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‘Come è nata la Dattilografia’: dal Museo dei Mezzi di Comunicazione

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‘Come è nata la Dattilografia’: dal Museo dei Mezzi di Comunicazione

Arezzo – Nel 1855 a Novara si concretizzava un’idea nuova nel campo della COMUNICAZIONE: la scrittura diventa automatica con caratteri alfabetici meccanizzati che, riportati sui tasti “ presi in prestito ” dal CEMBALO , anziché produrre note musicali (come tutti sappiamo) alla battitura, provoca la stampa di una lettera.
Un sistema di scorrimento automatico ideato dallo stesso Ravizza, faceva scorrere la carta potendo così scrivere una parola intera e da questa una riga e quindi una lettera.
In poco tempo questa idea oltrepassò le Alpi e addirittura l’Oceano e, alcune ditte americane misero in produzione industriale un modello che, in pochi anni fecero diventare il “cembalo scrivano” una macchina da scrivere di cui tutti noi sappiamo quanto abbia contribuito allo sviluppo della comunicazione scritta, sostituendosi rapidamente agli “scrivani amanuensi ” (uomini dotti che sapevano scrivere per tutti gli innumerevoli analfabeti di città e campagna).
La storia del “cembalo scrivano” non si fermava alla prima idea brevettata nel 1855 ma, si evolveva negli anni successivi con continue nuove idee di aggiornamento che Giuseppe Ravizza apportava alla sua macchina per superare (si fa per dire ) la concorrenza delle proposte americane, francesi, tedesche ed inglesi (arrivò a costruire 16 esemplari diversi, dal 1855 al 1883, migliorandone sempre le caratteristiche).
Una delle più importanti novità riportate nel cembalo scrivano è stata quella di avere la possibilità della lettura di ogni battuta che si faceva per la stampa del carattere, cosa che ancora (siamo nel 1870 – 80) in tutti i modelli stranieri si proponeva la “scrittura cieca” perché il foglio poteva essere letto togliendolo dalla macchina e, solo a quel momento, chi scriveva, si poteva accorgere di eventuali errori di battuta, dovendo spesso riscrivere tutta la pagina, con la perdita di tempi molto elevati.
Nonostante quindi che il nostro Ravizza avesse dedicato tutta la sua vita a questa grande idea ed ai suoi aggiornamenti, non trovò nessuno, in Italia, che gli acquistasse il brevetto e, il suo CEMBALO SCIRVANO fu sopraffatto dalla irruente pubblicità straniera facendo calare nell’oblio storico questa nostra grande invenzione. L’OLIVETTI, unica manifestazione industriale su questo settore della scrittura meccanica, fu fondata a Ivrea, solo nel 1908 da Camillo Olivetti, e non legò mai la sua produzione e gli sviluppi fortunati successivi alla macchina del Ravizza
Ovviamente, oltre alla concorrenza estera, ci sono state ragioni contingenti che impedirono l’affermarsi del cembalo scrivano:
1 – La mancata nascita del fenomeno industriale nel nostro territorio metteva in discussione qualsiasi innovazione lasciando attiva la produzione artigianale, derivata dai secoli passati, che non poteva contrastare l’esuberante organizzazione che nel resto d’ Europa e negli Stati Uniti stava esplodendo il questa metà dell’800: la produzione industriale;
2 – il momento politico degli anni 1855- 1875 vide le principali operazioni Risorgimentali e
l’affermarsi dell’Unità d’Italia, di cui quest’anno celebriamo il 150° anno, trascurando, purtroppo, lo sviluppo di questa e di tante altre idee che stavano maturando nella testa degli italiani.

CELEBRAZIONE DEI 150 ANNI dall’UNITA’ d’ITALIA.
Il Museo dei Mezzi di Comunicazione, dal 2 aprile 2011 ha già aperto una sezione dedicata a questo grande evento : alcune vetrine sono state allestite con immagini , statuti e strumenti scientifici originali dell’epoca, riguardanti la fotografia, la telegrafia, la posta.
Questa mostra, che durerà fino al 31 – dicembre 2011, si arricchisce ora con un’altra vetrina dedicata al “CEMBALO SCRIVANO” di Giuseppe Ravizza, esponendo un vero modello di questa macchina, acquisito circa 10 giorni fa, del quale sappiamo che ci sono solo 4 o 5 altri esemplari nelle più accreditate collezioni e musei.
Diamo di seguito le caratteristiche del CEMBALO SCRIVANO:
– elementi che compongono la macchina: 800;
– materiali impiegati: base in legno, supporti e cestello in ottone; tiranti leve e molle in ferro;
leve porta tasti in legno; tastiera: 31 pezzi in legno ricoperti di madreperla ed avorio;
– leve porta caratteri: legno appesantito con piombini per aumentare la forza nella battuta;
– meccanismo di ritorno del carrello: manuale con cordicella e contrappeso;
– meccanismi “interlinea”: manuale mediante ingranaggio;
– traino del carrello: a molla ed ingranaggio.

Le modifiche continue furono apportate dal 1855 fino al 1883 e, dei 16 modelli maturati da Ravizza, solo alcuni esemplari realizzati in questo percorso migliorativo sono documentati nel DIARIO personale dell’inventore e nei diplomi consegnati nelle varie esposizioni sia nazionali che internazionali.

Il nostro Museo si è arricchito quindi di un altro tassello storico che, aggiunto alle già numerose macchine da scrivere antiche, poste in mostra nella sezione “scrittura”, ci mette ai primi posti nazionali come conservatori di una storia che possiamo riportare integralmente sulla didattica, durante le visite di gruppo delle scolaresche.
Anche sotto l’aspetto turistico, il visitatore occasionale apprezza sempre la particolare curiosità storica, rimanendo spesso meravigliato di trovare ad Arezzo un luogo deputato alla proposta di tematiche così ricche di particolari che vanno a completare il tema dei mezzi di comunicazione.
Vista la rarità di questo ultimo oggetto acquisito, che evidenziamo nella mostra dei 150 anni dall’Unità d’Italia, organizzata all’interno del museo, invitiamo i nostri concittadini e tutti coloro che, passando da Arezzo, siano incuriositi a frequentare il nostro museo per vedere questo particolare e rarissimo cimelio, e …………………………….non solo.

Fausto Casi
Direttore del Museo dei Mezzi di Comunicazione
www.faustocasi.it