Home Nazionale Migranti: un testimone, così ‘Rambo’ torturò e uccise un uomo

Migranti: un testimone, così ‘Rambo’ torturò e uccise un uomo

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Palermo, 20 giu. (AdnKronos) – “Sono partito dalla Costa d’Avorio a fine luglio del 2016, con altri miei due amici. Siamo arrivati, tramite un bus, ad Agades (Niger) dopo un paio di giorni. Lì ho conosciuto un facilitatore del Mali, il quale, viste le nostre intenzioni di raggiungere la Libia, per poi poterci imbarcare per l’Italia, ci assicurava che era nelle sue possibilità di farci raggiungere Tripoli. Ha preteso ed ottenuto da ciascuno di noi 300.000 CFA (circa 500 euro ndr)”. Inizia così il racconto di Hamed, un giovane ivoriano, tra le vittime di John Ogais, il nigeriano fermato oggi con l’accusa di avere torturato e ucciso diversi migranti in Libia. Hamed racconta anche di avere assistito all’omicidio di un uomo, dopo le torture subite dallo stesso Rambo. “Avuto il denaro, Diakite ci ha portati in una casa di Agades, dove siamo rimasti per 5 giorni – continua il racconto di Hamed – Eravamo circa 100 persone. Trascorsi 5 giorni, tutti gli occupanti della casa, siamo stati caricati a bordo di 7 camioncini, condotti da soggetti del Ciad. Malgrado gli accordi erano di condurci a Tripoli, siamo arrivati a Saba, nel deserto, dopo 4 giorni”.
“Al fine di assecondare le nostre proteste, i trafficanti ci dissero che avremmo stazionato in quel posto solamente un giorno per poi riprendere il viaggio verso Tripoli – dice ancora Hamed agli inquirenti – Di fatto, a Saba, ci hanno condotti all’interno di una vera e propria prigione. Ricordo che all’atto di accedere all’interno di questa grande recinzione ci hanno perquisiti e spogliati di qualsiasi nostro avere, malgrado avevamo già pagato a Diakite. Sostanzialmente vi era un grande muro in pietra di cinta, alto circa 3 metri. All’interno di questo grande spazio vi si accedeva tramite una grande porta. All’interno dell’area recintata vi erano 4 containers, tre per gli uomini e uno per le donne. All’interno di ogni container eravamo circa 200 persone ammassate, eccetto le donne che potevano essere circa 60-70”. “Quindi eravamo in tutto quasi 800 persone – dice – Tale carcere era vigilato ininterrottamente da guardie armate di fucili mitragliatori e pistole, vestiti in abiti civili. Le guardie erano nigeriani, del Ciad, del Ghana, del Gambia. Tutti erano alle dipendenze di Alì, il capo”. ù
“Questo è un libico, il quale giornalmente veniva in quel sito. Egli si presentava con suo fratello Nourou, l’amico Ibrahim ed un altro soggetto, quest’ultimo vestito in abiti militari – racconta ancora Hamed – Preciso che all’interno di questa struttura recintata e vigilata sono rimasto, contrariamente alla mia volontà, circa 5 mesi. Ci era impedito di uscire. Durante tale carcerazione, i trafficanti dissero che per poter uscire dalla struttura e quindi proseguire il viaggio per Tripoli, le nostre famiglie avrebbero dovuto pagare altri 300.000 CFU. Proprio per tale motivo, utilizzando un telefono cellulare messomi a disposizione per l’occasione dai trafficanti, dopo due settimane, contattavo i miei familiari per supplicarli di pagare la somma richiesta”.