Home Attualità Costi cereali: non spariamo sui produttori aretini

Costi cereali: non spariamo sui produttori aretini

0

AREZZO – I minacciati aumenti del pane e della pasta non trovano alcuna giustificazione. Gli incrementi di prezzo dei cereali, oltre che modesti, a stento arrivano alle quotazioni di dieci anni fa, a fronte di costi di produzione cresciuti nello stesso periodo di oltre il 25 per cento. E’ quanto segnala la Cia di Arezzo per la quale quelli di questi giorni anche nel territorio aretino sono soltanto allarmismi peraltro infondati. «L’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari derivati da cereali rappresenta una problematica molto sentita a livello locale – afferma Paolo Tamburini, Presidente della Cia di Arezzo – e sicuramente in buona fede si tende ad attribuire la responsabilità a produttori, trasformatori, distributori e addirittura alle bioenergie».

Da diversi anni a questa parte, sottolinea la Cia di Arezzo, i prezzi alla produzione di quasi tutte le derrate agricole sono in costante calo. Frutta, olio, carne di suino, tabacco etc., sono solo alcuni esempi di comparti in difficoltà da tempo e non per questo hanno raccolto proseliti alla propria causa. Nel caso della pasta e dei dolci, sottolinea ancora la Cia di Arezzo, non si giustificano aumenti consistenti, perché la materia prima interviene nella formazione del prezzo in misura molto limitata. «Neanche l’utilizzo dei cereali per i biocarburanti – sottolinea Tamburini – giustifica aumenti del pane e della pasta, in quanto questo particolare settore dell’energia nel nostro Paese, si accinge appena a muovere i primi passi e determina molto relativamente i rialzi della materia prima». Di conseguenza, secondo la Confederazione, i rincari al consumo non hanno alcun fondamento e rischiano di caratterizzarsi come artificiosi, se non addirittura speculativi.

«Produrre cereali, specie se di qualità non selezionate, è spesso poco remunerativo se non antieconomico, considerato i costi di semina, lavorazione e soprattutto concimazioni (rincari del 40% in un anno)» – dice Tamburini. «Se di aumento si può parlare – continua il Presidente della Cia di Arezzo – allora si tratta di un aumento relativo, giustificato da una minor produzione in paesi storicamente produttori (l’Australia a dimezzato la produzione del 50% per fattori climatici) e questo non può che rappresentare solo una piccolissima opportunità per molti produttori che si attendono certezze dal mercato». Il calo costante di aziende agricole anche in provincia di Arezzo, evidenzia la Cia di Arezzo, testimonia una situazione tutt’altro che rosea per il settore primario. E’ opportuno perciò ribadire i concetti espressi per garantire la giusta tutela dei produttori da parte delle organizzazioni agricole che come la nostra sono in prima linea al fianco di chi tutti i giorni lavora per la comunità.