Il punto di non ritorno

di Stefano Pezzola

In ogni storia vi è un particolare evento che parafrasando il linguaggio di volo definisco “Punto di non ritorno”, quel preciso momento della rotta superato il quale non si ha più autonomia di volo e quindi diventa impossibile ritornare alla base.
Il punto di non ritorno per questa umanità disumanizzata l’ho sempre posto tra l’1 e il 3 settembre 2004, allorchè nella scuola Numero 1 di Beslan, nell’Ossezia del Nord nel Caucaso, un gruppo di 32 terroristi occupò l’edificio scolastico sequestrando circa 1.200 persone tra adulti e bambini.
Due giorni dopo, quando le forze speciali fecero irruzione, ebbe inizio un massacro che causò la morte di più di trecento persone, fra le quali 186 bambini ed oltre 700 feriti, la strage di Beslan.
L’undici settembre del bambini.
Ho chiuso gli occhi ai bambini fucilati alle spalle dai terroristi, li ho portati in braccio. Si può chiamare liberatore chi compie questi atti? Non si lotta per la libertà uccidendo bambini. Qui c’è un insegnamento per l’umanità intera: il terrorismo è un male che può colpire ovunque, a New York, a Madrid, su un autobus. E l’umanità non ha altra scelta se non unirsi per non far passare il terrorismo. Questa lotta viene prima di tutto, poi chiariremo le differenze politiche” le parole di un testimone.

Oggi siamo di fronte ad un nuovo punto di non ritorno per questa umanità anestetizzata, meno cruento e doloroso sull’immediato, certo.
Il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato nel corso della relazione annuale sull’attività della Consulta ha precisato che secondo l’articolo 78 della Costituzione, l’Italia può fare la guerra, è una decisione che spetta al Parlamento.

L’invio di armi all’esercito ucraino viola gli articoli 11 e 52 della nostra Costituzione come hanno scritto molti costituzionalisti e studiosi del diritto nei giorni scorsi?
Secondo Giuliano Amato non è così perché l’aiuto militare alla resistenza di Kiev non è per nulla un atto illegale o illegittimo.
Vale più l’articolo 11 o l’articolo 52 della Costituzione? Valgono entrambi gli articoli. Però c’è un terzo articolo che va ricordato, l’articolo 78 il quale evidenzia che Parlamento delibera lo stato di guerra e conferisce al governo i poteri necessari, ciò implica inesorabilmente che l’Italia possa trovarsi in guerra” ha affermato.
Un ripudio non assoluto della guerra, quindi.
Invece non vi può essere il minimo dubbio sul fatto che l’art.11 della Costituzione italiana vieti il ricorso alla violenza bellica “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali“.
Lo sanno anche i bambini, anche le piccole anime trucidate a Beslan.
E nessun dubbio è possibile circa l’art. 52 della Carta, che consente l’uso della forza soltanto per la difesa della patria una volta che, come prescrive l’art. 78, lo stato di guerra sia stato formalmente dichiarato dal Parlamento.

E allora?
Un nuovo punto di non ritorno per questa umanità ipocrita
Il moralista Amato – e possiamo quindi facilmente comprendere perchè Mario Draghi l’abbia voluto come Presidente della Corte Costituzionale – cita due casi particolari di intervento militare internazionale a suo parere legittimo e moralmente giustificabile.
La guerra della Nato e dell’Italia contro la Serbia e il Montenegro per la questione del Kosovo e la guerra degli Stati Uniti e della Nato contro il popolo afghano.
Ciò che probabilmente Giuliano Amato dimentica è che sia la guerra per il Kosovo voluta nel 1999 dal presidente Bill Clinton, sia la guerra decisa dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna nel 2001 contro l’Afghanistan, non sono mai state autorizzate dal Consiglio di Sicurezza.
Nel caso della guerra per il Kosovo, ad esempio, una netta opposizione era stata espressa dalla Russia, dalla Cina e dall’India.
Anche in quel caso si è trattato di guerre di aggressione moralmente deprecabili e contrarie allo Statuto delle Nazioni Unite e alla Costituzione italiana.

Ma lo sappiamo, il “punto di non ritorno” non interessa al disgraziato e anestetizzato popolo italiano.
Perché quando Giuliano Amato afferma che in Afghanistan l’Italia partecipò legalmente a “operazioni militari decise nelle sedi sovranazionali per garantire la pace e la giustizia fra le nazioni” distorce la realtà dei fatti, in altre parole mente sapendo di mentire.
Lo fa consapevolmente sapendo di parlare a cittadini privi di memoria storica e teledipendenti.

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