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Salute: miraggio città, in 2030 arriveranno 1,47 mld persone, occhio ai rischi

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Roma, 11 apr. (AdnKronos Salute) – In fuga verso la città per inseguire il miraggio di occupazione e benessere. Una vera e propria ‘migrazione’ che da campagne e piccoli centri conta sempre più persone attratte da una qualità della vita migliore. Ma a fare da contraltare alle possibilità offerte dalla metropoli potrebbero essere i rischi per la salute legati all’urbanizzazione senza freni: a partire dalle malattie croniche. I ricercatori delle Università di Yale, Arizona State, Texas A&M e Stanford hanno infatti calcolato che entro il 2030 le aree urbane si espanderanno di circa 1,5 milioni di chilometri quadrati, pari all’incirca alla superficie della Mongolia (o di Francia, Germania e Spagna messe assieme) per accogliere 1,47 miliardi di persone neo-inurbate.
Un processo che viene da lontano: intorno all’anno Mille eravamo circa 310 milioni sul pianeta. Il raddoppio a 800 milioni nel 1750 fino a 1,65 miliardi nel 1900 e 4 miliardi del 1975. E come stima la revisione 2015 del rapporto World Population Prospects delle Nazioni Unite i 7,3 miliardi di cittadini del mondo di oggi saranno 8,5 miliardi entro il 2030, 9,7 miliardi nel 2050 e 11,2 miliardi nel 2100. A mettere in luce il legame tra salute e urbanizzazione il nuovo numero della rivista ‘Health Policy in Non Communicable Diseases’, presentato oggi a Roma, dal titolo ‘Healthy Cities – I determinanti della salute in città’.
“Sempre di più grandi masse di persone si concentrano nelle città, attratte dal miraggio del benessere, dell’occupazione e di una qualità di vita differente – spiega Andrea Lenzi, presidente del Comitato di biosicurezza, biotecnologie e scienze della vita della Presidenza del Consiglio dei ministri e presidente dell’Health City Institute – Si tratta di un fenomeno sociale inarrestabile e di una tendenza irreversibile, che va gestito e anche studiato sotto numerosi punti di vista quali l’assetto urbanistico, i trasporti, il contesto occupazionale, ma soprattutto la salute pubblica, perché all’inurbamento è indissolubilmente legato, purtroppo, l’aumento delle malattie croniche non trasmissibili come diabete e obesità, proprio per via del cambiamento degli stili di vita alimentari e di movimento”.
I dati parlano di 415 milioni di persone al mondo con diabete – due terzi delle quali risiedono nelle città – e l’International diabetes federation (Idf) stima un aumento del 50% sino a 642 milioni tra 25 anni, contando che solo negli ultimi 40 anni l’obesità è cresciuta del 600% passando dai 105 milioni di obesi del 1975 ai 640 milioni di oggi. Inoltre non va dimenticato il progressivo invecchiamento della popolazione: le stime indicano infatti che la percentuale di persone sopra i 65 anni potrebbe raddoppiare dall’8 al 16% da qui al 2050. Per Lenzi si tratta di “semplici dati che sottolineano come uno dei fattori che gli amministratori di una città oggi devono affrontare siano i determinati della salute”.
Dunque la qualità dell’aria, la buona alimentazione e il trasporto, oltre al tema più generale del miglioramento della salute globale. “La prevalenza e alta densità della popolazione nelle metropoli, la complessità dei fattori di rischio che influenzano la salute, l’impatto delle disuguaglianze sulla salute, l’impatto sociale ed economico sono temi da affrontare e discutere per agire concretamente sui determinanti della salute – rimarca Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità e Editor in chief di Health policy in Non Communicable Diseases – Le città oggi non sono solo motori economici per i Paesi, ma sono centri di innovazione e sono chiamate anche a gestire e rispondere alle drammatiche transizioni demografiche ed epidemiologiche in atto”.
A questa sollecitazione risponde anche il programma Cities changing diabetes, l’iniziativa realizzata in partnership tra University College London e il danese Steno diabetes center, con il contributo dell’azienda farmaceutica Novo Nordisk, con l’obiettivo di studiare il legame fra il diabete e le città e promuovere iniziative per salvaguardare la salute e prevenire la malattia. Al programma hanno già aderito Città del Messico, Copenaghen, Houston, Shanghai, Tianjin, Vancouver, Johannesburg e Roma è la metropoli scelta per il 2017. In queste città i ricercatori svolgono ricerche per individuare le aree di vulnerabilità, i bisogni insoddisfatti delle persone con diabete e identificare le politiche di prevenzione più adatte e come migliorare la rete di assistenza. Il tutto nella piena collaborazione tra le diverse parti coinvolte.
“Non è possibile agire sui determinanti della salute e del benessere senza la compartecipazione dei diversi interlocutori che possono avere un’influenza sulla nascita e lo sviluppo delle città – sostiene Arpana Verma nel suo editoriale sulla rivista – Solo con un approccio multisettoriale ciascuna delle parti interessate, pur con diversi obiettivi, unendosi può fungere da catalizzatore per il miglioramento, poiché la condivisione delle idee può moltiplicare gli effetti positivi sulla salute e creare la conoscenza collettiva. La salute non è solo assenza di malattia. Il benessere e la qualità di vita devono essere considerati diritti umani basilari”.