Home Attualità Salute Accordo fra Asl8 e medici di famiglia per una ‘rivoluzione’ nelle cure territoriali

Accordo fra Asl8 e medici di famiglia per una ‘rivoluzione’ nelle cure territoriali

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AREZZO – E’ la chiusura del cerchio che da anni si sta disegnando nella nostra Azienda: un nuovo modo di interpretare l’assistenza ai cittadini, partendo dal basso, dalla prossimità, dalla vicinanza ai problemi, con il coinvolgimento diretto e prioritario dei medici di famiglia.
Con l’accordo appena firmato dall’Azienda sanitaria e dai sindacati Fimmg, Snami e Smi, si sono riempiti di ulteriori contenuti le caselle individuate da anni e che ora trovano applicazione reale.
Prevenzione sotto ogni forma è il leit motiv di ogni azione. Prevenzione con i corretti stili di vita, prevenzione nell’individuare le insorgenze di malattie croniche prima della loro acutizzazione, prevenzione nella volontà di eliminare le diseguaglianze, garantendo equità nel’accesso alle cure, con una medicina di iniziativa che non lasci nessuno indietro.
Concetti alti, condivisi ormai ad ogni livello, da quello nazionale a quello più locale, ma che per essere declinati necessitano di strumenti organizzativi, operativi, di strutture, di risorse e di una convinta partecipazione attiva degli operatori sanitari e degli stessi cittadini.
L’accordo, firmato questa mattina dal direttore generale Enrico Desideri, dal Direttore Sanitario Branka Vujovic e dai rappresentanti dei sindacati dei medici di medica generale, entra proprio in questo dettaglio.

I CONTENUTI GENERALI

Tre i concetti fondamentali.
1) Il medico di famiglia (ne abbiamo 280 nella nostra provincia) accetta di non lavorare più da solo, ma in gruppo. Gruppo che si chiama Aft (aggregazione funzionale territoriale), una nuova sigla che dovremo tutti imparare a conoscere perché rappresenta proprio la struttura di riferimento per il medico di famiglia (medico di medicina generale), nelle 24 ore. Le Aft in provincia di Arezzo con 13 ed ognuna conta in media 20 medici e circa 20.000/25.000 pazienti. Il medico con il suo gruppo avrà sede operativa in una struttura comune, che sia essa la Casa della Salute (13 l’obiettivo, 7 già aperte) o la medicina di gruppo. Manterrà comunque, se lo vuole, specie per quelle aree con scarsa concentrazione di abitanti, il proprio studio medico, con una presenza di poche ore settimanali. Il medico, così organizzato, garantirà insieme alla Continuità assistenziale, l’assistenza nelle 24 ore.
2) Non esisterà più il vecchio concetto di guardia medica, con professionisti che nelle ore notturne o nei festivi e prefestivi potevano intervenire senza alcun riferimento clinico e senza alcun legame territoriale. Adesso esiste la Continuità assistenziale (C.A.). I medici della C.A. saranno parte integrante della Aft di riferimento. Progressivamente avranno accesso anche alle reti informatiche per conoscere il percorso clinico dei pazienti. Tutto questo consentirà di non arrivare a casa delle persone “alla cieca”, ma con una consapevolezza piena e una conoscenza concreta del paziente stesso, in ogni momento.
3) Con l’invecchiamento della popolazione, crescono anche le malattie croniche. E, purtroppo, negli anni si sono associate anche le diseguaglianze sociali nella possibilità di curarsi. Con l’accordo firmato i medici di famiglia hanno accettato definitivamente di passare dalla medicina di attesa a quella di iniziativa. In buona sostanza non stare ad aspettare che i pazienti si presentino nei loro ambulatori spontaneamente al bisogno, ma organizzare servizi tali affinché siano i medici ad andare ad intercettare con compagne mirate e personalizzate, i bisogni dei cittadini, anche invitandoli a controlli periodici. Esempi se ne possono fare mille. Si pensi al controllo del diabete. Si creeranno delle banche dati per cui i pazienti saranno monitorati. Sarà per loro stilato un programma di controllo e cura. Chi non lo osserverà, sarà richiamato. Si pensi che dove la sperimentazione è già partita, si è annullata la differenza di controlli fra pazienti più attenti (in genere persone più colte e più abbienti) e le altre (che per tante ragioni “evitavano” di fare controlli). E tutto questo produce grandi vantaggi. La popolazione, seguita preventivamente, si ammala di meno, con minori ricoveri, e soprattutto minori problematiche connesse per la salute (dal diabete, ad esempio, nascono i problemi renali, di circolazione sanguinea, di vista, ecc). Questa forma di medicina preventiva o di iniziativa è contraddistinta da un’altra sigla, C.C.M (Chronic care model), ed oggi è applicata nel 40% della popolazione. L’accordo preveder di passare al 60% in questo 2013, all’80% nel 2014 e completare con il 100 % nel 2015.

E’ chiaro che si tratta di un processo in crescita, nel quale il territorio diventa elemento sempre più essenziale nelle cure. Le Aft avranno un proprio budget, che dovrà rispondere a criteri di natura clinica e allo stesosi tempo contabile, per un buon uso delle risorse. Cresce anche la forza del Distretto, quella organizzazione per aree (ne abbiamo cinque, una per vallata), che deve avere una propria autonomia funzionale anche con gli specialisti e che si deve raccordare con le strutture ospedaliere e i suoi professionisti, sempre più dedicati alle patologie acute. Insomma, evitare che all’ospedale si rechi chi ha bisogno solo del medico e di strutture collegate. Ma non coni divieti, bensì offrendo sul territorio, in prossimità della propria casa, ciò che serve. Fondamentale è stabilire la appropriatezza delle cure. Ne è un esempio la sperimentazione in atto in Valdarno e ad Arezzo da poche settimane. Troppi accessi inappropriati ai pronto soccorso per patologie minori, quelle che di norma finiscono con i codici bianchi e azzurri e che, fra l’altro, portano anche a pagare un ticket. Si tratta in genere di prestazioni tipiche da medico di famiglia. E allora, se durante le ore del giorni questi pazienti accettano di andare dal proprio medico è giusto che anche in altri orari (prefestivi e serali), possa usufruire di questa opportunità. La sperimentazione in atto a Montevarchi (Distretto di via Podgora) ha visto fare una scelta di 4 ore il sabato e domenica di giorni. Ad Arezzo (Distretto di via Guadagnoli) di 4 ore tutte le sere dalle 20 alle 24. In poche settimane, pur non essendo ancora un servizio molto conosciuto dalla popolazione, ha permesso di servire centinaia di utenti che hanno e evitato code, evitato di intasare i pronto soccorso, ed hanno avuto risposte rapide ed altrettanto esaurienti. E tutte le Zone Distretto si stanno attrezzando per garantire questo servizio il sabato e domenica.
Dalla sperimentazione si passerà prossimamente ad una azione a tappeto. L’obiettivo è quello di garantire per 16 ore al giorno (dalle 8 alle 20), integrando medici di famiglia e quelli della continuità assistenziale un ambulatorio di prossimità, poi dalle 20,00 alle 24,00 la Continuità assistenziale attraverso la chiamata all’apposito centralino (0575303730). Il passo successivo, ma questo tema sarà affrontato nei prossimi anni e in maniera progressiva, di notte, dalle 24,00 alle 08,00, sempre passando dal medesimo centralino, dopo una valutazione del medico della continuità assistenziale, con l’intervento delle strutture del 118.
Medici e Asl si sono trovati d’accordo nello strutturare questo nuovo approccio alla assistenza sanitaria sul territorio, mettendo in campo numerose professioni. I medici saranno affiancati da infermieri, oss, personale di segretaria. Saranno dotati di strumenti e soprattutto di un servizio di rete telematico capace di mantenere una banca dati completa e aggiornata sui pazienti, in modo che ognuno che si trova a dover agire, conosca rapidamente le cure in corso e la situazione clinica dell’utente stesso.
A questi gruppi saranno affidate anche la gestione delle cure domiciliari, con l’assistenza dell’Adi, l’intervento a chiamata dei diversi professionisti specialisti per la corretta applicazione di protocolli di cura.
Le strutture saranno dotate sempre più anche di attrezzature per la diagnostica meno “pesante”: in sostanza non saranno tac o risonanze, ma ecografi, elettrocardiografi, spirometri, ecc., e altri strumenti che rientrano anche in quelle attività per le quali i medici di famiglia sono preparati.
I medici di famiglia gestiranno in collaborazione con gli ospedali sia la fase di uscita dai nosocomi, con le strutture di cure intermedie (Modica, ospedali di comunità, rsa) e in certe circostanze anche quelle di entrata. Oltre che utilizzare al meglio le risorse, si avrà il vantaggio di creare il minore disagio possibile ai pazienti.
E’ un obiettivo ambizioso e soprattutto con tappe di avvicinamento per la copertura totale del territorio piuttosto serrato. E che costo avrà tutto questo? Possibile permetterselo in un momento di tale difficoltà finanziaria? Paradossalmente la risposta è proprio positiva. Il costo sarà “zero”. Zero perché proprio l’atteggiamento di prevenzione e di “aggressione” alle patologie prima ch queste divengano acute e gravi, consente di fare importanti risparmi. Stessa cosa per il buon uso del farmaco o delle ricerche diagnostiche spesso ripetute senza alcuna logica, con particolare attenzione ad evitare sprechi. Ciò che si toglie da una parte andrà a finanziare questa forma nuova di assistenza, garantendo ai medici di avere quelle strutture che saranno il riferimento, 24 ore al giorno, per i propri pazienti.