Home Cronaca Cosa accadde in quelle 36 ore di terrore

Cosa accadde in quelle 36 ore di terrore

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ROMA – Dopo 14 anni trascorsi nel carcere romano di Rebibbia, l'11 aprile 2008 era stato affidato ai servizi sociali: oggi e' di nuovo un uomo libero. Ha finito di espiare la sua pena e, quindi, non ha piu' l'obbligo di dimora in casa dei genitori, Gianni Guido, uno dei killer del massacro del Circeo, condannato a 30 anni per aver ucciso, insieme agli amici Angelo Izzo e Andrea Ghira, Rosaria Lopez e aver ridotto in fin di vita la sua amica Donatella Colasanti. Dopo la svolta nelle indagini su Ghira, latitante fino ai suoi ultimi giorni e la cui morte fu definitivamente accertata nel 2005 dalla polizia scientifica, dei tre autori del massacro resta quindi in carcere solo Angelo Izzo. Quest'ultimo e' stato infatti condannato all'ergastolo per i delitti di Ferrazzano, del maggio del 2005, quando, mentre godeva del regime di semiliberta', uccise Carmela Linciano e Valentina Maiorano, rispettivamente moglie e figlia dell'ex boss della Sacra Corona Unita Giovanni Maiorano, conosciuto in carcere.

Oggi, dopo quasi 34 anni si torna dunque a parlare, ancora una volta, del massacro avvenuto sul litorale di Latina, il 30 settembre 1975. Quella sera in una villa del Circeo Gianni Guido, 19 anni, Angelo Izzo, 20 anni, e Andrea Ghira, 22 anni, picchiano, violentano e annegano una studentessa di 19 anni, Rosaria Lopez, e riducono in fin di vita una sua amica di appena 17 anni, Donatella Colasanti, che riesce a salvarsi solo facendosi credere morta dai tre massacratori.

Proprio credendola morta, infatti, Izzo, Guido e Ghira la chiudono con la Lopez nel bagagliaio della loro auto, una Fiat 127. Sara' la Colasanti a raccontare i dettagli di quelle 36 ore di terrore. I tre giovani invitano le due ragazze a una festa nella villa. Festa che per le giovani si trasforma presto in un incubo. Sono le 19,30 quando Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira dicono alle ragazze che le avrebbero addormentate per poi riportarle a Roma. I tre massacratori preparano due siringhe con del liquido rosso. Poi Rosaria e Donatella vengono separate, la Lopez viene portata da Izzo e Guido al piano di sopra, mentre la Colasanti resta al piano terra con Ghira. Quando si accorgono che le iniezioni non fanno effetto, la situazione precipita.

La Colasanti sente l'acqua scorrere nel bagno del piano di sopra, dove Izzo resta con la Lopez mentre Guido e Ghira si alternano per aiutarlo. Poi, atterrita, sente le grida della ragazza, a tratti interrotte come se le stessero infilando la testa nell'acqua. Qualche minuto di urla, poi il silenzio. Per Rosaria Lopez e' la fine. I suoi assassini passano a colpire l'amica. Quando scendono dal piano superiore e si rendono conto che anche sulla Colasanti l'iniezione non ha avuto effetto, i tre cominciano a colpirla alla testa con il calcio della pistola, poi la prendono a pugni e le legano un laccio attorno al collo.

La trascinano nuda per tutta la casa. La Colasanti sviene. Quando si riprende sente qualcuno dire: 'Questa qui non vuole morire'. A questo punto, disperata, la ragazza capisce che la sola cosa da fare per salvarsi e' fingersi morta. Alle 21 Guido, Izzo e Ghira avvolgono in teli di plastica quelli che ritengono essere due cadaveri e li caricano nel portabagagli della Fiat 127. Poi, tornano a Roma. Alle 23.30, parcheggiano la macchina in Via Pola e vanno in pizzeria. Poi, alle 2.50 una donna che abita in un appartamento del palazzo davanti al quale e' ferma la Fiat 127 bianca sente i pugni e i lamenti della Colasanti. Alle tre arrivano i Carabinieri e si trovano davanti Donatella Colasanti, livida e insanguinata. Accanto a lei il corpo della Lopez. Angelo Izzo e Gianni Guido vengono fermati e arrestati quella notte stessa.

I due vengono processati e condannati all'ergastolo in primo grado nel 1976. Guido pero' si vede modificare, il 28 ottobre 1980, la condanna per il massacro del Circeo a 30 anni dopo la dichiarazione di pentimento e l'accettazione da parte della famiglia della ragazza uccisa di un risarcimento. In seguito, riesce ad evadere dal carcere di San Gimignano nel gennaio del 1981. Guido fugge a Buenos Aires dove pero' viene riconosciuto ed arrestato poco piu' di due anni dopo. In attesa dell'estradizione, nell'aprile del 1985 riesce ancora a fuggire, ma nel giugno del 1994 viene di nuovo catturato a Panama, dove si era rifatto una vita come commerciante di autovetture, ed estradato in Italia. Insieme a Guido e Izzo, viene condannato all'ergastolo anche Andrea Ghira, che, invece, fa perdere subito le sue tracce. E rimane latitante fino alla sua morte.

E' il 29 ottobre 2005 quando gli investigatori della polizia danno la svolta conclusiva alle indagini su Andrea Ghira. Erano sulle sue tracce da tempo, intercettando le conversazioni dei suoi familiari. Cosi' si scopre che, in realta', il caporalmaggiore Massimo Testa, alias di Andrea Ghira e' morto per overdose undici anni prima in Spagna ed e' sepolto nell'enclave spagnola di Melilla. Quindici giorni dopo una delegazione della polizia scientifica accertera' che i resti di Testa appartengono proprio ad Andrea Ghira. E' il 26 novembre quando il test del dna da' il risultato definitivo. In quello stesso giorno Donatella Colasanti si fa avanti con l'ultima azione legale nei confronti del suo aguzzino, chiedendo alla sua famiglia un risarcimento dei danni che il suo avvocato quantifica subito in un milione di euro.

Il 30 dicembre 2005 Donatella Colasanti, sopravvissuta al massacro del Circeo, muore a Roma dopo una lunga malattia all'eta' di 47 anni. Nella sua vita ha sempre chiesto giustizia per quanto accaduto quella sera perche' secondo lei, soprattutto sul ritrovamento del cadavere di Andrea Ghira, c'erano ancora molti interrogativi da sciogliere. Lo ha fatto anche in punto di morte, quando al suo legale disse: ''Battiamoci per la verita'''. Ma nel 2005 si e' riaperto due volte il capitolo oscuro del massacro del Circeo: il 30 aprile due corpi vengono trovati parzialmente sepolti all'interno del giardino di una villetta a Campobasso. Si tratta dei cadaveri di madre e figlia, Maria Carmela Limucciano e Valentina Maiorano, rispettivamente moglie e figlia di Giovanni Maiorano, esponente della Sacra Corona Unita. Ad ucciderle e' stato Angelo Izzo, divenuto amico del boss in carcere a Palermo.

Izzo se ne era conquistato la fiducia e, non appena ottenuto dai giudici il permesso di uscire dal carcere, le ha uccise. La polemica sul permesso concesso al massacratore del Circeo infiammano i tribunali. Al punto che l'allora ministro della Giustizia Roberto Castelli avvia un'indagine sul caso. Per il duplice delitto di Ferrazzano Izzo viene condannato all'ergastolo il 4 marzo del 2008 dalla Corte d'Assise d'Appello di Campobasso. Sentenza confermata dalla prima sezione penale della Cassazione che, il 20 novembre dello scorso anno, respinge il ricorso presentato dalla difesa di Izzo, condannando il massacratore del Circeo al carcere a vita.

Articlolo scritto da: Adnkronos