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Un’Arca di Noè per i Beni culturali

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BOLOGNA – Qual è l’effetto dei cambiamenti climatici sul patrimonio culturale? Per valutare un rischio finora ignorato e che è invece fondamentale, la Commissione Europea ha finanziato il progetto Noah’s Ark, coordinato dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima-Isac del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna per le sue specifiche competenze sul degrado fisico, chimico e biologico dei materiali da costruzione, con la collaborazione di numerosi enti di ricerca specializzati.
Il progetto che viene presentato, il 30 maggio, a Roma, presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (ex Chiesa di Santa Marta), piazza del Collegio Romano, 5, alle ore 9.00, ha affrontato questa problematica elaborando i dati e i parametri ambientali che possono influenzare lo scenario futuro del patrimonio monumentale europeo e stimare il danno che questo subirà nei prossimi 100 anni.
Il risultato degli studi è un ‘Atlante di Vulnerabilità’ con le mappe delle variazioni climatiche che potranno causare danni a materiali lapidei, metalli, legno, nelle aree di probabile rischio evidenziate. Sono state realizzate mappe dell’area europea relative al presente (1961-1990), al vicino futuro (2010-2039) e al lontano futuro (2070-2099) e mappe delle differenze tra le medie per quantificare l’entità delle variazioni.
Fra i risultati si evidenziano numerose previsioni di rischio. L’erosione dovuta all’azione della pioggia sui marmi aumenta nel Nord Europa (Inghilterra settentrionale e penisola scandinava), arrivando a produrre una perdita di materiale all’anno dello spessore di 35 micron. In tutta Europa si assisterà ad un incremento generale del fenomeno di cristallizzazione di sali, particolarmente dannoso per i materiali porosi, quali ad esempio arenarie e mattoni, che saranno soggetti a maggiori stress meccanici interni con formazione di fratture fino a completa disgregazione. Cresce nel nord Europa la corrosione di ferro e bronzo correlata agli inquinanti e alla temperatura media annuale, con massimi in corrispondenza di temperature medie annuali di 10°C. La corrosione dello zinco, utilizzato per le coperture dei tetti nei monumenti soprattutto nell’Europa centrale e settentrionale, è prevista in prevalenza nelle aree costiere con elevata deposizione di cloruri. L’effetto della radiazione solare sui materiali lapidei continuerà ad avere conseguenze rilevanti nel bacino del Mediteraneo, in particolare Sicilia e sud della Spagna e inizierà a produrre effetti anche nell’Europa centrale, coinvolgendo interamente Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e area balcanica. Monumenti marmorei classici, quali i Templi di Agrigento, e le facciate di chiese rinascimentali e barocche subiranno decoesione e alveolizzazione.
I parametri presi in esame da Noah’s Ark sono: temperatura (variazioni stagionali e annuali, cicli di gelo e disgelo, shock termici); precipitazioni (valore stagionale e annuale, umidità relativa, giorni consecutivi ed eventi estremi di pioggia); vento (valore annuale e stagionale, trasporto e deposizione di spray marino e rosa delle precipitazioni); inquinamento atmosferico (acidità delle precipitazioni e concentrazione di agenti inquinanti SO2 e HNO3).
“Il lavoro ha sottolineato il ruolo predominante dell’acqua come fattore di danno”, osserva Cristina Sabbioni dell’Isac-Cnr, responsabile del progetto. “Nonostante la temperatura sia spesso imputata come la variabile principale dei cambiamenti climatici, se si considerano i beni culturali sembra prevalere il ruolo non solo di eventi estremi come precipitazioni intense, alluvioni e tempeste, ma anche di quelli meno evidenti e più diffusi che provocano danni strutturali nei tetti e negli elementi ornamentali degli edifici (guglie, pinnacoli), penetrando nei materiali fino ad una loro completa decoesione. L’acqua, inoltre, è coinvolta nelle variazioni di umidità responsabili della crescita di microrganismi, in particolare su materiali lapidei e legno, e della formazione di sali che degradano le superfici ed accelerano i fenomeni di corrosione. Infine, precipitazioni più intense possono sia aumentare il rischio di alluvioni sia favorire la penetrazione dell’acqua nei materiali e nelle strutture”.
Estati sempre più secche potrebbero invece, prosegue la ricercatrice, “portare ad un maggiore essiccamento dei suoli che svolgono un ruolo protettivo nei confronti dei reperti archeologici ancora non oggetto di scavo. Inoltre, un aumento dei fenomeni di cristallizzazione dei sali si può verificare nelle strutture murarie producendo decoesione dei materiali e danno estetico superficiale”.
Oltre all’‘Atlante di Vulnerabilità’ il progetto Noah’s Ark ha prodotto delle ‘Linee guida’, con lo scopo di informare chi gestisce il patrimonio culturale sugli effetti prodotti dai cambiamenti climatici e indirizzare le autorità competenti verso opportuni interventi di adattamento, quali sistemi di monitoraggio dei parametri climatici critici.
Negli ultimi anni la comunità scientifica ha rivolto una attenzione sempre maggiore alle questioni climatiche e meteorologiche, ma non sono stati ancora eseguiti studi approfonditi riguardo l’effetto delle future variazioni del clima sul patrimonio culturale. “L’Intergovernmental Panel on Climate Change-IPCC (Comitato intergovernativo sul mutamento climatico) costituito dalle Nazioni Unite”, spiega Sabbioni, “dopo aver richiesto due interventi che sintetizzassero i risultati del nostro progetto non li ha inseriti nei propri report, i quali considerano l’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute dell’uomo, sull’agricoltura e sul suolo, ma non sul patrimonio culturale”.