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Made in e marchio: le strade dell’oreficeria Italiana

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Made in e marchio: le strade dell’oreficeria Italiana

AREZZO – 10: ecco il numero che sintetizza la recente storia dell’oreficeria italiana: in 10 anni la quota italiana del mercato mondiale è crollata fino al 10%. “Il nostro Paese – ricorda Mauro Patrussi, Presidente Provinciale di CNA – è il maggiore esportatore al mondo di prodotti orafi finiti, ma sta perdendo terreno: in un decennio la quota italiana di mercato è scesa dal 34% a meno del 10% e in valore nominale si è dimezzata”
Le cause? Uno dei motivi è la crescita di nuovi protagonisti: l’India negli ultimi 3 anni è passata dal 18 al 53% delle importazioni mondiali di oro, ma anche Cina, Hong Kong Thailandia e Turchia acquistano un peso sempre maggiore.
Sempre più difficili si rivelano gli Stati Uniti (-20%), un tempo principale sbocco dei prodotti italiani, sempre a causa dell’euro forte e della concorrenza, specie dell’India. Sul fronte interno, la produzione, dopo il crollo significativo dell’anno scorso, nei primi 6 mesi del 2007 si è assestata ma il percorso di uscita dalla crisi dei primi anni del decennio non è concluso.
“La globalizzazione selvaggia – ricorda Patrussi – ha ridisegnato il commercio mondiale in una situazione contrassegnata da totale assenza di regole. Globalizzazione come sinonimo di ingovernabilità anche di comportamenti e sistemi di lavoro assai lontani dagli standard occidentali: basti pensare alla totale assenza di norme di sicurezza, allo sfruttamento del lavoro minorile, all’impiego di prodotti non conformi e nocivi: ecco il caro prezzo che sta dietro ai bassi costi di produzione. Queste dinamiche hanno permesso di immettere nei mercati i prodotti più disparati che sfuggono ad ogni controllo e innescano un regime di concorrenza in cui però gli attori in gioco non applicano le stesse regole”.
Difficile reagire. Ma non impossibile. Una strada è quella del made in. “E su questo punto un passo avanti può essere registrato grazie all’azione di pressing che CNA, a livello nazionale, d’intesa con le altre categorie e col sistema camerale ha svolto a livello comunitario sul made in ottenendo il voto favorevole della maggioranza dei parlamentari europei – sottolinea Patrussi. L’accoglimento del marchio made in a livello europeo, se approvato dal Consiglio UE, comporterà una maggiore certezza nella circolazione dei prodotti in ambito europeo”.
Se le istituzioni devono fare la loro parte, analogo impegno è richiesto alle imprese. “Una strada è investire in comunicazione e nel marchio. Nel mercato dei gioielli il brand è ancora marginale (6%) ma negli ultimi 3 anni l’investimento in comunicazione è cresciuto del 54% – afferma il Presidente di CNA. Creare un marchio richiede tempi lunghi e il percorso del gioiello è lento e difficile. Ma il processo di costruzione del marchio porta a conquistare la fiducia del consumatore”.
Secondo Patrussi “è necessario lavorare in sinergia tra i distretti orafi italiani cercando di realizzare dei programmi promozionali interregionali per destinare maggiore risorse sial sul fronte promozionale che per comunicare nei mercati esteri la nostra produzione. Presentarsi come sistema Italia, significa tutelare il made in Italy. Se noi lavoriamo in sinergia i risultati arrivano: lo vediamo nella normativa antiriciclaggio per la quale la spinta delle nostre organizzazioni ha permesso di evitare agli orafi l’obbligo dell’identificazione del cliente, della registrazione e dell’archiviazione delle operazioni sopra i 12.500 euro. Pertanto rimarrà in vigore solo la segnalazione delle operazioni sospette. Un risultato sicuramente positivo rispetto alla grossa mole delle operazioni burocratiche sino ad oggi richieste”.