Home Cronaca Bengasi: nuove prove scagionano l’operatori sanitari Bulgari

Bengasi: nuove prove scagionano l’operatori sanitari Bulgari

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ROMA – Nuove prove scientifiche, che scaturiscono per la prima volta da dirette analisi molecolari, gettano non pochi dubbi sulle prove a carico di sei operatori sanitari bulgari accusati dalla magistratura libica di aver volontariamente contaminato nel 1998 con un sottotipo del virus dell’Hiv più di 400 bambini ricoverati presso l’ Al Fateh Hospital di Bengasi. E per questo condannati alla pena capitale. Secondo la ricerca, pubblicata su Nature e condotta da un team anglo-italiano costituito da ricercatori dell’università di Oxford, dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’ateneo di Tor Vergata di Roma con la collaborazione dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, il sottotipo di Hiv in questione aveva cominciato ad infettare i piccoli pazienti ben prima dell’arrivo degli operatori sanitari in Libia.

I ricercatori hanno analizzato le sequenze genetiche dei ceppi virali di Hiv e Epatite C (Hcv) isolati nei pazienti e, dall’analisi delle mutazioni accumulatesi nel tempo, hanno potuto ricostruire la storia della trasmissione dei sottotipi di virus coinvolti cercando di individuare il momento in cui le epidemie sono scoppiate. La forte evidenza scientifica generata da questi dati testimonia come l’epidemia sia stata favorita dalle scarse condizioni di igiene dell’ospedale e non da una deliberata trasmissione.

“Siamo riusciti a dimostrare – ha sostenuto Oliver Pybus, della Oxford University e coautore della ricerca – che i ceppi virali dell’Hiv e dell’Hcv coinvolti nell’epidemia erano già presenti e avevano già contagiato i bambini svariato tempo prima dell’arrivo dello staff medico bulgaro in Libia”.

Il processo ai sei operatori sanitari bulgari si è svolto a Tripoli lo scorso 4 novembre e il verdetto è atteso per il prossimo 19 dicembre. Nel frattempo un’enorme pressione internazionale è cresciuta intorno alla Libia, tanto che lo scorso mese 114 Premi Nobel hanno scritto una lettera aperta al Colonnello Gheddafi chiedendogli di far sì che le autorità competenti in materia tengano conto delle prove scientifiche indipendenti e non di quelle usate al processo che, secondo gli esperti internazionali, non sono altro che congetture e supposizioni. “Tutte le linee dell’indagine scientifica convergono nella stessa direzione – ha detto Tulio de Oliveira, ricercatore della Oxford University e coordinatore dello studio – e cioè verso un problema di controllo dell’infezione di lunga data, che comincia verso la metà degli anni Novanta o forse prima”.