Home Cultura e Eventi San Giovanni V.no: a Casa Masaccio Le Amiche, prima mostra personale in un’istituzione museale di Beatrice Marchi

San Giovanni V.no: a Casa Masaccio Le Amiche, prima mostra personale in un’istituzione museale di Beatrice Marchi

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San Giovanni V.no: a Casa Masaccio Le Amiche, prima mostra personale in un’istituzione museale di Beatrice Marchi
San Giovanni V.no: a Casa Masaccio Le Amiche, prima mostra personale in un’istituzione museale di Beatrice Marchi

Sin dagli inizi, la pratica poliedrica, multidisciplinare e partecipativa di Beatrice Marchi, spazia dal disegno alla pittura, dall’animazione alla performance, dal video al sonoro e ha come riferimento il clown. Figura che, secondo la definizione dell’attore, mimo e pedagogo francese Jacques Lecoq, rivela attraverso il fallimento quella natura umana che ci commuove e ci fa ridere. La parabola umana del clown con la sua maschera, i suoi gesti e la sua mimica, con le sue stoltezze e le sue prodezze dona la grazia di ridere a coloro che piangono assecondando una riconciliazione. Ridendo di lui ridiamo anche un po’ di noi stessi, ci consola perché ci somiglia.  –“Io sono un clown e faccio collezione di attimi”- amava ripetere Heinrich Bȍll.

In Casa Masaccio si riuniscono e riattivano molti dei personaggi, ibridi e doppi, buffi e dissoluti, vulnerabili e nobili, cui Beatrice Marchi ha dato vita nel tempo. Da Loredana, la donna clown con le chele, alla perfida quanto piena di bontà Katie Fox, da Dori Karbon a Susy Culinski, al cane Mafalda, per metà umano e per metà animale. Personaggi che meditano sul riso e sulla potenza metaforica dell’atto comico. Sono Le Amiche, presenze sottili che, inseguendo un nulla inafferrabile, sublimano la gravità e l’inerzia della condizione umana attraverso la leggerezza, la gratuità e l’apparente inconsistenza del gesto.

Le Amiche (2019, olio e acrilico su tela), immagine che veicola la mostra, raccontando di un periodo della vita, quello della fine dell’infanzia e dei suoi turbamenti, rappresenta delle adolescenti che si confidano e confrontano sui cambiamenti del proprio corpo all’aria aperta mattinale. La scena si basa su un ricordo d’infanzia della stessa artista e rimanda al gioco di ruoli e di potere presente con modalità diverse nel mondo degli adulti.

Il titolo della mostra è denso di rimandi e memorie sia visive che letterarie, dal film di Michelangelo Antonioni, vincitore del Leone d’Argento alla Biennale di Venezia del 1955 e a sua volta ispirato a Tra donne sole di Cesare Pavese, alle atmosfere intrise di inquietudini di Felice Casorati.  O, ancora,  a Le Amiche (1949), il racconto lungo di Carlo Cassola che narra dei minimi segreti giovanili, delle chiacchiere domestiche che fanno scorrere i giorni, i mesi e gli anni in un baleno infondendo in ogni momento della banalità quotidiana il segno inesauribile della realtà.

Autoritratto dormiente in “Der Jungbrunnen” (2019) è un video in un cui la scena onirica ripresa dal dipinto di Lucas Cranach il Vecchio  “La Fonte della giovinezza”, mitica sorgente dell’immortalità, accoglie un burattino che ad occhi chiusi pedala incessantemente sostenuto dal suo doppio. Il personaggio è in realtà ispirato a quello che si crede essere l’autoritratto di Piero della Francesca nelle vesti di un soldato dormiente nella Resurrezione di Cristo a Sansepolcro.

Il percorso espositivo si articola tra suoni, sculture, installazioni e immagini in movimento, mentre una serie di dipinti pensati per questa occasione spalanca, in ogni stanza della casa, finestre affacciate sull’altrove.

Nella vertigine di un’arcadia travisata, corpi e paesaggio trovano il segno di una natura sul punto di sfaldarsi lasciando lo sguardo vagare da qualche parte nell’incompiuto.

 

Contributi di: Alessandro Agudio, KAYA (Kerstin Braetsch e Debo Eilers), Dori Karbon, Andrea e Davide Iorio, Rebecca Carbon, Sonia Hausler, I Fratelli di Arnolfo, coro amatoriale di San Giovanni Valdarno e The Karbon Sisters.

Il contributo di KAYA, oltre all’intervento in Casa Masaccio, è consistito in una performance collaborativa durante gli Open Studios di Villa Romana sabato 7 settembre.

Grazie a Villa Romana (Firenze)

 

Beatrice Marchi (Gallarate, 1986) vive e lavora a Berlino. Dopo la laurea triennale in arti visive presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, si è trasferita nel 2015 in Germania dove ha conseguito un master in pittura presso Hochschule für bildende Künste di Amburgo con Jutta Koether. Tra le sue mostre personali più recenti si ricordano: Riverside, Berna; Collezione Iannaccone, Milano; Hester, New York; Exo Exo, Parigi; Fanta, Milano; Gasconade, Milano. Il suo lavoro è stato presentato in spazi istituzionali sia in Italia che all’estero tra cui: Museion, Bolzano; Palazzo Reale, Milano; Performance Space, New York; Mambo, Bologna; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Galerias Municipais de Lisboa (Boavista), Lisbona; Altri tempi, altri miti, 16th Art Quadriennal, Ehi, Voi!, Palazzo delle Esposizioni, Roma; PAC, Milano; Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno; GAM, Milano.