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Tricheco marino svela il mistero della cornea trasparente

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Tricheco marino svela il mistero della cornea trasparente

ROMA – Individuata la proteina che impedisce il formarsi di vasi sanguigni nella cornea: una scoperta chiave per lo sviluppo di nuovi farmaci antitumorali e contro la maculopatia degenerativa, principale causa della cecità degli anziani. Lo studio, pubblicato oggi su Nature, si deve a un team di scienziati internazionali, tra cui Sandro De Falco del Cnr

“Il mistero della assenza di vasi sanguigni nella cornea e, di conseguenza, la sua trasparenza – un requisito fondamentale per la vista – è stato per 50 anni oggetto di ricerche scientifiche. Questa peculiare caratteristica ha fatto della cornea una piattaforma sperimentale ‘in vivo’ utilizzata per validare sostanze pro- ed anti-angiogeniche, cioè atte a facilitare o ostacolare la formazione dei vasi. Ora i nostri studi hanno portato alla identificazione del responsabile di questo fenomeno: la presenza di elevate concentrazioni della forma solubile di una proteina, il recettore Flt-1”, spiega Sandro De Falco, ricercatore dell’Istituto di genetica e biofisica del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli e coautore di una ricerca che ha visto impegnati i laboratori della Kentucky University of Lexington e del Medical College of Georgia (Usa) e ricercatori del Giappone, del Regno Unito, dell’Australia e dell’Italia.

I ricercatori sono partiti da una osservazione che all’inizio è sembrata essere un paradosso, e cioè che nella cornea è presente un potentissimo fattore pro-angiogenico, il Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF). Questa proteina interagisce con due proteine recettori presenti sulla superficie cellulare, noti come Flt-1 e KDR, in grado di trasmettere alla cellula i segnali attivati dal VEGF. Il recettore Flt-1 esiste in due forme: di membrana in grado di trasmettere il segnale e in forma solubile non ancorata alla membrana. La chiave dell’assenza di vasi nella cornea è proprio la presenza di elevate concentrazioni di Flt-1 in forma solubile e la contemporanea assenza della forma di membrana. Per verificare questa ipotesi i ricercatori hanno lavorato con approcci sia di tipo biochimico sia di tipo genetico su diversi modelli animali knock-out (topi di laboratorio in cui è stata spenta l’espressione di un singolo gene).

“Utilizzando il topo knock-out per il gene Placental Growth Factor (PlGF), appartenente alla stessa famiglia del VEGF ed in grado di interagire anch’esso con il recettore Flt-1”, prosegue De Falco, “abbiamo verificato che anche nel nostro modello animale, bloccando l’espressione di questo recettore, si ottiene una spontanea vascolarizzazione della cornea. Questa prova è stata confermata anche utilizzando varianti della proteina PlGF da noi generate”.

A conferma della correttezza degli approcci sperimentali utilizzati per individuare il meccanismo molecolare è stata osservata la cornea del Trichecus Manatus o lamantino, un tricheco marino che vive vicino all’estuario dei fiumi. “Ebbene, nella cornea del lamantino non è presente la forma solubile del recettore Flt-1, ma solo la forma di membrana, che, essendo in grado di trasmettere alle cellule i segnali attivati dal VEGF, determina correttamente la vascolarizzazione della cornea”, spiega De Falco. “La possibile ricaduta delle nostre ricerche sarà l’utilizzo di questa molecola per bloccare l’affermazione di nuovi vasi soprattutto nei tumori in quanto l’angiogenesi è uno dei fenomeni cruciali per la crescita tumorale e fattore di rischio che determina la maculopatia degenerativa, principale causa della cecità degli anziani”.