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Ci siamo dimenticati dello Spread

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Ci siamo dimenticati dello Spread

Ormai ci siamo nuovamente dimenticati dello spread. Esattamente dieci anni fa questo termine che era sconosciuto agli italiani improvvisamente salì (purtroppo) agli onori della cronaca. E non c’era giornale che non avesse la notizia in prima pagina o telegiornale che non aprisse con questo argomento.

Nel mese di novembre dell’anno 2011 raggiunse il suo massimo storico a 574 punti. E costrinse l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a dimettersi a causa delle forti pressioni che arrivavano dall’Europa, in particolare dalla Germania, dal Regno Unito e dalla Francia.

L’allora Presidente delle Repubblica Giorgio Napolitano dette allora l’incarico di formare il governo all’economista Mario Monti, stimato economista gradito all’Europa. Nacque così il governo dei tecnici. Il governo “lacrime e sangue” che tanto ha scontentato gli italiani. Il governo solo per fare un esempio della famosa e contestata legge Fornero in campo previdenziale.

Ora abbiamo a Capo del governo un altro tecnico Mario Draghi e qualcuno ipotizza una situazione simile a quella dieci anni fa. Ma la situazione è un po’ diversa. Innanzi tutto Draghi non è soltanto un tecnico ma è anche un politico. E lo ha dimostrato negli otto anni di presidenza alla BCE. Inoltre, allora i fondi a disposizione erano pochissimi. Ora invece il problema è opposto. Bisogna impostare i progetti per ricevere dall’Europa i fondi del Next Generation Eu. I famosi 222 miliardi di € che servono a rilanciare l’Italia al termine della pandemia.

Ma tornando allo spread ed al famoso novembre 2011 questo termine era sulla bocca di tutti. E la  maggior parte degli italiani che non aveva mai sentito questo termine si cominciò a chiedere: ma cos’è questo spread?

Il termine “spread” era riservato agli addetti ai lavori, agli economisti, ai politici, alle istituzioni economiche/finanziarie ma la gente comune non ne aveva praticamente mai sentito parlare.

Lo spread nel linguaggio politico e finanziario sta ad indicare la differenza che c’è tra due valori. In termini precisi è “il differenziale tra i rendimenti dei titoli di stato Italiani e quelli tedeschi (bund)”.

Il rendimento di un titolo di Stato è in sostanza una misura di solidità del Paese. Più basso è il rendimento più significa che gli investitori lo ritengono affidabile e di conseguenza quello Stato possa ripagare facilmente il debito.

Lo spread come lo intendiamo oggi nasce con l’istituzione della moneta unica e praticamente fino alla grande crisi della banca americana Lehman Brohters del 2008 viaggiava in Italia ben sotto i 100 punti base. Con la crisi finanziaria del 2008 lo spread cominciò lentamente a salire fino ad arrivare nel 2009 a circa 200 punti. Con la crisi politica e finanziaria del 2011 con Berlusconi Capo del Governo lo spread schizzò al record di 574 punti.

Ma perché dobbiamo considerare il differenziale tra Italia e Germania? Ci dovrebbe essere uno spread tra Italia e Francia, uno tra Italia e Spagna e così via. Perché i titoli di Stato tedeschi (i cosiddetti bund) sono considerati i titoli del Tesoro più affidabili d’Europa.

I mercati domandano all’Italia di pagare un tasso di interesse più alto rispetto alla Germania perché hanno più fiducia nella Merkel rispetto all’Italia. Ora appare evidente che più alto è il valore dello spread meno fiducia hanno gli investitori stranieri sui titoli di Stato e più interessi deve pagare lo Stato stesso.

Una conseguenza molto negativa si avrebbe se gli investitori stranieri o i risparmiatori italiani perdessero fiducia nello Stato che è debitore. Non rinnovando i titoli di Stato che vengono a scadere si avrebbero conseguenze disastrose. Crollerebbe la fiducia di imprese e famiglie, l’economia affonderebbe, si scatenerebbe una crisi che porterebbe al fallimento dello Stato con ripercussioni internazionali.

Lo Stato per poter provvedere al proprio sostentamento ha necessità di emettere titoli di stato (BOT, CCT,BPT ecc). Su questi soldi che chiede in prestito agli investitori internazionali e ai risparmiatori italiani deve pagare ovviamente degli interessi che incidono pesantemente sul bilancio annuale dello Stato stesso.

Consideriamo che con lo spread oltre i 400 punti base l’Italia paga solo di interessi, a causa dell’enorme debito pubblico, oltre 70 miliardi di € l’anno. Più della legge di bilancio. Ora per fortuna la situazione è migliorata. Con l’avvento di Mario Draghi in Italia lo spread viaggia intorno ai 100 punti base.

E adesso per fortuna dello spread parlano nuovamente solamente gli addetti ai lavori. Questo è un fatto assolutamente positivo perché tenendolo così basso si risparmieranno diverse decine di miliardi di € l’anno e si potrà tornare finalmente ad essere un paese economicamente affidabile.

 

Mauro Marino

nato a Peschiera del Garda

esperto in economia