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Salute: Istat, speranza vita in Italia 1 anno sopra media Ue ma over 75 stanno peggio

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Roma, 26 set. (AdnKronos Salute) – In Italia nel 2015 la speranza di vita a 65 anni risulta di 18,9 anni per gli uomini e di 22,2 per le donne, più elevata di un anno per entrambi i generi rispetto alla media Ue, ma dopo i 75 anni gli anziani della Penisola vivono in condizioni di salute peggiori. Lo rileva l’Istat che ha diffuso il report ‘Anziani: le condizioni di salute in Italia e nell’Unione europea’.
Per le patologie croniche, nel confronto con i dati europei, emergono in generale migliori condizioni degli italiani tra i meno anziani (65-74 anni), con prevalenze più basse per quasi tutte le patologie e, all’opposto, condizioni peggiori oltre i 75 anni. Circa un anziano su 2 soffre di almeno una malattia cronica grave o è multicronico, con quote tra gli ultraottantenni rispettivamente pari al 59% e al 64%.
In termini di qualità degli anni che restano da vivere in buona salute e senza limitazioni, l’Istat segnala che “l’Italia è ai livelli più bassi, sia rispetto alla media dei Paesi europei (Ue 28) sia rispetto agli altri grandi Paesi europei, soprattutto per le donne”. Nel 2015 – riferisce infatti l’Istituto di statistica – in Italia un uomo di 65 anni si può attendere di vivere ancora 13,7 anni in buona salute, mentre il suo coetaneo del Regno Unito ancora 16,1 anni e in media nell’Ue 14,4 anni. Per le donne italiane di 65 anni la speranza di vita in buona salute è pari a 14,3 anni, contro i 19,3 delle coetanee francesi e una media europea di 15,8 anni. Per la speranza di vita senza limitazioni, a 65 anni si stimano 7,8 anni per gli uomini e 7,5 per le donne, a fronte rispettivamente di 11,4 e 12,3 anni in Germania e di una media europea di 9,4 anni per entrambi i sessi.
Il 37,7% degli anziani italiani – continua il rapporto Istat – riferisce di aver provato dolore fisico, da moderato a molto forte, nelle 4 settimane precedenti l’intervista, valore inferiore alla media Ue e simile a quanto rilevato per la Spagna. Il 23,1% ha gravi limitazioni motorie, con uno svantaggio di soli 2 punti percentuali sulla media Ue, principalmente dovuto alla maggiore quota di donne molto anziane in Italia.
Le donne riportano infatti meno frequentemente malattie croniche gravi, ma più multicronicità e limitazioni motorie o sensoriali. Lamentano più degli uomini dolore fisico da moderato a molto forte (45,4% contro 27,6%). Tra le ultraottantenni la percentuale arriva al 58,6%, a fronte del 39,2% degli uomini.
In Italia la grave riduzione di autonomia personale riguarda oltre un anziano su 10. Il fenomeno è in linea con la media dei Paesi Ue per i 65-74enni ma superiore tra gli over 75, in particolare per le donne.
L’11,2% degli anziani – prosegue il report Istat – riferisce gravi difficoltà in almeno un’attività di cura della persona, come fare il bagno o la doccia (10,3%), sdraiarsi e alzarsi dal letto o sedersi e alzarsi da una sedia (7,3%), vestirsi e spogliarsi (7,3%). Il 30,3% incontra gravi difficoltà nello svolgere le quotidiane attività di tipo domestico, come preparare i pasti, fare la spesa, prendere le medicine fare lavori di casa, gestire o altro. Il confronto dei vari indicatori di salute conferma il notevole peggioramento dello stato di salute della popolazione anziana in Italia nel passaggio dai 65 agli 80 anni, con prevalenze che raddoppiano nel caso della presenza di patologie croniche e quintuplicano per le gravi limitazioni motorie.
A incidere sullo stato di salute – precisa l’Istituto di statistica – sono “fattori ambientali e comportamentali” che “possono condizionare in maniera specifica l’insorgenza e l’evoluzione di alcune malattie in modo differente per i due sessi”, ma pesano anche le disuguaglianze socio-economiche.
Le disuguaglianze tra gli anziani in base a indicatori di status socio-economico, livello d’istruzione e quindi di reddito familiare sono nette e si osservano per tutti gli indicatori di salute considerati. Questo fenomeno conferma per l’Istat quanto noto in letteratura riguardo al fatto che le disuguaglianze socio-economiche sono fattori influenti nello spiegare differenze di salute. Tali differenziali si mantengono all’avanzare dell’età, probabilmente anche a causa del cumularsi nel corso della vita sia dell’effetto di fattori protettivi, quali l’elevata istruzione o elevato reddito, sia dell’effetto di fattori di rischio, quali il basso reddito e la bassa istruzione.