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Tumori: l’indagine, diagnosi in solitudine per 11% pazienti cancro tiroide

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Roma, 27 mar. (AdnKronos Salute) – Il tumore alla tiroide impatta fortemente sulla qualità di vita soprattutto in termini psicologici, con incertezza della prognosi (15%), scarso supporto psicologico (13%) e preoccupazione per l’impatto sulle attività lavorative (12%). Il 19% dei pazienti accusa gli effetti collaterali dei trattamenti e l’11% scopre di avere il tumore leggendo i referti degli esami, in totale solitudine. E’ quanto emerge da un’indagine promossa dal Comitato associazione pazienti endocrini (Cape) e condotta da Doxa Pharma, su un campione di 555 pazienti in 23 centri di tutta Italia.
“E’ allarmante apprendere che l’11% dei pazienti venga a conoscenza della diagnosi di tumore dalla lettura dei referti degli esami, in totale solitudine – spiega la presidente del cape, Paola Polano – non ci stupisce di conseguenza che più della metà dei pazienti ricerchi informazioni autonomamente, nella maggior parte dei casi tramite il web (70%), strumento di dubbia affidabilità e non adatto a sostenere concretamente il paziente nel momento di maggiore difficoltà e ansia”.
“Nove pazienti su 10 dichiarano di non aver ricevuto supporto psicologico al momento della diagnosi né informazioni sull’esistenza di associazioni di pazienti – prosegue Polano – Quando viene diagnosticata una malattia, la persona attraversa una situazione di crisi emotiva che, se non supportata dall’aiuto di professionisti, può protrarsi nel tempo in modo sempre più drastico. Per questo è fondamentale che il paziente sia affiancato da uno psicologo o almeno sostenuto dalle associazioni di pazienti, in grado di fornire supporto emotivo per affrontare la malattia nel modo più sereno. Infatti – aggiunge – 1 malato su 3 desidererebbe ricevere maggiori informazioni chiare e univoche sulla malattia e sulle cure, supporto psicologico professionale, e solo il 5% si dichiara soddisfatto”.
Il 38% dei pazienti scopre il tumore alla tiroide perché si rivolge al medico per un rigonfiamento sul collo e 1 su 4 ne viene a conoscenza in maniera incidentale nel corso di un esame di routine. L’endocrinologo è la figura di riferimento: 8 pazienti su 10 si indirizzano subito a questo specialista, figura centrale dalla diagnosi al follow-up. “E’ necessaria una comunicazione più diffusa – continua Polano – in un’ottica di prevenzione per intercettare la malattia nelle sue prime manifestazioni e un ruolo importante è rappresentato dagli screening di controllo che in più di 1 caso su 4 portano alla scoperta del tumore. La carenza informativa rappresenta un problema anche nelle fasi successive alla diagnosi – aggiunge – quando il paziente riceve scarsi suggerimenti su come affrontare la propria condizione, soprattutto dal punto di vista psicologico”.
“E’ la prima volta che le associazioni dei pazienti realizzano un lavoro d’indagine così approfondito – spiega Piernicola Garofalo, direttore dell’Unità operativa di endocrinologia di Villa Sofia Cervello di Palermo – e le criticità individuate sono informazioni fondamentali per migliorare e ottimizzare il lavoro di ogni giorno. Il messaggio più importante per noi medici riguarda la necessità di maggiore supporto e informazioni, non limitandoci a fare diagnosi e terapie. In conclusione, l’analisi dei dati permette di affermare che l’assistenza ai pazienti con tumore tiroideo nel nostro Paese è di buon livello ed è apprezzata dai pazienti stessi”.
“Infatti uno su 2 – osserva ancora Garofalo – si ritiene molto soddisfatto delle strutture ospedaliere nelle quali viene seguito, seppur migliorabili: 8 pazienti su 10 sono stati sottoposti a un solo intervento e più della metà di queste persone non ha avuto complicanze. Si auspica che per il tumore alla tiroide si riescano a sviluppare cure farmacologiche sempre più efficaci e interventi chirurgici meno invasivi. Inoltre – conclude – i dati di confronto tra i pazienti di più recente diagnosi e quelli precedenti, evidenziano una significativa tendenza al miglioramento di diagnosi, terapie e assistenza”.