Home Attualità Economia Le organizzazioni agricole: difendiamo la zootecnia aretina

Le organizzazioni agricole: difendiamo la zootecnia aretina

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AREZZO – Pur non volendo sollevare polemiche è significativo che il primo intervento del garante per la sorveglianza sui prezzi avvenga nel settore delle carni dove è diventata insostenibile la forbice tra i prezzi alla produzione e quelli al consumo con i prezzi dalla stalla alla tavola che aumentano di oltre cinque volte per il coniglio fino a venti volte dal maiale al prosciutto.

Siamo consapevoli che la voce carne è una delle più importanti nel paniere della spesa dei cittadini come risulta dai dati forniti che dicono che vengono destinati 106 euro dei 467 spesi in media ogni mese dalle famiglie per l’alimentazione.

Occorre mettere i cittadini-consumatori nella condizione di effettuare le scelte in modo consapevole sapendo con certezza quello che acquistano: è in questo senso che ormai da anni ci si batte per la etichettatura obbligatoria di tutti i prodotti alimentari.

Vogliamo sottolineare come le produzioni locali, che possono presentare dei costi superiori a quelle di importazione, si fregiano di alcune caratteristiche peculiari quali: il legame stretto con il territorio, la provenienza certa, continui e severi controlli sanitari, sistemi di allevamento tradizionali che sono certamente apprezzati dai consumatori.

Dai dati in nostro possesso risulta che i prezzi alla stalla non sono aumentati, mentre sono certamente aumentati i costi per i mangimi e quelli per l’approvvigionamento di alcune materie prime come quelle riferibili alle spese energetiche salite alle stelle a causa del caro-petrolio. In questo senso i margini di reddito per le imprese agricole si sono assottigliati e molte di queste si trovano in gravi difficoltà.

Si tratta di imprese che svolgono il loro lavoro in aree marginali di collina e di montagna senza le quali vedremo queste zone abbandonate e in stato di prevedibile degrado anche ambientale. Il ruolo di presidio del territorio svolto da queste imprese è quindi di grande utilità anche in termini di tutela ambientale.

E’ per questo che nella nostra regione, terra di allevamenti di qualità e patria della Chianina, il divieto di importazioni delle carni brasiliane è stato accolto con soddisfazione e da ragione alle difficili battaglie svolte per garantire al consumatore l’origine dei prodotti che porta in tavola. “L’Unione Europea – sottolinea il presidente della Coldiretti Tulio Marcelli – ha evidenziato l'incapacità del paese sudamericano di assicurare una corretta rintracciabilità della carne e di garantire che nei piatti dei cittadini europei finiscano soltanto prodotti provenienti da zone esenti dalla malattie come l'afta epizootica. La mancanza di adeguate garanzie da parte delle Autorità brasiliane si è tradotta, a partire dal 31 gennaio, in un divieto generale alle importazioni della carne proveniente dal Brasile, ad eccezione delle partite di carne bovina fresca, disossata e frollata per le quali sono stati emessi certificati veterinari in data anteriore al 31 gennaio 2008 che potranno essere importati fino al 15 marzo 2008”.

“Ci auguriamo che questo provvedimento, che ha carattere transitorio e su cui l’esecutivo comunitario tornerà ad esprimersi, dopo l’ispezione dei servizi veterinari Ue in programma per il prossimo 25 febbraio, contribuisca a tutelare la salute dei consumatori e gli interessi degli allevatori italiani e toscani, che rispettano precise condizioni igienico sanitarie e che sono costretti a subire la concorrenza sleale della produzione brasiliana”, aggiungono Paolo Tamburini, Presidente CIA e Alfredo Provenza, Direttore Confagricoltura ;rammentando gli importanti quantitativi di prodotto che approdano sul mercato locale dal paese sudamericano e che sottraggono quote di mercato ai produttori locali.

Ben venga dunque il tavolo di confronto tra allevatori e macellai affinché si possa lavorare insieme per rendere più trasparente e diretto il percorso del prodotto, con l'etichetta di provenienza, ma che è anche necessario intervenire sulle filiere inefficienti che perdono valore senza ritardare le necessarie ristrutturazioni.

Tutti dobbiamo concordare sulla necessità di poter fornire al consumatore la massima trasparenza sulla provenienza e sulla qualità del prodotto; la scelta orientata verso la carne (o altri prodotti) locale o proveniente dall’estero resta sempre nelle mani del consumatore che vuole però, con pieno diritto, essere consapevole di quello che acquista.