al servizio.

La Chiesa esprime la paternità e la maternità di Dio se esce dall’indifferenza che distingue la cultura del nostro tempo e si pone con amore ad aiutare chi è nel bisogno, a fare di se stessa, secondo la preghiera francescana, “istrumento della sua pace”.

 

  1. Alla Chiesa è chiesto di raccontare Gesù.

L’Evangelizzazione non è opera soltanto nostra, è opera principalmente di Dio, che da secoli muove il suo popolo sulle sette corde della grande cetra che sono le opere di misericordia. Occorre che, nella nostra vita e nei servizi che rendiamo agli altri, sempre traspaia Gesù.

Il Vangelo va detto in modo comprensibile agli ascoltatori. Occorrono i giovani per rendere possibile questa comunicazione. Come la predicazione di San Pietro a Roma, lui povero pescatore di Galilea, diventa comprensibile attraverso la parola del giovane Marco, anche oggi occorre chi fa capire il Vangelo a questa generazione, chi fa da ponte e aiuta a comprenderlo per farlo riconoscere come parola di Gesù . Non è un problema soltanto di linguaggio. Nel cuore del nostro Medioevo, Sant’Antonio di Padova, predicava al popolo: “Tacciano le parole, parlino i fatti”. La Chiesa che è sacramento primordiale della salvezza operata da Gesù, è chiamata a raccontare Lui, nella semplicità dei segni, nella soprannaturalità della liturgia. Occorre chiederci sempre se i nostri segni sono leggibili, se la nostra opera riesce ad intercettare la sete di Dio che è presente in ogni persona umana.

 

  1. Un mondo di fratelli e sorelle. 50 anni fa i Padri della Chiesa riuniti in Concilio, ripeterono la dottrina antica, che cioè la nostra comunione è per la missione; la Chiesa è stata voluta da Gesù per far riscoprire, a tutti gli uomini e a tutte le donne della Terra, che la volontà di Dio è che tutti siamo una sola famiglia.

Questa verità, che è stata resa efficace, con il sacrificio di Gesù in croce, e la Sua resurrezione, il Vangelo la chiama Regno di Dio, cioè progetto di Dio che si va realizzando nel tempo, già presente, non ancora compiuto: uno solo è il Padre, tutti siamo figli della stessa famiglia, indipendentemente dal colore della pelle, dalla cultura, dalla provenienza. Ci è chiesto di fare la nostra parte perché attraverso l’impegno, il sacrificio di ciascun cristiano, il “non recuso laborem “ di San Martino, si completi ciò che manca alla passione di Cristo.

Questa festa della Madonna del Conforto è l’occasione propizia, il tempo giusto perché ciascuno andando a visitare la presenza di Dio nella propria coscienza, si rinnovi e diventi vero nel cuore e manifesti con concreto impegno la propria volontà, come dice Papa Francesco: essere una Chiesa in uscita.  

 

  1. Gesù seguita ad affidare alla sua Chiesa dei compiti.

 

Ogni cristiano è chiamato a fare la propria parte. Siamo tutti chiamati alla conversione. Ci è chiesto di abbandonare il cuore di pietra che è dentro di noi, come dice il Profeta, e di ritornare ad essere più umani, con un cuore di carne. Saremo capaci attraverso la Grazia che la Madonna intercede per noi, di uscire da questa antica cattedrale con l’impegno di dedicare la nostra vita al servizio degli altri? Se hai pregato intensamente, se nel silenzio di questo pellegrinaggio interiore hai ascoltato la voce di Maria, rinnova la tua vita, ringiovanisci il tuo cuore, torna ad essere disponibile a fare ciò che Dio ti chiede, a scoprire e mettere in pratica la tua vocazione.

  1. La Madonna è l’esempio perfetto del conforto che viene dall’incontro con Gesù: a noi tocca di imparare a portare conforto e speranza con l’esercizio della carità.

Dobbiamo lasciarci interpellare dal tempo presente. Papa Giovanni, il Santo, amava ripetere che occorre “leggere i segni dei tempi”. In questa città provata e per molti versi marginalizzata, noi siamo convinti che c’è un grande bisogno dei cristiani. Una fede forte sostiene la speranza. Fissando gli occhi sulla piccola immagine del prodigio, noi sappiamo bene che come avvenne nel 1796, in quella “taverna oscura” presso Porta San Clemente, anche oggi può avvenire che Arezzo si compatti ancora attorno al Bene Comune, nella scelta di servizio, nel recupero di quella carità che ancor prima di essere una sinfonia di opere buone, deve essere una cultura, cioè una convinzione interiore, che motiva e sostiene il nostro operare nel mondo.

Per fare carità cristiana non bastano le opere: esse stesse vanno animate d’amore. Gesù ha voluto che noi fossimo le sue mani per aiutare gli altri, ma soprattutto il suo cuore per capire le necessità degli altri. Ogni parrocchia, comunità, gruppo ecclesiale è chiamato a mettersi al servizio.

Tutti insieme, i 246 campanili della nostra Chiesa, devono imparare a suonare all’unisono con quella torre grande che i miei predecessori vollero che svettasse sul colle dei Santi Pietro e Donato. Come il campanile del Duomo fa da riferimento a tutta Arezzo, così l’opera della Chiesa, la sua fede, il suo impegno, deve vincere questo tempo di riflusso nel privato e di cultura della ricerca del proprio interesse. Dobbiamo educarci ad ascoltare Dio che parla e ad obbedire a ciò che Maria seguitata a ripeterci da quella festa di nozze a Cana di Galilea: “Fate quello che Egli vi dirà”.

 

  1. Nella Chiesa tutti dobbiamo raccontare Gesù, evangelizzare, con le parole e con il nostro comportamento.

 

I tempi ci chiedono d’essere tutti impegnati. Il Papa tuona ogni mattina chiamandoci alla responsabilità: non si rivolge ai preti, ai frati e alle suore soltanto, ma a tutti coloro che credono in Cristo e agli uomini di buona volontà.

Se tante primavere hai visto sinora, usa la sapienza per confortare e motivare chi hai intorno. Se sei giovane, saprai certamente usare la forza dei tuoi anni verdi perché i sogni diventino realtà, magari attraverso il tuo personale sacrificio. Se appartieni a quella grande maggioranza di uomini e donne che compongono la nostra società, Dio ti liberi dal vano mormorare, dal parlare calunnioso, dalla critica senza costrutto. Aiuta i più giovani a non perdere l’occasione che Dio ci offre; non lasciare che i più vecchi della tua casa si perdano di coraggio.

 

  1. Abbiamo scelto che in questo giorno di festa siano affidati i ministeri laicali.

 

Alcuni nostri fratelli del Valdarno vengono fatti ministri straordinari della comunione, lettori e accoliti. Vuole essere un segno di questa conversione che invochiamo dalla Madre di Dio a porsi al servizio degli altri come strumento soprannaturale di conforto per l’intera comunità.

Dobbiamo tornare a mettere le mani dentro la storia per cambiarla in modo significativo e libero, attraverso impegni che sono resi possibili, se si incontrano la Grazia di Dio e la buona volontà dei cristiani. La Madonna ci chiama a raccolta.

 

  1. Prima di tutto attenti ai più deboli: i malati gli anziani, i disabili. Ogni comunità deve poter disporre, oltre che del parroco, di un largo numero di laici e di laiche che abbiano deciso di tenere viva l’attenzione verso i più deboli, in una maniera soprannaturale. Perché cristiani abituati per una vita intera ad accostarsi alla santa Comunione ogni domenica, quando diventano vecchie e malati debbono esserne privati? Non si trova qualcuno dei nostri fedeli disponibile a fare questo servizio, al termine della messa parrocchiale della domenica?

Ovviamente il contatto con i malati non deve essere limitato ad azioni sacre. Portare la Comunione ai malati deve essere un gesto di delicatezza nel contesto di una relazione amicale, che vinca la solitudine e mantenga l’infermo in relazione con la propria comunità.

Ai ministri della Comunione, sotto la responsabilità dei rispettivi parroci, affido anche di tener viva la preghiera nelle frazioni minori, dove possono essere di valido aiuto perché, soprattutto il culto eucaristico non vada in desuetudine.

 

 

  1. Poi la parola del Vangelo: non basta leggere, occorre far capire.

Al lettore è chiesto di avere un legame speciale con la Parola di Dio, di farne oggetto di quotidiana meditazione. Vogliamo che chi si dedica alla Sacra Scrittura, con un cammino pur lento ma costante, ne acquisisca la competenza: Sant’Agostino insegnava che si riesce a passare agli altri solo quanto è diventato prima di tutto patrimonio personale: “meditata aliis tradere”.

Con l’istituzione rinnovata di lettori la Chiesa diocesana pone l’auspicio che in ogni comunità, specialmente nelle Unità Pastorali, la liturgia della Parola della successiva domenica venga preparata con un gruppo liturgico, intento a comprendere e rendere più accessibile agli altri la Parola di Dio.

 

  1. Quello dell’Accolito è il servizio di rendere più agevole la liturgia, specialmente quella Eucaristica.

Il compito che affidiamo a questi fratelli è innanzitutto di aiutare la comunità e il presbitero, con impegno prima di tutto di vita cristiana intensa, poi anche di collaborazione intelligente e fattiva con il proprio parroco. La cura e il decoro dell’altare sono affidati all’accolito, perché quando si aduna la santa assemblea, non manchino né il pane fresco, né il vino richiesti per la Santa Eucaristia.

Il decoro dell’aula ecclesiale e il discernimento delle forme semplici ma degne da proporre al parroco e alla comunità è un vero ministero. Affidiamo a questi fratelli di essere sobri nell’agire e umili nel collaborare, fino al compito di riporre e custodire le Sacre Specie con preghiera quotidiana e ricerca di santità vera. E’ bene che la liturgia si svolga in modo più coinvolgente e sia più bella: che torni al suo splendore, ma non solo quello dei secoli passati, ma usando i linguaggi del nostro tempo con misura, garbo e attenzione per le cose di Dio.

 

  1. La scelta di affidare i ministeri laicali celebrando la Festa della Madonna del Conforto vuole avere un forte significato.

 

Obbedienti ai precetti della Chiesa, vogliamo far crescere comunità nelle quali, accanto al parroco, vi sia una ricca presenza di ministri pronti a dar vita ad una esperienza articolata e viva. Una Chiesa meno clericale nelle sue concezioni e nei suoi impegni è un passo concreto per quella “uscita” che il Papa torna a chiederci, come presupposto necessario per una nuova evangelizzazione.

Siamo ben consapevoli che il ruolo dei laici è innanzi tutto nell’animazione della società, nella creazione di famiglie sante, nell’impegno sociale e politico. Sappiamo anche che vi è necessità, oggi, di rinnovare anche dall’interno la identità della comunità cristiana con il coinvolgimento di molti.

La Madonna, che da Gesù in croce ha raccolto la missione di esserci madre, sarà di valido aiuto e conforto nell’opera di rigenerare la presenza della Chiesa in questa vasta e significativa parte della terra d’Arezzo: a Lei affidiamo la complessità del tempo presente e la speranza del futuro.