Home Nazionale Fecondazione: ‘lettera morta’ nei Lea, manca accordo su rimborsi strutture

Fecondazione: ‘lettera morta’ nei Lea, manca accordo su rimborsi strutture

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Roma, 11 dic. (AdnKronos Salute) – Fecondazione assistita per tutte le coppie infertili, grazie ai Livelli essenziali di assistenza? Non è ancora così, nonostante dalla scorsa primavera siano entrati in vigore i nuovi Lea, che avrebbero dovuto garantire un accesso omogeneo e gratuito alla Pma in Italia. Il problema è l’assenza, a oggi, di un accordo sulla tariffa di rimborso alle strutture sanitarie che erogano le prestazioni, “perché la cifra proposta, pari a circa 1000 euro, viene giustamente ritenuta del tutto insufficiente per un pareggio di bilancio. Il rischio, se dovesse essere approvata questa somma, è che i centri pubblici chiuderanno”. A dirlo Francesco Tomei, responsabile del reparto S.S. di Fisiopatologia della Riproduzione umana e banca del seme e degli ovociti dell’ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone e componente della sub commissione sui Lea per la Pma.
“Con 1000 euro – spiega Tomei all’Adnkronos Salute – non si coprono minimamente i costi necessari per erogare una prestazione di Pma di 2° livello. Noi aspettavamo i Lea perché mettessero ordine in una situazione ‘a macchia di leopardo’, dove le varie Regioni italiane hanno agito con normative proprie, con costi e modalità differenti. Ma i nuovi Lea entreranno realmente in vigore solo con i decreti sulle tariffe. Abbiamo lavorato con altre 3 Regioni per produrre un documento che proponesse una cifra adeguata e siamo giunti a calcolare che 2.300 per un ciclo standard di Pma euro consentirebbero un pareggio di bilancio. Questo avveniva due mesi fa, ma voci di corridoio dicono che verrà invece confermata la cifra di 1000 euro”.
Tomei denuncia anche che fra i nuovi requisiti per l’accesso alla Pma è stato “alzato il limite di età della donna da 43 a 46 anni, con un tetto di 6 cicli invece di 3, e altrettanti per l’eterologa oltre un numero non definito di cicli da ovociti/embrioni congelati. Se questo avverrà, si materializzerà uno scenario critico: molti centri chiuderanno, anche perché ai direttori generali se non raggiungono il pareggio di bilancio non viene rinnovato l’incarico; quelli che resisteranno saranno intasati dalle richieste; le liste di attesa si allungheranno arrivando anche a 4-5 anni (oggi sono circa di un anno), il calo demografico si aggraverà, si faranno sempre più fecondazioni eterologhe, soprattutto nel privato, perché le donne invecchieranno in attesa di poter provare ad avere un figlio”.
E se nelle Regioni italiane ancora vigono le precedenti regole, ma la fecondazione omologa viene nella maggior parte dei casi erogata, “l’eterologa a carico del Ssn oggi viene assicurata solo in Toscana e da noi in Friuli”, evidenzia Tomei, la cui struttura nel 2017 ha effettuato “circa 100 cicli di Pma con donazione di gameti (circa 70 nel 2016), con un tasso di gravidanza di oltre il 40%”.
Insomma, “se fino a ieri ognuno faceva come voleva, oggi la situazione non è diversa e, anzi, potrebbe cambiare in peggio, mettendo in condizioni i centri pubblici di rinunciare a lavorare, lasciando tutto ai centri privato. Magari alcune strutture sopravvivranno, ma con lunghe, lunghissime code”.
“Senza un accordo sulla tariffazione in conferenza delle Regioni e poi Stato-Regioni – commenta Maria Paola Costantini, giurista e consulente della Società italiana della riproduzione umana (Siru) – è come se i nuovi Lea non fossero mai entrati in vigore. La mobilità passiva, la sperequazione fra varie Regioni rimangono invariate, l’unico vantaggio è che alcune Regioni hanno firmato accordi con altre e danno maggiori autorizzazioni ai ‘viaggi’ da una parte all’altra dell’Italia. Per esempio il Lazio ha emanato i decreti per cui chi vuole fare l’eterologa può andare a Pordenone. La diagnosi preimpianto è sempre un’incertezza e si può fare solo nel privato e in Toscana. Infine, molti problemi si stanno anche verificando in merito ai farmaci: alcune leggi regionali hanno introdotto l’obbligo di usare il medicinale al più basso costo e questo sta creando problemi di libertà di prescrizione”.