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Immigrazione: i Circoli della libertà prendono posizione

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AREZZO – Antonino Armao, Presidente del Circolo della libertà di piazza Giotto, prende posizione sulla questione immigrazione.
"La vicenda delle sepolture islamiche nei cimiteri di Rigutino e San Leo ad Arezzo e le polemiche che ne sono seguite dopo la decisione unilaterale del Comune, sembra avere trovato una prima composizione nell’atto pubblicato lunedì scorso dove la Giunta comunale dà indirizzo di verificare quali aree cimiteriali possano individuarsi nel Comune di Arezzo al fine di dare attuazione alle esigenze espresse nella delibera del Consiglio Comunale del 13 aprile 2007 e di stabilire che si debba preventivamente attivare una ampia fase di ascolto e di cognizione, partendo dalle circoscrizioni e dalle realtà locali, nonchè dell’apporto delle strutture comunali, e di strutture esterne, se ritenute necessarie”.
Con questo atto il Sindaco Fanfani riabilita il Comune di Arezzo della protervia e dell’arroganza con cui taluni esponenti della maggioranza che lo sostiene hanno trattato questa vicenda, dimostrando di essere il Sindaco di tutti.

Tuttavia la questione dei cimiteri è stata utile per chiarire varie posizioni e riportare tra il popolo anche di sinistra che sperimenta la difficoltà della convivenza, il dibattito sulle politiche di accoglienza soffocato dalla censura politicamente corretta imposta dalla sinistra radicale.
Grazie alla vasta eco sollevata dalle comunità cristiane coinvolte nella vicenda, abbiamo conosciuto la posizione ufficiale della Diocesi di Arezzo che si è espressa sulle sepolture islamiche in termini di «dialogo fra fedi» e «rispetto delle radici cristiane» affermando che le richieste dei musulmani sono legittime, ma non va urtata la sensibilità delle popolazioni locali.
Il comunicato della Diocesi precisa che “stima e comprensione reciproche devono guidare anche le scelte presenti, le quali, se intendono realmente favorire l’amicizia e l’integrazione fra i popoli, non possono prescindere da decisioni improntate al rispetto dell’identità della comunità cristiana”.

La vicenda ha definitivamente chiarito anche la posizione culturale di alcune organizzazioni sociali che hanno subito apprezzato “la decisione approvata quasi all’unanimità dal Comune di Arezzo, come anche di molti altri comuni sul territorio nazionale, di destinare alcune piccole aree dei cimiteri comunali alle sepolture dei cittadini di fede islamica”. Firmatari: Ucodep, Arci, Emmaus, Rondine Cittadella della Pace, Acli ed altri.
Le posizioni di queste organizzazioni, ed in generale della sinistra locale, sono state in linea con la posizione politica assunta a livello nazionale dal governo Prodi che, in segno di forte discontinuità con il governo precedente, si prepara a introdurre nella legislazione sull’immigrazione differenze radicali.
La legge del governo Berlusconi collegava l’ingresso legale dell’immigrato a un contratto di lavoro, stabiliva quindi che la certificata necessità di una occupazione da parte del cittadino italiano fondasse il titolo dell’immigrato a entrare nel nostro Paese. Il presupposto della legislazione che il governo Prodi vuole introdurre è il contrario: si fonda sul dovere del nostro Paese di accogliere l’immigrato che vuole stabilirsi tra noi. Nella prospettiva del governo Prodi l’accoglienza diviene il contenuto della legalità. Basterà a un cittadino extracomunitario entrare in Italia solo con l’esibizione del passaporto. Ritornerà in vigore il sistema dello sponsor che offre a un extracomunitario la possibilità di venire in Italia senza alcuna motivazione o impegno a fornire un lavoro.

La politica dell'accoglienza della porta aperta diviene un caso unico nella politica europea, dove ogni Paese sente il problema dell'immigrazione in modo crescente.
E il Paese, che come l'Italia, (e ancora di più) è soggetto all’immigrazione subsahariana, la Spagna, ha stabilito (con il governo Zapatero) la chiusura delle sue frontiere e il rimpatrio immediato degli immigrati dal Senegal e dalla Mauritania nel loro Paese, avendo raggiunto un accordo in tal senso con i governi di provenienza degli immigrati.
Verrà inoltre proposta la riduzione a cinque anni del tempo richiesto per la concessione della cittadinanza italiana.

È caduto nella concezione della sinistra radicale italiana ogni sentimento della compatibilità delle diverse culture che l’immigrazione porta nel nostro Paese con la cultura della nostra gente. Il rito di cittadinanza, come la facoltà di residenza, vengono separati dall’identità di un popolo che si vede imporre la convivenza con l’immigrato come un dovere politico. Ciò lascia il cittadino italiano per cultura e storia in condizioni di difficoltà, perché gli sembra che la sua storia non conti nulla e che egli debba, per imposizione politica, sentirsi meno tutelato dell’immigrato che la politica protegge.

Basta immaginare quale eco avrà nel mondo subsahariano e mediorientale e in genere in tutti i Paesi di immigrazione, l’idea che l’Italia sia il ventre molle dell’Europa e che la via all’Italia e all’Europa passi per le nostre frontiere.
Rifondazione Comunista ha voluto il ministero più delicato del governo, quello che presiede alla composizione della popolazione. Ed essa vi applica il suo concetto fondamentale: i desideri (e i bisogni) sono diritti. Ed è un ministro dalle molte stagioni e dai molti ministeri come Giuliano Amato che offre lo spazio a questo processo di snazionalizzazione della cittadinanza, dimenticando che il peso dell’immigrazione cade sulla gente comune, sul popolo anche di sinistra che sperimenta la difficoltà della convivenza.
Paolo Ferrero ha dichiarato, nei primi giorni del ministero, che la politica dell’immigrazione avrebbe dato alla sinistra quel supporto di voti che le manca. Ma quel che più conta è che la concezione antagonista si manifesta qui nel suo livello teorico più alto, l’antagonismo alla tradizione culturale del Paese.

Come è stato autorevolmente notato, “la proliferazione dei diritti fa sì che le società perdano la propria identità culturale e quindi non siano più in grado di favorire processi di riconoscimento reciproco eticamente fondato. A chi bussa per accedere al riconoscimento sociale, la società accogliente non è in grado di proporre come biglietto di ingresso una identità valoriale chiara. Questo, per esempio, accade nell’accoglienza europea degli immigrati. Viene meno il criterio del lavoro e del pagamento della tasse, si indebolisce il criterio etico di appartenenza nel mentre le tradizioni, che per la moderna cultura dei diritti sono una palla al piede, non filtrano più la consapevolezza della propria identità e non sono più terreno di incontro con chi si riferisce ad altre tradizioni. Per questi motivi oggi assistiamo alla crisi dei criteri di inclusione: non è più chiaro come in passato attraverso quale iniziazione debba passare chi aspira a godere di determinati diritti (Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio Internazionale per la dottrina Sociale della Chiesa in “Per una politica dei doveri dopo il fallimento della stagione dei diritti”).
Il ministro degli Interni Amato ha scritto di temere una rivolta populista: sarebbe peggio se il sentimento di identità nazionale svanisse nello sconforto della multiculturalità."

Articlolo scritto da: Luca Salvadori