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Altro che imballaggi, il nuovo packaging è smart e attivo

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Roma, 6 mar. – (AdnKronos) – C’era una volta l’imballaggio, pensato per proteggere più o meno bene il contenuto dalle sollecitazioni esterne, con aggiunta di qualche informazione sul prodotto. La sua evoluzione? Lo smart packaging, che a quelle tradizionali somma funzioni aggiuntive grazie a nuovi materiali, trattamenti di superficie, tecniche di confezionamento.
Insomma, il nuovo concetto di imballaggio è innovativo, tecnologico ed ecologico; punta ad aumentare le proprie performance con un occhio attento ai temi dell’economia circolare, e abbandona il ruolo da comprimario per diventare protagonista. Tanto da meritarsi un libro: “Packaging naturalmente tecnologico – innovazioni sostenibili per il food packaging a base di carta e cartone” di Barbara Del Curto, Politecnico di Milano e Comieco (Edizioni Dativo).
Il 34% del packaging prodotto in Italia è utilizzato nel settore alimentare, ed è proprio grazie agli imballaggi che, in Paesi come il nostro, il deterioramento della merce è stato minimizzato fino a raggiungere percentuali del 2-3% mentre nei Paesi in via di sviluppo raggiunge il 50%. Tra le funzioni del packaging, dunque, c’è quella di prolungare la cosiddetta shelf life riducendo gli scarti, ma oggi si presta sempre più attenzione all’aspetto della sostenibilità.
Molte aziende hanno attivato programmi di ricerca dedicati proprio all’imballaggio e che hanno come obiettivo quello di migliorarne l’efficacia nel mantenere la qualità del cibo e ridurre le contaminazioni ed è così che sono nati gli imballaggi attivi e intelligenti, quelli in grado di interagire con l’ambiente circostante e di monitorare la freschezza del cibo includendo ad esempio agenti attivi nella struttura stessa dell’imballaggio.
Un settore non da poco, visto che il mercato globale degli imballaggi attivi e intelligenti per alimenti e bevande è aumentato, tra il 2005 e il 2014, con un tasso di crescita annuale di circa il 6,9%. Si sperimenta, dunque, e si fa ricerca per trovare le soluzioni migliori non solo per l’alimento che il packaging dovrà contenere, ma anche per quello che sarà il suo futuro ‘a fine vita’, prestando quindi attenzione alla fase di progettazione, minimizzando i materiali e pensandoli sostenibili e riciclabili.
Un esempio interessante è quello della CartaCrusca realizzata da Barilla con l’azienda Favini per la quale si recupera la crusca ottenuta dalla macinazione di grano, orzo, segale e altri cereali che insieme alla cellulosa dà vita a una nuova materia prima; oppure, il Poly-paper nato dalla ricerca congiunta tra il laboratorio di NextMaterials e il Politecnico di Milano.