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La Terra vista dallo spazio

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La Terra vista dallo spazio

MONTREAUX – Oltre 800 relazioni, più di 50 sessioni scientifiche: a Montreux, in Svizzera, in occasione del congresso internazionale Envisat Symposium 2007, si fa il punto sull’inquinamento, sul surriscaldamento del pianeta e, più in generale, sulla Terra osservata dallo spazio. Quali sono le novità?

Osservare la Terra dallo spazio è sempre stato uno degli obiettivi dei pionieri delle attività spaziali, fin dalla seconda metà del XIX secolo. E in effetti, dall’inizio dell’era spaziale, le attività di osservazione della Terra hanno aumentato sempre più la loro importanza, perché ci permettono di capire meglio come funziona il nostro pianeta, ma anche di erogare servizi utili per la gestione delle risorse o per interventi umanitari.

Uno dei prodotti più emozionanti dei mesi scorsi sono state le mappe animate a livello planetario dell’inquinamento atmosferico da biossido di azoto e da biossido di carbonio: le aree industriali sono evidentissime dello spazio e la Pianura Padana fa bella mostra di sé, come i Paesi Bassi, la Ruhr tedesca, alcune zone della Cina, in generale le capitali europee e così via. È solo un esempio fra i tanti che ci permettono di studiare il problema del clima terrestre in modo quantitativo, scientifico.

Da una quindicina di anni, per esempio, grazie ai vari radar altimetrici a bordo dei satelliti europei ERS-1, ERS-2 prima e Envisat, siamo in grado di misurare con grande accuratezza il livello dei mari. Con queste misure si è dimostrato che la tendenza è di un aumento del loro livello di circa 3 millimetri ogni anno. In modo analogo, grazie alle osservazioni radar, in pochi anni abbiamo raccolto molti dati sul bilancio di massa degli iceberg della Groenlandia e dei ghiacci costali antartici. Lo studio della criosfera, cioè dei ghiacci del pianeta, è fondamentale per lo studio del clima.

L’ESA, come ha confermato Volker Liebig, Direttore dei Programmi per l’Osservazione della Terra, sta pianificando il lancio di ben 17 missioni, negli anni futuri, che garantiscano la piena continuità degli studi, sia per la scienza che per le applicazioni che ne derivano.

In questi primi giorni di congresso sono emerse diverse novità sul ciclo del carbonio, che dà luogo al biossido di carbonio, uno dei gas serra più importanti. Di che si tratta?
Il ciclo del carbonio è l’insieme degli scambi di atomi di carbonio, sotto forma di ossidi (monossido o biossido di carbonio), tra oceani, atmosfera, terra e biosfera. È un ciclo esistente in natura da sempre, ma da quando l’uomo ha iniziato a bruciare combustibile fossile, produce un eccesso di ossidi di carbonio che vengono pompati in atmosfera a ritmi elevati.

Poiché il biossido di carbonio è il più abbondante gas serra, è fondamentale studiare come viene rimosso dall’atmosfera per via naturale e quanto ne viene invece prodotto. Si tratta di identificare e quantificare l’efficienza delle “sorgenti” (naturali e non) e dei cosiddetti “pozzi” di anidride carbonica.

Sulla terra “i pozzi” sono naturalmente le piante, che estraggono anidride carbonica dall’aria attraverso la fotosintesi clorofilliana, mentre negli oceani è il fitoplancton ad assumersi questo compito. Con lo strumento MERIS a bordo di Envisat, solo per fare un esempio, siamo in grado di determinare in modo accurato la presenza di clorofilla nei mari e dunque di dedurne la quantità di fitoplancton presente. Questo è un dato fondamentale per capire il sistema di “pulizia” atmosferica di biossido di carbonio, che a sua volta è un dato fondamentale per la comprensione del ciclo del carbonio.

È la prima volta che, per qualità e quantità dei dati, possiamo studiare le variazioni dell’atmosfera. È fondamentale dal punto di vista scientifico, perché l’atmosfera si modifica su tempi scala molto brevi rispetto al sistema terra, ed è una buona sonda per prevedere la direzione dei cambiamenti a livello planetario. E oggi è fondamentale anche dal punto di vista politico: possiamo ormai utilizzare i satelliti per il controllo del rispetto dei trattati internazionali, come il trattato di Kyoto o il Protocollo di Montreal.

In questi giorni risuonano diversi allarmi sulla possibile siccità dei prossimi mesi. Che cosa c’è di vero?
Non ci sono previsioni scientifiche per pensare oggi che a giugno ci saranno gravi siccità: certamente vi sono anomalie nelle precipitazioni in alcune zone italiane, anche se le riserve idriche sono piuttosto stabili. Certamente è importante evitare gli sprechi, sia a livello dei singoli, perché per quanto singoli siamo tanti, sia nell’utilizzo industriale dell’acqua, sia per quanto riguarda l’agricoltura. Le osservazioni satellitari ci possono aiutare anche da questo punto di vista: la gestione delle risorse idriche e l’utilizzo della terra possono essere controllate dallo spazio. Il programma Earth Observation Market Development dell’ESA, per esempio, ha lo scopo di diffondere i dati delle applicazioni satellitari anche a segmenti di mercato come questo, che sono cruciali per la qualità reale della vita di tutti.