Home Cronaca ‘Nessuna tolleranza nei casi di occupazione abusiva’

‘Nessuna tolleranza nei casi di occupazione abusiva’

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AREZZO – “La recente sentenza n. 35580 del 27 giugno della Corte di Cassazione sulla occupazione di case non può essere oggetto di errate interpretazioni che legittimino comportamenti in contrasto con le norme da parte di singoli cittadini”. Così l’assessore alla casa del Comune di Arezzo Alessandro Caporali commenta la recente giurisprudenza della Suprema Corte su un caso che ha avuto grande eco nelle cronache.
“La sentenza – ha chiarito l’ufficio legale del Comune di Arezzo – si è limitata ad affermare che anche il diritto a un’abitazione rientra nel concetto di ‘danno grave alla persona’ che concretizza quello ‘stato di necessità’ rispetto al quale un reato diventa non punibile. Ma l’esistenza dello stato di necessità che ‘consentirebbe occupazione abusiva’ deve essere accertato con indagine giudiziaria attenta che ne circoscriva la sfera di applicazione ai soli casi nei quali necessità e inevitabilità dell’occupazione stessa siano davvero indiscutibili. Insomma, l’occupazione potrebbe risultare non punibile in situazioni estremamente gravi quando non fossero percorribili soluzioni alternative anche a carattere temporaneo”.
“Condizioni queste – ha precisato Caporali – che non risultano essere presenti nel Comune di Arezzo, impegnato a intervenire in ogni contesto per trovare le soluzioni adeguate. L’amministrazione comunale proprietaria degli alloggi sociali e il gestore ‘Arezzo Casa’, puntualizzano che la sentenza della Cassazione riguarda un caso specifico non applicabile automaticamente alla generalità delle fattispecie. Dunque, non tollereranno situazioni di occupazione abusiva dei suddetti alloggi in quanto le esigenze di legalità ed equità comportano, nel momento in cui le case si liberano, la loro assegnazione alle persone individuate con le graduatorie pubbliche. In rispetto all’elementare concetto che un abuso arbitrario non può ledere diritti acquisiti da persone in reale e grave stato di disagio”.