Lo studio dello Spallanzani che demolisce il Green Pass

finanziato dal Ministero della Sanità

di Stefano Pezzola

Il metodo scientifico è la modalità tipica con cui la scienza dovrebbe procedere per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile.

Esso consiste, da una parte, nella raccolta di dati empirici sotto la guida delle ipotesi e teorie da vagliare; dall’altra, nell’analisi rigorosa, logico-razionale e, dove possibile, matematica di questi dati, associando cioè, come enunciato per la prima volta da Galilei, le «sensate esperienze» alle «dimostrazioni necessarie», ossia la sperimentazione alla matematica.

Lo studio dell’Istituto Spallanzani segue certamente il metodo scientifico.

Uno studio verificabile e ben circostanziato.

Adesso non rimane che attendere la verifica del mondo scientifico – dalla quale se mi permette il lettore togliamo d’emblè Burioni, Pregliasco, Bassetti e Capua – quella verifica fatta di conferme e/o confutazioni su riviste scientifiche, supportate da numeri e ricerche.

Intanto però leggiamo con attenzione i risultati della ricerca dello Spallanzani:

I nostri dati mostrano che gli individui vaccinati che si infettano dopo la vaccinazione, sebbene rappresentino una piccola percentuale della popolazione vaccinata (0,3% nel nostro contesto), possono portare elevate cariche virali nel tratto respiratorio superiore, anche se infettati molto tempo dopo la seconda dose, cioè quando avrebbe dovuto essere sviluppata l’immunità correlata al vaccino.

Ancora più importante, abbiamo dimostrato per la prima volta che il virus infettivo può essere coltivato da NPS raccolti da individui vaccinati sia asintomatici che sintomatici, suggerendo che potrebbero essere in grado di trasmettere l’infezione a persone suscettibili e potenzialmente far parte delle catene di trasmissione. Come osservato per le infezioni in persone non vaccinate, un’elevata carica virale (Ct≤25) è un forte determinante del successo dell’isolamento.

Questo risultato dovrebbe essere considerato con attenzione per la politica di salute pubblica, sottolineando l’importanza di una corretta comunicazione che il vaccino non conferisca l’immunità sterilizzante;

pertanto, per i soggetti vaccinati è ancora raccomandata la continua aderenza alle misure di prevenzione sanitaria pubblica fino al raggiungimento di un’adeguata copertura vaccinale della popolazione o in presenza di soggetti vulnerabili suscettibili ad infezioni”.

Probabilmente è necessario riassumere i due concetti fondamentali:

  1. Gli individuo vaccinati che si infettano dopo la vaccinazione possono portare elevate cariche virali nel tratto respiratorio superiore, anche se infettati molto tempo dopo la seconda dose;
  2. Il virus infettivo può essere coltivato da Nps (tamponi nasofaringei) raccolti da individui vaccinati sia asintomatici che sintomatici.

Onde per cui – seguendo la logica,  ovvero ragionando e argomentando con il solo fine di definire la correttezza del procedimento inferenziale del nostro pensiero – l’accanimento sul green pass da parte del governo è soltanto un paradosso, una contraddizione scientifica che nulla ha a che fare con la sconfitta del virus o della salute pubblica.

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Di seguito la fonte e la traduzione del documento:

https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.09.21.21263882v1

Il titolo dello studio è “Virological and Serological Characterization of SARS-CoV-2 Infections Diagnosed After mRNA BNT162b2 Vaccination” ed è il frutto del lavoro dei ricercatori dell’Istituto Spallanzani IRCCS di Roma.

Lo studio è stato finanziato oltre che dall’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (INMI) Lazzaro Spallanzani IRCCS, Roma, dal Ministero della Salute (Programma CCM 2020; Ricerca Corrente, linea 1; COVID 2020 12371817) e dalla Commissione Europea, Horizon 2020 (EU project 101003544, CoNVat; EU project 101005111, DECISION; EU project 101005075, KRONO) e European Virus Archive, GLOBAL (borse di studio n. 653316 e n. 871029).

Gli autori confermano che tutte le linee guida etiche pertinenti sono state seguite e che sono state ottenute le necessarie approvazioni dell’IRB e/o del comitato etico.

Bene, fugati i dubbi e le perplessità  – confidiamo – di coloro che non riescono ad oggi ad accettare una informazione indipendente, circostanziata e documentata, andiamo ad analizzare lo studio.

Traduciamo quindi letteralmente dall’inglese:

I vaccini contro il coronavirus 2019 (COVID-19) si stanno dimostrando molto efficaci nella prevenzione di malattie gravi; tuttavia, sebbene rare, sono state segnalate infezioni post-vaccino.

Il presente studio descrive 94 infezioni (47,9% sintomatiche, 52,1% asintomatiche), avvenute nella Regione Lazio (Centro Italia) nel primo trimestre 2021, dopo prima o seconda dose di vaccino mRNA BNT162b2.

La carica virale mediana alla diagnosi era indipendente dal numero e dal tempo di somministrazione della dose di vaccino, nonostante la maggiore proporzione di campioni con bassa carica virale osservata in individui completamente vaccinati.

Ancora più importante, il virus infettivo è stato coltivato da NPS raccolti da individui vaccinati sia asintomatici che sintomatici, suggerendo che, almeno in linea di principio, possono trasmettere l’infezione a persone suscettibili.

La maggior parte delle infezioni post-vaccino qui riportate, ha mostrato un decorso clinico pauci/asintomatico, confermando l’impatto della vaccinazione sulla malattia da COVID-19.

La maggior parte dei casi (78%) ha mostrato infezione in presenza di anticorpi neutralizzanti al momento della diagnosi di infezione, presumibilmente attribuibile alla vaccinazione, per la concomitante assenza di IgG anti-N nella maggior parte dei casi.

La proporzione di infezioni post-vaccino attribuite sia ai COV Alfa che Gamma era simile alla proporzione osservata nella contemporanea popolazione non vaccinata nella regione Lazio.

Inoltre, l’analisi mutazionale non ha suggerito l’arricchimento di un insieme definito di sostituzioni proteiche Spike a seconda dello stato di vaccinazione.

La caratterizzazione dei fattori dell’ospite e del virus associati alla scoperta del vaccino, insieme al monitoraggio intensivo e continuo dei ceppi virali coinvolti, è fondamentale per adottare strategie di vaccinazione informate”.

Secondo il Sistema Informativo di Sorveglianza Regionale dell’Azienda sanitaria regionale del Lazio, dal 27 dicembre 2020, inizio della campagna vaccinale, fino al 30 marzo 2021, 735.616 individui hanno ricevuto una o due dosi di vaccino BNT162b2.

Tra questi, 1.879 (0,3%) sono risultati positivi al SARS-CoV-2 almeno 1 giorno dopo la vaccinazione.

La maggior parte (79,5%) di questi individui risulta positiva prima della seconda iniezione.

Nel periodo di studio, campioni di 121 delle 1.879 infezioni segnalate in persone vaccinate sono stati recuperati dai laboratori che hanno eseguito la diagnosi e inviati al RRL per eseguire la caratterizzazione prevista nell’ambito del programma di risposta e sorveglianza all’epidemia di COVID-19 con sede nella Regione Lazio.

I risultati descritti nello studio rappresentano quelli ottenuti sui primi 94 NPS per i quali è stata completata l’analisi.

Il tempo mediano tra il riconoscimento dell’infezione (come insorgenza dei sintomi o momento della prima diagnosi per i pazienti asintomatici) e il test è stato di 0,5 giorni (intervallo: 0-9 giorni, con 7 campioni testati raccolti > 4 giorni dopo la diagnosi o l’insorgenza dei sintomi).

I dati demografici ed epidemiologici, comprese le informazioni cliniche, dimostrano che la maggioranza (n=82, 87,2%) dei 94 individui sotto inchiesta era HCW, i restanti campioni provenivano da persone anziane (oltre 80 anni).

L’età media era di 50,5 anni (IQR: 62,0-39,8), 56 (59,6%) erano femmine.

Quarantanove (52,1%) erano asintomatici alla diagnosi e sono stati sottoposti a test SARS-CoV-2 per lo screening periodico o come contatti di casi positivi.

La maggioranza (n=61, 64,9%) dei casi post-vaccinazione ha avuto un decorso clinico pauci/a-sintomatico, mentre è stata riportata una malattia lieve per 26 (27,7%) e grave per 7 (7,4%) pazienti.

Tutti i pazienti con malattia grave avevano una o più comorbilità preesistenti, tra cui malattie cardiovascolari croniche, diabete, obesità, malattie renali e disturbi neurologici, 4 avevano più di 80 anni.

L’età e le comorbilità erano significativamente associate alla malattia grave (p=0.008 e <0.001, rispettivamente).

Secondo le informazioni disponibili al momento della scrittura (n=85), la maggior parte delle persone infette (97,6%) ha eliminato il virus e si è ripresa, mentre 2 pazienti sono morti; entrambi i pazienti morti avevano più di 85 anni, presentavano comorbilità preesistenti (cioè malattie cardiovascolari croniche, diabete e disturbi neurologici) e sono risultati positivi dopo la vaccinazione completa (9 e 19 giorni dopo la seconda dose, rispettivamente).

La carica virale SARS-CoV-2 e infettività in NPS da individui infetti fino a 2 mesi dopo la vaccinazione completa evidenzia che i  valori Ct mediani di NPS alla diagnosi erano 21,2 (IQR: 17,5-31,3), senza differenze significative tra presentazione asintomatica e sintomatica, anche in quei pazienti risultati positivi dopo il ciclo completo del vaccino.

Per capire se l’RNA virale fosse associato all’infettività, è stato tentato l’isolamento del virus su 84 NPS; 10 NPS non sono stati testati a causa dell’inattivazione dell’infettività virale da parte dell’isotiocianato di guanidina contenuto nel mezzo di trasporto utilizzato per la raccolta del campione.

In particolare, il virus infettivo è stato salvato da 44 (52,4%) NPS, 24 raccolti da individui sintomatici, 20 raccolti da soggetti asintomatici.

Non sono state riscontrate differenze significative nei tassi di positività colturale tra questi due gruppi (54,5% nei sintomatici vs 50,0% negli asintomatici, p=0,827).

Risultati simili sono stati ottenuti considerando solo i pazienti completamente vaccinati (60,9% nei sintomatici vs 48,2% negli asintomatici, p=0,567).

La proporzione di campioni con bassa carica virale (valori Ct >30) negli individui asintomatici (32,6%) è stata maggiore rispetto ai pazienti sintomatici (20,0%), ma non ha raggiunto la significatività statistica (p=0,242).

Successivamente abbiamo considerato i livelli di RNA virale in base al tempo trascorso dalla prima dose alla diagnosi, noto per 79 individui, che sono stati divisi in 3 gruppi.

I risultati hanno indicato valori Ct mediani simili in tutti e 3 i gruppi, nonostante la maggiore proporzione di campioni con bassa carica virale nel Gruppo 3.

Questo risultato si è unito al tasso di isolamento, che è stato trovato più alto nei campioni raccolti poco dopo la vaccinazione (Gruppo 1), ma non ha raggiunto differenze statistiche rispetto agli altri gruppi (Gruppo 1: 85,7%, Gruppo 2: 40,0%; Gruppo 3: 54,0%, p=0,411).

Oltre 39 colture virali positive, 27 (67,5%) sono state ottenute da individui completamente vaccinati, risultati positivi per SARS-CoV-2 fino a 85 giorni dopo la prima dose di vaccinazione.

Il valore Ct mediano dei campioni con coltura virale positiva era 17,5 (IQR 15,6-20,1) e l’isolamento del virus infettivo era fortemente associato solo alla concentrazione di RNA virale nell’NPS, con OR >100 per Ct≤25 vs Ct>25.

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