A proposito dell’obbligo vaccinale dei sanitari

di Stefano Pezzola

Fonte: https://www.ecsel.org/cieb

Un gruppo di docenti universitari ed esperti di diverse discipline e nazionalità ha costituito il Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB), allo scopo di riportare i principi e i valori cui si ispira la riflessione bioetica al centro della gestione politica del Covid.

I principi del primato dell’essere umano sulla scienza e la società, del consenso informato, di precauzione, di beneficenza, di non maleficenza, di equo accesso alle cure sanitarie, del “prendersi cura”, di integrità morale del ricercatore: sono questi i principi generali di bioetica e di biodiritto – impunemente calpestati durante i due anni di emergenza sanitaria – che devono guidare la riflessione sulle questioni fondamentali poste dallo sviluppo della scienza e della medicina, alla luce delle loro implicazioni etiche, giuridiche, sociali ed economiche

A questo scopo il CIEB, mediante le sue articolazioni nazionali, intende stimolare un dibattito che – al di là della mera contrapposizione tra dati scientifici – restituisca alla società civile i punti di riferimento etico che devono porsi alla base delle scelte politiche e delle decisioni normative

Nell’adozione dei suoi pareri, resi d’iniziativa o a richiesta di istituzioni ed enti pubblici e privati, il CIEB conforma la sua azione ai principi e alle norme sanciti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti della biologia e della medicina (Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina), firmata a Oviedo nel 1997, e dai suoi Protocolli addizionali

Con il Parere sull’obbligatorietà del vaccino anti-Covid, reso d’iniziativa il 20 dicembre 2021, il CIEB ha richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica sul fatto che l’immissione in commercio del cosiddetto “vaccino” anti-Covid è avvenuta secondo una procedura «condizionata», applicabile in via accelerata o d’urgenza esclusivamente ai «medicinali» per i quali «non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia» (art. 3, n. 1, del regolamento della Commissione europea n. 507/2006 del 29 marzo 2006).

Questa evidenza normativa dimostra, al di là di qualsivoglia dibattito sui dati scientifici rilevanti, la natura sperimentale del “vaccino” anti-Covid e la finalità sperimentale della campagna vaccinale in atto, nella misura in cui i soggetti riceventi vengono esposti a un rischio ignoto per la salute.

Poiché il “vaccino” in questione è un medicinale sperimentale, è evidente che il suo impiego deve avvenire conformemente ai principi e alle norme che costituiscono l’acquis etico-giuridico consolidatosi a partire dal secondo dopoguerra nel campo della biologia e della medicina.

Alla formazione di tale acquis ha contribuito la stessa comunità scientifica, mediante dibattiti e confronti interdisciplinari che hanno condotto, tra l’altro, alla proposta di specifiche moratorie, come quella sull’uso del DNA ricombinante discussa nel 1975 dalla Conferenza di Asilomar.

Oggi tale acquis costituisce la fonte cui si ispirano gli ordinamenti degli Stati liberali e democratici, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, il corpus normativo costituito dalla Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina, firmata a Oviedo nel 1997, e dai suoi Protocolli addizionali, nonché alcuni strumenti declaratori di portata universale, quali la Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti dell’uomo adottata dalla Conferenza generale dell’UNESCO l’11 novembre 1997 e la Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti dell’uomo adottata dalla Conferenza generale dell’UNESCO il 19 ottobre 2005.

I principi e le norme in parola sono volti a salvaguardare i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo nei confronti delle applicazioni della biomedicina, con particolare riferimento all’esigenza di proteggere i soggetti che partecipano ad attività sperimentali dai rischi collegati o conseguenti allo svolgimento delle attività in questione.

Rilevano, in modo specifico, il principio del primato dell’essere umano sugli interessi della scienza e della società, nonché i principi di precauzione, di beneficenza, di non maleficenza e di equo accesso alle cure mediche.

Nella prospettiva indicata assume speciale rilevanza il dovere del medico/sperimentatore di rispettare gli obblighi professionali ispirati al rigore, alla prudenza, alla professionalità, all’onestà intellettuale e all’integrità morale non solo nella trasparenza delle decisioni adottate e nell’utilizzo delle migliori conoscenze disponibili, ma anche nella presentazione dei risultati scientifici conseguiti (art. 4 della Convenzione di Oviedo, art. 13 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 1997, art. 18 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 2005).

Il rispetto di tali obblighi professionali – che si traduce prioritariamente nella dichiarazione di eventuali conflitti d’interesse del medico/sperimentatore – è indispensabile al fine di assicurare la salvaguardia di un altro principio generale: il principio del consenso informato. Secondo tale principio, infatti, un intervento di natura medica e biomedica può avvenire solo quando le persone interessate siano state previamente informate dal medico/sperimentatore in merito, tra l’altro, ai rischi dell’intervento in questione, rischi di cui il medico/sperimentatore deve avere, evidentemente, specifica conoscenza (art. 7 del Patto internazionale del 1966, art. 5 della Convenzione di Oviedo, art. 5 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 1997, art. 6 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 2005).

Precipua rilevanza assume anche l’esigenza di promuovere periodicamente, in questa materia, un dibattito pubblico interdisciplinare, pluralista e fondato, che coinvolga i soggetti direttamente interessati e la società nel suo insieme, al fine di permettere la libera espressione di tutte le opinioni pertinenti, comprese quelle minoritarie (art. 28 della Convenzione di Oviedo, art. 21 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 1997, art. 18 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 2005).

A corollario dei principi generali finora richiamati sono poste le norme che riconoscono ai soggetti ingiustamente danneggiati da un intervento di natura medica e biomedica il diritto di ottenere l’equo risarcimento dei danni sofferti, secondo la legislazione applicabile (art. 24 della Convenzione di Oviedo, art. 8 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 1997). Sulla scorta di queste considerazioni, e riprendendo le conclusioni del Parere del 20 dicembre 2021, il CIEB ribadisce anzitutto l’esigenza che il Governo promuova, anche attraverso i media, un dibattito pubblico trasparente e obiettivo in merito ai rischi e all’efficacia del cosiddetto “vaccino” anti-Covid.

Il CIEB, inoltre, ribadisce l’esigenza che il Governo receda dalla sua politica volta a estendere l’obbligo vaccinale a categorie mirate di lavoratori, costringendo surrettiziamente alla vaccinazione porzioni ancor più ampie di cittadini.

Con specifico riferimento alle condizioni di eticità della partecipazione del personale medico/sperimentatore alla somministrazione del vaccino anti-Covid, il CIEB raccomanda al Governo, agli atenei, agli enti di ricerca e alle strutture sanitarie di sollecitare il personale in questione alla conoscenza e all’osservanza dei principi e delle norme richiamati nel presente Parere, anche a tutela del personale medesimo in vista del contenzioso che la campagna vaccinale inevitabilmente dischiuderà.

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