Home Cronaca Immigrati, Vaticano: ”Meritano rispetto e la nostra gratitudine’

Immigrati, Vaticano: ”Meritano rispetto e la nostra gratitudine’

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CITTA' DEL VATICANO – I politici, le istituzioni, le comunita' cristiane, i media devono imparare a guardare con altri occhi agli immigrati la cui presenza ''è preziosa e indispensabile nelle nostre città'', essi meritano ''rispetto, ammirazione, gratitudine''. Sono le parole del nuovo presidente del Pontificio consiglio per i migranti, mons. Antonio Maria Veglio', pronunciate domenica scorsa nel corso della messa celebrata per la XVIII Festa dei Popoli svoltasi in Piazza San Giovanni in Laterano. Il testo dell'omelia e' stato diffuso oggi dal dicastero vaticano e si è trattato della prima uscita pubblica del nuovo responsabile del dicastero dei migranti, che assume un particolare significato nel complesso dibattito di questi mesi.

Iniziando la sua omelia mons. Veglio' aveva portato ai migranti il saluto di Benedetto XVI: ''Vi do questo fraterno saluto anche a nome del Santo Padre, che, circa tre mesi fa, mi ha affidato la presidenza del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, l'organismo che rende presente la Chiesa nel mondo della mobilita' umana, che comprende oltre duecento milioni di emigranti e di profughi sparsi nei cinque continenti. Mi e' difficile esprimere la gioia e l'emozione di trovarmi oggi in mezzo a una moltitudine di fratelli in Cristo, che proviene da tante diverse nazioni, da ogni angolo della terra''.

''La vostra presenza mi richiama – aveva aggiunto il responsabile del dicastero dei migranti – la grandiosa visione dell'Apocalisse, che la liturgia ci fa leggere ogni giorno in questo periodo pasquale; la visione ripetutamente descritta dall'Apostolo Giovanni di donne e 'uomini di ogni tribu', lingua, popolo e nazione' che fanno corona all'Agnello Pasquale e celebrano la Sua vittoria in una festa, vera festa dei popoli, che si prolunga per l'eternita'''.

Quindi mons. Veglio' aveva osservato: ''Non possiamo non essere in festa noi che, pur nella dispersione e nelle tante difficolta' e sofferenze provocate dalla nostra condizione di migranti, ci sentiamo, come i primi cristiani di Gerusalemme, tutti partecipi di questa festa del cielo e costituire percio' tra noi 'un cuor solo e un'anima sola'''.