
AREZZO – 94 tonnellate di anidride carbonica in meno nell’atmosfera grazie all’albero di Natale “vero”, anziché l’abete di plastica (100 grammi contro 20 chili di CO2 ad albero). Insomma portando a casa un abete coltivato in Casentino o nella montagna pistoiese facciamo un bel regalo natalizio al nostro ambiente. Rilanciando l’economia di aree rurali spesso svantaggiate. E’ quanto è emerso dalla giornata di studi che si è svolta oggi a Poppi (Ar), organizzata dall’Arsia, l’Agenzia regionale per lo sviluppo l’innovazione del settore agricolo e forestale, in cui sono stati presentati i risultati e le attività del progetto di ricerca “Produzione biologica di piante ornamentali Pro.Bi.Orn” che ha affrontato in maniera organica le problematiche collegate al florovivaismo biologico e in particolare, appunto, all’albero di Natale.
Sono circa 1000 (con 10mila addetti) le aziende vivaistiche specializzate che producono alberi di Natale in Italia di cui la quasi totalità in Toscana (Pistoia e Arezzo) e Veneto. In Toscana la produzione è in circa 800 ettari fra il Casentino e l’Appennino pistoiese.
Per produrre, ad esempio, 500mila alberi di Natale in plastica si consumano 10mila tonnellate di petrolio e si consumano 88.500.000 kg di acqua immettendo nell’ambiente 11,5mila tonnellate di anidride carbonica. Con l’abete vero, invece, tutto questo si riduce: 45,2 grammi di petrolio ad albero (per 500mila alberi di Natale veri 22.500 kg di petrolio) e 103g di anidride carbonica (51.500 kg per 500mila alberi). Emissioni che si ridurrebbero a zero se la coltivazione fosse biologica.
"E’ fondamentale far capire i vantaggi dell’albero di Natale coltivato – sottolinea Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia -: ne guadagna soprattutto il nostro ambiente, e con la coltivazione biologica dell’abete natalizio possiamo eliminare anche quel minimo di impatto ambientale esistente, che è comunque di gran lunga minore rispetto all’albero di plastica. Inoltre incentivare il vivaismo come produzione dell’albero permette di riqualificare l’economia di aree montane della Toscana, ritenute marginali per l’agricoltura convenzionale, ma che possono trovare in questa produzione uno sbocco commerciale alternativo e che offre reddito a molti agricoltori. E con questa coltivazione – aggiunge – si contribuisce al mantenimento della stabilità delle aree montane, occupando terreni che, altrimenti, correrebbero il rischio di abbandono con conseguenze negative sulla stabilità idrogeologica del territorio". Il progetto, durato due anni, è stato finanziato da Arsia, tramite bando pubblico, e gestito dal consorzio per l’Albero di Natale del Casentino (CANC), con il coordinamento scientifico del C.R.A. – Unità di ricerca per il vivaismo e la gestione del verde ambientale e ornamentale di Pescia e ha visto la partecipazione di sedici soggetti, tra partner attivi e sponsor. Sono molte le potenzialità di mercato per l’albero di Natale biologico, e grazie alla ricerca oggi abbiamo strumenti e metodi alternativi al diserbo chimico, di difesa fitosanitaria e per la produzione di talee con metodi biologici.
Un’importante iniziativa di comunicazione per i consumatori è stata svolta dal Consorzio dell’albero di Natale del Casentino, che ha portato gli abeti casentinesi nel centro di Milano illustrando i vantaggi derivati dall’abete coltivato.