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Greenpeace: riserve marine, una polizza per cambiamento climatico

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Greenpeace: riserve marine, una polizza per cambiamento climatico

ROMA – Una rete europea di aree marine protette per difenderci contro gli impatti del cambiamento climatico sugli ecosistemi marini. La chiede Greenpeace con "The heat is on", un rapporto scientifico presentato oggi in vista dell'incontro delle Nazioni Unite sugli impatti climatici che si terrà a Bruxelles la prossima settimana.

"Proteggere le alghe, le stelle marine e i polpi non è un lusso, un ecosistema in salute dipende anche da queste specie e dai loro habitat. Creare delle riserve marine significa contrarre una polizza contro i rischi derivanti dal cambiamento climatico" afferma Alessandro Giannì, responsabile mare di Greenpeace. "Il mare non è solo fonte di proteine per milioni di persone che vivono lungo le coste. Assorbe il calore dall'atmosfera per ridistribuirlo in tutto il globo e sequestra la CO2 in eccesso."

Attività come la pesca eccessiva, l'estrazione di sabbia e minerali e l'inquinamento stanno mettendo in crisi la capacità degli ecosistemi marini di adattarsi al cambiamento climatico. L'aumento dei gas serra in atmosfera ha già causato l'aumento della temperatura anche a tremila metri di profondità, secondo una recente ricerca delle Nazioni Unite. Tra i possibili impatti previsti c'è anche lo spostamento e la riduzione dei siti di riproduzione delle specie ittiche, l'alterazione delle correnti oceaniche e un aumento dell'acidità causato dall'anidride carbonica, oltre a tempeste e innalzamento del livello dei mari.

"Chiediamo al Parlamento europeo di sostenere la proposta di creazione di una rete di riserve marine dai mari del Nord al Mediterraneo quando dovrà votare, quest'estate, la direttiva per la strategia marina europea. Per ora i ministri competenti dei diversi Stati europei, con l’eccezione dell’Italia, si sono dimostrati poco inclini a prendere le necessarie misure per difendere il mare"

Leggi la sintesi del rapporto "The heat is on", in italiano e il rapporto completo, in inglese, su: www.greenpeace.it