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Dalle falde inquinate e stressate alla rete obsoleta

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Roma, 21 ott.(Adnkronos) – Le falde acquifere italiane sono inquinate e stressate. La rete idrica obsoleta. Lo stato complessivo del bacino del Po gravemente compromesso da inquinanti e attività industriali e agritecniche e la direttiva europea che fissa al 2015 il termine entro il quale risanare i corpi idrici è, secondo il parere della stessa Comunità Europea, impraticabile, perché una falda non si risana dall'oggi al domani. A dipingere a tinte fosce il ritratto delle acque italiane sono i geologi, scendendo in campo a favore dell'acqua come "bene comune e diritto inalienabile di tutti i cittadini del mondo. Noi – dichiara all'Adnkronos Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale geologi – siamo per l'acqua pubblica a gestione pubblica e se qualcosa non ha funzionato nel sistema, allora va rivisto e corretto senza fare ricorso a società private". Per rivedere il sistema è necessario, secondo i geologi, tenere presenti le tematiche ambientali per arrivare a una gestione integrata dell'acqua funzionale, soprattutto tenendo conto che l'acqua non è, a differenza di quello che in molti sembrano credere, una risorsa inesauribile. Possiamo raccoglierla, purificarla, confezionarla e trasportarla, ma non possiamo produrla. Pur essendo una risorsa rinnovabile l?acqua è comunque scarsa, e solo lo 0,001%, sui circa 1,4 miliardi di Km3 d'acqua presenti sul pianeta, è a disposizione del consumo umano. Ad essere più stressate, sia dal punto di vista della quantità che della qualità delle acque, sono le zone industriali e le grandi aree metropolitane, da Nord a Sud della Penisola. In Sardegna, l'85% dell?acqua potabile immessa nelle rete idrica va persa: uno dei peggiori dati in Italia, che testimonia come "su 100 litri immessi nella rete, 85 si perdono lungo la strada", dice Davide Boneddu, presidente dell?Ordine dei Geologi della Sardegna. Nessuna carenza idrica per il Lazio, invece, dove il fabbisogno viene sufficientemente garantito dai sistemi idrogeologici, ma non mancano i problemi di natura infrastrutturale ed endemica che risiedono "nell?elevatissimo grado di fatiscenza e scarsità di manutenzione delle reti di distribuzione, con percentuali di perdita che raggiungono anche il 75%", spiega Roberto Troncarelli, presidente dell?Ordine dei Geologi del Lazio. A questo si aggiunge l'alta percentuale di arsenico e fluoro presenti nelle acque destinate al consumo umano, contaminazione naturale che, tuttavia, per le direttive europee rende queste acque ?non a norma?. In Friuli Venezia Giulia, una delle zone più piovose d?Italia, l'acqua non manca, e neanche le contaminazione da nitrati e metalli pesanti. A discapito di ciò, il Piano di Tutela delle Acque, strumento cardine per la tutela della risorsa, si trova ancora in fase di elaborazione con tempi incerti sul suo completamento. Il Piano è essenziale per gestire le acque e razionalizzare i prelievi al fine di evitare che l?attuale deficit idrico della Bassa Pianura non incida sulle falde acquifere a monte e sugli ecosistemi acquatici superficiali. In più, "è in atto un processo di desertificazione in alcune regioni del Sud e in Sicilia – dice il presidente del Consiglio nazionale geologi- dovuto tanto a motivi naturali, dal dissesto idrogeologico al cambiamento climatico, quanto a una cattiva gestione delle acque. Per arginare il problema ci vorrebbe un percorso legislativo e normativo a difesa dei corpi idrici e programmi di lotta alla desertificazione sui modelli di quelli adottati in Europa, ma non si fa niente". Sarebbe auspicabile, secondo Graziano, un'autorità pubblica centrale che gestisca bacini grandi e piccoli, che abbia il polso della situazione regione per regione, avendo ben chiaro il quadro delle falde inquinate o delle urbanizzazioni sbagliate. Nella stessa ottica, sarebbe utile la presenza nelle pubbliche amministrazioni della figura del geologo, "perché spesso nelle scelte scontiamo la mancanza di una funzione consultuiva affidata al geologo, mancanza che porta l'amministratore a fare sceltre sbagliate, anche se in buona fede". "Paradossalmente – aggiunge Graziano -l'Italia è il Paese che maggiormente ha biosogno di incentivare la ricerca geologica ma è anche quello che investe meno nel settore. Persino in Polonia ci hanno superato da questo punto di vista, comprendendo in pieno l'importanza del settore. Ora i polacchi stanno investendo in ricerca geologica allo scopo di recuperare frazioni di idrocarburi da alcune rocce…".

Articlolo scritto da: Adnkronos