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Fondali a rischio, allarme di Greenpeace

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Fondali a rischio, allarme di Greenpeace

ROMA – Anni di ricerche scientifiche dimostrano che il Mediterraneo sta cambiando: Alto Adriatico, mari del sud Italia (Sicilia, Puglia e Calabria), e Alto Tirreno (soprattutto Arcipelago Toscano e mar Ligure) registrano già gravi danni a causa del cambiamento climatico. E' quanto emerge dal rapporto 'Un Mare d'Inferno – il Mediterraneo e il cambiamento climatico', lanciato oggi da Greenpeace.

Il rapporto, sottolinea Greenpeace in una nota, ''è una rassegna di alcuni esempi eclatanti, e di certo non è esaustivo dell'enorme mole di dati scientifici noti. Con una bibliografia di quasi trenta pubblicazioni scientifiche, lo scopo del rapporto è di mettere a disposizione di tutti, con un linguaggio semplice e franco, le 'prove' di un fatto ormai ben noto agli scienziati: il cambiamento climatico è già tra noi''.

''Non è più questione di 'se' o di 'ma'. Ormai siamo dentro il cambiamento climatico e dobbiamo intervenire con urgenza per arrestare una deriva che rischia di essere incontrollata e irreversibile – spiega Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia – Occorre immediatamente ridurre, e poi azzerare, le emissioni di gas serra e, nel frattempo, irrobustire i nostri ecosistemi, compreso il mare, per evitarne il collasso''.

Il rapporto evidenzia come il cambiamento climatico non agisce in isolamento, ma insieme a troppi altri fattori di degrado quali l'inquinamento, la distruzione delle coste e la pesca eccessiva e distruttiva. E' necessario gestire meglio le attività umane che operano sul mare e uno degli strumenti più utili in tal senso sono le riserve marine, sottolinea Greenpeace. ''Dobbiamo mettere al sicuro grandi aree di mare per garantire il funzionamento di questo ecosistema – aggiunge Gianni' – Un mare in salute potrà resistere meglio allo stress imposto dal riscaldamento globale, mentre un mare malato non ce la farà. E noi con lui!''.

Greenpeace ha presentato una proposta per una rete di Riserve Marine che copra il 40% del Mediterraneo, lungo le coste e in altura per proteggere specie ed habitat costieri e marini che siano più sensibili al cambiamento climatico. La realizzazione di questa rete, al 2012, è stata decisa dalla Convenzione di Barcellona (il principale Accordo Internazionale per la protezione del Mediterraneo) con la Dichiarazione di Almeria, adottata nel gennaio 2008.

Articlolo scritto da: Adnkronos