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Partenza anticipata per la raccolta delle olive in Toscana

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Partenza anticipata per la raccolta delle olive in Toscana

TOSCANA – E’ già tempo di raccolta delle olive in tutta la Toscana, con un anticipo di circa due settimane sulla tradizione. Cala la produzione in tutta la regione, di circa la metà rispetto al 2006, ma la qualità dell’extravergine d’oliva si preannuncia ottima.
Macine già all’opera presso il frantoio degli Olivicoltori Toscani Associati, a Cerbaia, nel Comune di Scandicci (Fi), dove da un paio di giorni ha preso il via la nuova annata per l’olio toscano. «Un anticipo di stagione – spiega ad agricultura.it Giampiero Cresti, direttore dell’Ota, associazione che riunisce 25mila aziende olivicole toscane -, che si è reso necessario a causa di una fioritura anticipata delle piante, dovuta ad un inverno scorso molto mite. Inoltre ha contributo anche la minaccia continua della mosca delle olive». Un anticipo che non comprometterà però la qualità: «Anzi – assicura Cresti -, il monitoraggio della maturazione delle olive effettuato nell’ultima settimana di settembre ha evidenziato condizioni buone che fanno pensare ad un olio davvero eccellente. Quando lo assaggeremo, ne avremo la conferma».
La situazione sul territorio regionale è però molto variegata: sulla costa c’è grande differenza in termini di quantità tra le diverse aree; nella province di Siena e Arezzo in alcune zone si prospetta un buon raccolto, in altre (come il Chianti) c’è più carenza di olive. A macchia di leopardo la provincia fiorentina che presenta situazioni differenti a seconda della zona. In generale si stima una produzione di olio inferiore del 50 per cento rispetto ai 171 mila quintali di olio prodotti nel 2006.
«E’ un’annata – spiega il direttore dell’Ota ad agricultura.it – di difficile interpretazione perché condizionata da molte variabili e situazioni meteo disomogenee». A far sorridere i produttori toscani, e italiani in generale, c’è però, il recente decreto del ministro delle Politiche, alimentari e forestali Paolo De Castro che obbliga ad indicare in etichetta la provenienza delle olive impiegate nell'olio vergine ed extravergine. «Tradotto significa più trasparenza e quindi siamo tutti un po’ più garantiti» sostiene Cresti, anche se, secondo il direttore degli Olivicoltori toscani, questo decreto coinvolge maggiormente le grandi aziende che vendono anche all’estero.«In Toscana, l’olio ha già diverse denominazioni d’origine (Terre di Siena, Chianti Classico e Lucca e un Igp Toscano) – continua Cresti –, il prodotto ha già una propria identità e non rischia di confondersi. Il decreto aiuta l’olio che è privo di segni distintivi».
Ma i benefici li trarrà anche l’olio toscano che finalmente non risentirà più del basso livello di prezzo imposto proprio dall’olio prodotto da aziende nostrane ma con olive di Paesi stranieri. Una normativa italiana, che però secondo Cresti è destinata ad avere poca fortuna in Europa:«Non sarebbe la prima volta che si tenta di imporre la trasparenza dell’etichetta – spiega –. Con varie motivazioni in passato l’Ue ha bocciato questa legge. Chissà, magari che ora ci siano opinioni diverse». Per un decreto nato recentemente, un altro quello relativo ai lavoratori impegnati nella raccolta olive, che nella scorsa annata ha creato non pochi problemi, continua a far discutere. Entrata in vigore dal 24 ottobre 2003, la norma consente l’apporto di lavoro gratuito da parte dei parenti e degli affini dell’imprenditore agricolo e vieta quello di qualsiasi altra persona che non rientri nel terzo grado di parentela. «Si tratta di una legge che tutela il lavoro – aggiunge -, difficile da migliorare. La normativa attuale non è adeguata al tipo di olivicoltura toscana, sia per le caratteristiche dei nostri impianti, che così come sono rappresentano un segno distintivo del nostro paesaggio; sia per quello che significa nella cultura popolare toscana la raccolta delle olive. Usando una provocazione – sottolinea ad agricultura.it Cresti – bisognerebbe sostituire il lavoro dell’uomo con le moderne tecnologie: ci sono macchine per la raccolta che permettono di ottenere grandi risultati in breve tempo, ma per usarle bisogna avere degli impianti già predisposti e questo significa avere oliveti diversi da quelli attuali. Ma l’olivicoltura intensiva ad alberello, sul modello spagnolo, non si addice alla Toscana». A livello di investimenti l’olivicoltura è piuttosto statica: tutti lo descrivono come un settore importante, ma nessuno investe. «E’ un cane che si morde la coda» conclude Giampiero Cresti.