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Il nuovo libro di Tito Barbini presentato al Teatro Pietro Aretino

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AREZZO – Tito Barbini, dopo una vita di impegni politici nelle istituzioni toscane, dalla natia Cortona dove ha ricoperto la carica di Sindaco al Consiglio e alla Giunta regionali, si è riscoperto viaggiatore “in punta di penna”. I suoi libri-reportage degli itinerari attraverso la Panamericana, dalla Terra del Fuoco all’Alaska, e alla scoperta dell’Antartide fanno adesso da preludio a questa terza fatica letteraria che verrà presentata nell’ambito del ciclo “arezzolegge” organizzato dall’assessorato alla cultura del Comune di Arezzo giovedì 5 marzo alle 17 al Teatro Pietro Aretino. Titolo del volume: “Caduti dal muro”, (Vallecchi 2009) scritto assieme a Paolo Ciampi, redattore e corrispondente di diversi quotidiani, tra i quali “Il Giornale” e “Il manifesto”. Il volume verrà presentato da Marcello Flores, docente di storia contemporanea all’Università di Siena, uno dei massimi studiosi dei temi del comunismo internazionale, dei movimenti che a esso si ispiravano e dell’Unione Sovietica. Accanto a Flores: Camillo Brezzi, assessore alla cultura del Comune di Arezzo e docente di storia contemporanea, e Umberto Cecchi, scrittore e giornalista.
Fin dal titolo, si coglie come la nuova opera di Barbini parta dal 9 novembre 1989, quando crollava il muro di Berlino, simbolo di un’epoca, quella che aveva accompagnato la storia europea e mondiale dal 1945 nota con il nome di “guerra fredda”. Ininterrottamente, da quell’evento oramai ventennale, continua il crollo dell’utopia comunista, quel grande sogno di libertà e uguaglianza che nessun governo d’Europa o d’Asia è riuscito di fatto a realizzare.
Tito Barbini ha deciso di andare a vedere di persona cosa succede oggi in quelli che erano i paesi del “sol dell’avvenire” e si è avventurato in Europa orientale e in Russia fino a spingersi in Cina, Vietnam, Cambogia e Tibet. Tra le strade delle grandi capitali, nelle sterminate distese di due continenti, ogni persona, ogni monumento e ogni evento sono lo spunto per ripercorrere la storia dei luoghi e fare riemergere il proprio vissuto mischiato al presente di intere popolazioni. Questa intensa e articolata esperienza non si è tradotta in un monologo interiore ma si è dipanata in un vivacissimo scambio di e-mail con l’amico Paolo Ciampi, distante non soltanto per i chilometri, ma soprattutto per gli anni anagrafici e il trascorso politico.
Nel libro, dunque, due voci si alternano alle macerie dell’utopia. Chissà se tra esse non si riesca a intravedere una speranza per riprendere il cammino.