Contro il Covid spesso bastano cure a domicilio, ma chi ha un cancro non può certo operarsi a casa

di Stefano Pezzola

Dall’inizio dell’epidemia alle ore 12 del 16 marzo 2022 sono stati diagnosticati e riportati al sistema di sorveglianza integrata COVID-19, 154.954 deceduti.
Dopo 18 mesi di pandemia, scriveva il 29 settembre 2021 il Sole 24 Ore, sono 230.000 i decessi certificati dall’Istat per malattie cardiovascolari, con il numero di infarti triplicati.
Fonte:
https://www.ilsole24ore.com/art/dopo-covid-allerta-rossa-le-malattie-cuore-morti-infarto-triplicati-serve-piu-telemedicina-AESlREm?fbclid=IwAR04BMmzyJVQHBRE8EoMKoJOhtz5PPd5c4Oraey1mhSOZpVUExH61AhZuYY

L’allarme dei cardiologi: fra novembre 2021 e gennaio 2022, il 68% delle strutture ha tagliato interventi e ricoveri, il 50% ha diminuito esami diagnostici, il 45% ha ridotto visite ambulatoriali.
Contro il Covid spesso bastano cure a domicilio, ma chi ha un cancro non può certo operarsi a casa” afferma invece il dr. Luigi Cavanna, presidente del COPIMO – Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri, così come chi ha problemi cardiaci ha necessità di recarsi in ospedale per controlli e nel caso interventi chirurgici.
I rapporti emergenti sollevano preoccupazioni sulla potenziale associazione tra i vaccini COVID-19 e le manifestazioni cardiache.
Con lo studio pubblicato QJM: An International Journal of Medicine si è cercato di valutare le complicanze cardiache associate alla vaccinazione COVID-19 in un’analisi aggregata dallo studio di coorte e dalla revisione sistematica della nostra istituzione.
Fonte:
https://academic.oup.com/qjmed/advance-article/doi/10.1093/qjmed/hcab252/6377795?login=false

Sono stati studiati pazienti consecutivi ricoverati in un ospedale terziario di Singapore tra il 1 ° gennaio 2021 e il 31 marzo 2021, con l’insorgenza di manifestazioni cardiache entro 14 giorni dalla vaccinazione COVID-19.
Inoltre, è stata eseguita una revisione sistematica, con i database PubMed, Embase, Research Square, MedRxiv e LitCovid accessibili dall’inizio fino al 29 giugno 2021.
Questo studio è il primo e il più grande del suo genere ad esaminare l’associazione temporale tra vaccinazioni COVID-19 ed eventi cardiaci avversi.
I risultati hanno dimostrato che i pazienti che sviluppavano manifestazioni cardiovascolari associate alla vaccinazione COVID-19 erano prevalentemente di sesso maschile.
Quelli con miocardite erano più giovani e tendevano a presentare 72 ore di post-vaccinazione, mentre quelli con infarto miocardico acuto erano più anziani e in genere presentavano una post-vaccinazione di 24 ore.
La maggior parte dei pazienti che presentavano miocardite ha sviluppato sintomi dopo la seconda dose di vaccinazione, mentre la maggior parte dei pazienti con infarto miocardico acuto ha sviluppato sintomi dopo la prima dose.

Casi singoli, rari, che si sono risolti positivamente, la cui correlazione con il vaccino è tutta da provare“.
Questa la narrazione rassicurante proposta dai media.
Ma la correlazione tra la somministrazione dei farmaci mRNA e le infiammazioni cardiache dovrebbe spingere i medici ad effettuare accurate valutazioni, dovrebbe appunto.
Uno studio condotto dai ricercatori del Providence Regional Medical Center Everett di Washington, basato sull’analisi dei dati provenienti da 40 ospedali statunitensi, e pubblicato sulla rivista scientifica Jama dopo revisione paritaria certifica una frequenza di 2,8 casi di miocardite o pericardite ogni 100.000 vaccinati.
Fonte:
https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2782900

Nello studio si specifica che ”il numero medio mensile di casi di miocardite o miopericardite durante il periodo prevaccinale era 16,9, mentre durante la campagna vaccinale è salito a 49,1”.
Le persone colpite sono state in gran parte giovani (età media 36 anni) ed hanno accusato l’infiammazione cardiaca più spesso dopo la seconda dose di vaccino, mediamente a tre giorni di distanza dall’inoculazione.
I casi hanno interessato principalmente i vaccinati con farmaci a tecnologia mRNA (Pfizer e Moderna) ma vi sono stati due casi anche tra chi ha ricevuto il vaccino prodotto da Johnson & Johnson.
La conclusione è però come sempre la stessa ovvero “i benefici superano i rischi” e quindi avanti tutta, nonostante il fatto che anche questi effetti collaterali colpiscano in buona parte soggetti giovani e privi di patologie, gli stessi che hanno i margini di rischio più bassi dall’infezione SARS-CoV-2.

Ma si può essere sicuri che i soggetti che hanno sofferto di infiammazioni cardiache dopo il vaccino potranno essere al riparo da conseguenze a medio e lungo termine?
Il dubbio viene anche questa volta da una fonte ufficiale – oltre che dal dato dei decessi per malattie cardiologiche pubblicato dall’Istat – ovvero l’agenzia governativa statunitense National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) che nella propria scheda sulle infezioni cardiache precisa che le persone con miocardite sono a rischio di un evento ripetuto per anni dopo la prima occorrenza e che i soggetti colpiti, seppur guariti, dietro indicazione medica dovranno continuare ad assumere farmaci “per complicazioni come insufficienza cardiaca o aritmie o per condizioni mediche che potrebbero aver contribuito a endocardite, miocardite o pericardite spesso per diverse settimane e in alcuni casi per tutta la vita”.

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