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Le novità sul PIT della Regione Toscana

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FIRENZE – Stamani, a Firenze, presso il Centro Culturale Elsa Morante, si è tenuta la conferenza stampa delle organizzazioni ambientaliste Ambiente e Lavoro Toscana, Legambiente Toscana e Fondazione Toscana Sostenibile intorno alle tematiche connesse al nuovo Piano d’Indirizzo Territoriale della nostra regione. Importanti sono le novità che emergono dall’iter che il Piano sta seguendo in Consiglio Regionale.
Il corpo delle osservazioni presentate il 9 marzo scorso da tutte le associazioni ambientaliste toscane è stato sostanzialmente accolto. Con l’unica eccezione del riferimento al tracciato autostradale tirrenico, che continua a registrare l’irriducibile contrasto tra Regione e rete ambientalista. Le novità più rilevanti sono le seguenti.

(1) E’ cassata definitivamente la formula dell’Agenda Statutaria. Che rappresentava di fatto un ossimoro rispetto alle declamazioni di principio. Come può infatti un’agenda (le cose da fare) avere valenza statutaria? Abbiamo ottenuto la formula (tecnicamente e giuridicamente molto più corretta) dell’ Agenda per l’applicazione dello Statuto del territorio toscano. Una dizione che sposta giustamente la primazia sullo Statuto, che poi informa di sé l’agenda applicativa. Prima l’impianto strategico strutturale del Piano poi le cose da fare.

(2) Si è ottenuta di sana pianta la ricezione dell’istanza di tutela dei corridoi ecologici, anche e soprattutto in ambito urbano. In quella che il PIT definisce la “città policentrica toscana”. In modo tale da veder tutelati in modo cogente e definitivo tutti quegli ambiti fluviali che irradiano da sempre i tessuti urbani della nostra regione. In vista della conservazione, della valorizzazione e dell’ampliamento degli spazi verdi (pubblici e privati) anche in sinergia col recupero e la riqualificazione delle aree demaniali dismesse.

(3) E’ ribadita finalmente con forza (nei capitoli sulla “presenza industriale” in Toscana) la circostanza per cui vanno previste soluzioni progettuali altamente qualificate, dal punto di vista dell’efficienza e del risparmio idrico/energetico, dal punto di vista dell’innovazione tecnologica, in vista di una progressiva prevenzione della produzione di rifiuti e di una loro corretta differenziazione nella raccolta e nello smaltimento.

(4) Si è ottenuto di sana pianta l’inserimento di un apposito articolo della Disciplina di Piano che norma in termini assolutamente stringenti (ai sensi della Convenzione Europea del Paesaggio, del Decreto Lgs. 42/2004 e della LR 1/2005) la tutela dei beni paesaggistici. Prevedendo esso, tra le altre cose, la ricognizione analitica dell’intero territorio regionale, l’individuazione di precisi ambiti paesaggistici omogenei, la schedatura completa dei beni paesaggistici toscani, con relativi gradi di vincolo e gamma di possibili misure di valorizzazione. Questo articolo ribadisce infine l’utilità dell’Istituzione dell’Osservatorio permanente del paesaggio (così come previsto già dall’Art. 33 della LR 1/2005).

(5) Si è ottenuto altresì che, in attesa dell’adeguamento degli strumenti di pianificazione comunale alla disciplina ambientale e paesaggistica contenuta nel nuovo PIT, e nelle more dell’attuazione dell’Intesa Stato/Regione sul paesaggio, i comuni debbano trasmettere tutti i piani attuativi non approvati (ai sensi degli strumenti urbanistici vigenti) e concernenti beni paesaggistici riconosciuti, alla Regione perché, d’intesa col Ministero dei beni culturali, essi vengano poi specificamente discussi e approvati in apposite Conferenze dei servizi interistituzionali.

(6) Si è ottenuta l’introduzione (all’art. 38), nell’espletamento delle attività di valutazione integrata, della strumentazione, assai innovativa, del bilancio e della contabilità ambientali. Una strumentazione all’avanguardia, che permetterà alle Amministrazioni, se ben applicata, di verificare ex ante, in itinere ed ex post la coerenza interna dei propri atti di governo del territorio, soprattutto alla luce della quantificabile capacità di carico dell’ecosistema territoriale entro cui quegli atti necessariamente si declineranno.

“A questo punto la domanda da porsi è: il PIT 2007-2010, nella sua ultima versione, è o no uno strumento utile per arginare ulteriori aggressioni al territorio toscano e favorire una cultura diffusa della qualità e della sostenibilità ambientale? – si domanda il Direttore di Legambiente Toscana, Fausto Ferruzza – Noi riteniamo di sì. Questo non significa affatto pensare al PIT come ad uno strumento salvifico né trascurare i tanti casi di cattiva urbanistica e di pessima gestione del territorio, in particolare dell'ultimo decennio. Anzi. Lo scempio sulla costa, nelle valli e nelle colline interne, è stato ed è ampio e diffuso e contribuisce al ritardo della Toscana nel rilancio della sua economia. In tutte queste vertenze urbanistiche, di cui Monticchiello è solo la punta dell’iceberg, – continua Ferruzza – Legambiente non ha avuto un atteggiamento né tiepido né indulgente. Abbiamo condannato senza appello piani e progetti obsoleti, nati vecchi. Sbagliati nel merito e nel metodo. E in molti di questi casi abbiamo ottenuto sul campo risultati concreti. Ma per la nostra tradizione statutaria, Legambiente non si è mai limitata né mai si limiterà alla fase di denuncia. Ecco perché, finché in questa Regione sussisteranno spazi democratici di discussione come nel caso dei tavoli di concertazione, Legambiente li esplorerà e praticherà con coraggio, senso di responsabilità e determinazione. Denuncia e proposta. Movimento e concertazione. Questa irriducibile dualità è nel nostro DNA. E per nessuna ragione al mondo intendiamo rinunciarvi!”
“L’avvento del mattone come surroga delle tradizionali funzioni industriali è un elemento importante di valutazione di ciò che è successo e ciò che sta accadendo; – esordisce Renato Cecchi, di Ambiente e Lavoro – la Toscana è arrivata impreparata alla globalizzazione, che si è sviluppata anche attraverso processi di finanziarizzazione dell’economia e che ha portato ad una centralità del territorio per il fatto che anch’esso è diventato merce di competizione sul mercato. La Toscana ha subito un processo di deindustrializzazione senza precedenti per la sua storia. Un processo che non ha attratto nuovi capitali e nuovi investimenti in altri processi produttivi e/o in innovazione tecnologica. Ecco perché il mattone è intervenuto come sostitutivo, – continua Cecchi – come palliativo di una governance pubblica del territorio che cerca di autoconservarsi fino a che è possibile. I comuni “vendono” il territorio perché così detengono un potere nei confronti dei privati, che è l’ultimo che possiedono. Tutto questo è rimediabile? Sì, a condizione che le politiche siano improntate davvero all’innovazione e alla sostenibilità, in un’ottica di sussidiarietà molto stretta tra livello toscano, statale e comunitario”.